Due giorni orsono ho pubblicato
una mia ammissione di delusione per aver preso coscienza del silenzio che
importanti figure istituzionali applicano nei confronti dei nostri Fucilieri di
Marina in ostaggio dell’India. Solo dichiarati segnali di vicinanza che, però, a
questo punto sembrano più formali che sostanziali.
Oggi sono indignato e preoccupato
! Infatti, non è più ammissibile che la vicenda dei due nostri militari
prigionieri in India sembra ormai appartenere al passato della storia del
nostro Paese.
Siamo passati da una festività
indiana ad un’altra ed ancora nulla si conosce sul pronunciamento dell’Alta
Corte indiana. Amici da Mumbai mi dicono che la celebrazione del “Diwali” e le altre festività
sono terminate e tutti gli uffici sono aperti ormai da tempo. I Giudici
indiani, invece, continuano a meditare come se stessero
approfondendo o addirittura imparando per l’occasione i contenuti del Diritto
Internazionale e della Convenzione
delle Nazioni Unite sul diritto del mare ( UNCLOS, Montego Bay,
Giamaica, il 10 dicembre 1982).
E’ giunto il momento che costoro si
pronuncino. Un ritardo come quello in essere non sarebbe nemmeno accettato
dalla tradizionale pazienza del popolo indiano. Non è tollerabile che la nostra Nazione continui
ad essere ignorata.
L’Unione Europea pretende dagli
Stati Membri il necessario impegno che contribuisca alla crescita del Vecchio
Continente. Credo che per contro i membri dell’Unione possano aspettarsi se non
pretendere una chiara ed incisiva
posizione dell’Europa quando ci sia da tutelare in ambito internazionale gli interessi degli Stati e dei loro
cittadini. Non mi sembra che questo stia avvenendo nel caso dei due nostri Marò
da nove mesi arbitrariamente trattenuti dall’India che imputa loro ipotesi di
un reato per cui i tribunali indiani possono anche applicare la pena di morte.
Molti dei massimi livelli
istituzionali nazionali si affannano a dichiarare anche reiteratamente la loro solidarietà ed il loro impegno perché
la vicenda si concluda favorevolmente per i nostri militari. Una serie di belle
parole accompagnate da promesse e da auspici, ma che dopo nove mesi assumono
sempre di più il significato di mere dichiarazioni di intenti fino ad oggi non
seguite da fatti concreti.
Su tutta la vicenda aleggia,
invece, il silenzio nazionale, istituzionale e dei mezzi di comunicazione,
ben più impegnati in un passato anche recente, quando cittadini italiani si
sono trovati in difficoltà in Paesi esteri.
Giornalisti, operatori del terzo
settore, turisti incappati nelle maglie di terroristi o di bande di delinquenti,
talvolta per aver sottovalutato il rischio o la minaccia incombente e non, come
nel caso dei due nostri militari, per un dovere istituzionale.
Per i nostri due ragazzi quasi
tutta la classe politica è silenziosa, impegnata come è ad individuare ogni
possibile soluzione perché non sia minacciato il loro futuro di casta. La maggior
parte dei media italiani, interessati ad acquisire “punti di merito politico” da mettere sul mercato dopo le elezioni della
prossima primavera piuttosto che a sollecitare le coscienze sulla situazione
ormai abnorme che stanno vivendo due italiani servitori dello Stato.
Un silenzio assordante che non
può più essere sollecitato a vantaggio della riservatezza, condizione che non può più rappresentare un vincolo
avendo sicuramente perduto valenza dopo otto mesi.
Sicuramente non compete a noi
cittadini proporre soluzioni diverse da quelle in atto, ma è un diritto
esprimere il senso di frustrazione che ormai si è impossessato di chi da mesi
si sta impegnando a favore dei nostri ragazzi. Un diritto di manifestare il proprio
disappunto garantito dalla democrazia e che dovrebbe meritare maggiore rispetto
invece che critica come sta avvenendo anche da qualche significativo livello istituzionale.
Tutto tace e noi siamo stanchi !
27 novembre 2012 – ore 16.00