martedì 27 agosto 2013

Gli infiniti misteri sulla vicenda dei due marò

Molti i dubbi che in questi 550 giorni sono emersi sulla vicenda dei due marò. Hanno sparato, non hanno sparato. Il S Antony era il peschereccio che aveva minacciato la Lexie e su cui Massimiliano e Salvatore hanno fatto fuoco di dissuasione. I fatti sono accaduti in acque internazionali. Che ruolo ha avuto la petroliera greca Olimpich Flair. Perché l'Armatore ha dato l'ordine di rientrare in acque territoriali indiane ed attraccare sul porto di Koci. Con chi si é consultato. Chi ha avvertito l'Addetto Militare che da Delhi ha raggiunto Koci in tempo utile per essere in banchina al momento dell'attacco della Lexie. Perchè l'Italia non ha attivato l'arbitrato internazionale per ottenere un giudizio super partes sull'accaduto.

Tante domande, poche le risposte molte delle quali incomplete specialmente se riferite ad aspetti del ruolo istituzionale dell'Italia. Nel frattempo  i due "Leoni del S.Marco" sono ancora in ostaggio dell'India ed il loro futuro é poco  comprensibile.

Fra le tante incertezze solo un aspetto è stato formalmente chiarito dall'allora Ministro della Difesa, quando il 15 ottobre 2012 ha sottoscritto una risposta scritta ad un'interrogazione parlamentare, informando che l'Armatore della nave aveva chiesto il "nulla contro" alla struttura militare di Comando e Controllo del personale militare impegnato in operazioni Fuori Area, perchè la petroliera Lexie rientrasse in acque territoriali indiane ed attraccasse a Koci. Autorizzazione concessa dal Centro Operativo Interforze che secondo procedura si dovrebbe essere consultato   con il Comando della Squadra Navale della Marina Militare (CINCINAV), organo di Comando, Coordinamento e Controllo delle unitá e del personale della Marina Militare che opera oltre i confini nazionali.

Una notizia passata in sottordine,  sicuramente non amplificata dagli Organi di Stampa nazionale quasi fosse un dettaglio di poco conto mentre, invece, la decisione rappresentava forse il nucleo principale, l'elemento fondamentale  intorno al quale l'intera vicenda ruota da più di 500 giorni. Se la Lexie, infatti, non fosse rientrata in acque internazionali l'Italia avrebbe potuto pretendere in qualsiasi contesto internazionale l'applicazione nei  confronti di Latorre e Girone il  diritto di immunitá funzionale, chiudendo definitivamente l'intera faccenda.

Qualcosa di poco chiaro e mai chiarito é invece avvenuto e si aggiunge al mistero di chi abbia avvertito dei fatti  l'Addetto per la Difesa a Delhi, anche esso un Ufficiale di Marina e di chi abbia dato lui disposizioni su come muoversi su quello che stava diventando un terreno minato. Gli Esteri piuttosto che la Difesa ?  La Presidenza del Consglio attraverso i rappresentanti dell'Intelligence italiana in India?  Piuttosto l'Ambasciatore italiano del momento,  in vero molto assente nell'immediatezza dei fatti.

Non un dettaglio di poco conto, ma un altro elemento essenziale dal quale si potrebbe comprendere la "disinvoltura" con la quale l'Ufficiale ha accettato le richieste indiane di far consegnare Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, decisione sicuramente non autonoma né improvvisata,  conoscendo l'inerzia che caratterizza determinate funzioni all'estero.

Vicende iniziali ma fondamentali che peraltro hanno visto un totale distacco dei vertici delle Forze Armate quasi che i due Marò fossero operatori di sicurezza civili. Un distacco forse anche determinato dalla convinzione che qualcosa di immediato si sarebbe ottenuto essendo Ministro della Difesa, per la prima volta in Italia,  un collega, un Ammiraglio in quiescenza.

Un silenzio assordante rotto solo dallo sdegno manifestato da centinaia di migliaia di cittadini italiani, in uniforme, ex militari, civili, donne ed uomini a cui stava a cuore la sorte di due italiani e quella dell'immagine internazionale delle proprio Paese. Gente inascoltata, addirittura bistrattata e giudicata invece dalle Istituzioni ai massimi livelli come elemento disturbatore.

L'11 marzo un momento  di riscossa nazionale, il Sottosegretario agli Esteri dott. Staffan de Mistura annuncia al mondo che i due marò non rientrano in India al termine del loro permesso elettorale e l'Italia ricorrerá ad un arbitrato internazionale. Un'illusoria speranza come tante altre, destinata ad annullarsi dopo una decina di giorni.

Quello che é accaduto successivamente é noto a tutti.  Vergogna sulla vergogna con un ex Comandante che dopo aver accettato che i propri uomini fossero riconsegnati al nemico non abbandona una nave ormai alla deriva e nello stesso tempo non sente il dovere di chiarire i tanti misteri  ancora oscuri. Una scelta sicuramente non fatta per coprire chicchessia, non lo voglio pensare, forse solo per non urtare la suscettibilitá e gli ordini di lobby intoccabili.

Improvvisamente, però il 24 marzo 2013, dopo che i due Marò sono stati fatti rientrare improvvisamente in India una voce si alza. L'ex diplomatico indiano Labil Sibal esclama "si tratta di una triste testimonianza dell'inettitudine della diplomazia italiana" in quel momento gestita dal Senatore Monti dopo le dimissioni del Ministro Terzi. Anche il Capo delle Forze Armate, l'Ammiraglio Binelli,  finalmente mortificato dal battibecco fra Roma e Delhi grida, "basta con questa farsa, Latorre e Girone devono essere riconsegnati alla giurisdizione italiana ......". Un altro tassello che si aggiunge al mosaico dei misteri in quanto solo dopo più di un anno da quel fatidico 15 febbraio del 2012, si sente una voce di Comandante che avrebbe  dunito urlare prima, almeno nelle orecchie del suo ex collega Di Paola.

A seguire, il Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, Ammiraglio Giuseppe De Giorgi, ricorda " Latorre e Girone hanno avuto il coraggio dell'obbedienza, nel momento più difficile, guardando all'interesse dell'Italia, coerentemente con i loro valori di lealtá, onore ed amore di Patria che devono sempre inspirare le nostre azioni e le nostre scelte. Noi marinai continueremo a fare il nostro dovere con orgoglio e disciplina sul l'esempio di Latorre e Girone, fiduciosi della vittoria delle nostre ragioni. Sosteniamo incondizionatamente i fucilieri e le loro famiglie".

Nessuno, però,  chiarisce chi abbia accettato Sulla linea di Comando militare la proposta dell'Armatore di fare rientrare la nave su Koci. Fra le tante parole finora dette, un'ammissione di responsabilitá In tal senso renderebbe onore e merito all'amore di Patria che ha inspirato le scelte di Latorre é Girone.

Roma 28 agosto 2013 - ore 16,30


lunedì 26 agosto 2013

L’Italia ha ancora una credibilità internazionale ?


550 giorni sono trascorsi da quando i due Fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono in ostaggio dell’India e nulla è stato ancora risolto. Nessuna notizia certa trapela. Non si conosce con esattezza se l’Agenzia di investigazione indiana NIA esperta in attività antiterroristiche abbia chiuso le indagini. Il mediatore per l’Italia, l’italo svedese dott. Staffan de Mistura, continua a fare la spola con l’India con un costo per lo Stato sicuramente non irrilevante a fronte di risultati che fin dall’inizio della vicenda non sembrano determinanti.

Non comunicati, ma solo una  serie di frasi ripetitive che si susseguono fin dall’inizio sulla vicenda dei Marò con una predisposizione del dott. De Mistura a dichiarare molto ma ad ottenere almeno fino ad ora prodotti modesti.

Ricordiamone qualcuna. A maggio 2012, sono incappati in un errore. A giugno, hanno avuto garantito cibo italiano. L’11 marzo 2013, si ricorrerà ad un arbitrato internazionale e non rientreranno in India dove sono stati rimandati di lì a dieci giorni. Nel corso dell’estate, processo  equo e rapido ed entro Natale (di quale anno nda) saranno a casa. Per finire, il rifiuto di accettare la richiesta della NIA di interrogare gli altri quattro militari del NPM imbarcato sulla Lexie il 15 febbraio 2012 che non saranno mandati in India per essere interrogati, semmai gli investigatori indiani verranno in Italia, concessione che evidenzia un’altra cessione di sovranità sicuramente non favorevole all’immagine dell’Italia.   

Una filastrocca poco convincente, spesso contraddittoria nei contenuti e che giorno dopo giorno oltre a non informare l’opinione pubblica italiana, propone al mondo un Paese indeciso nella gestione di politica estera come non era mai avvenuto dal dopoguerra ad oggi.

Un’esposizione negativa non solo per la vicenda dei due marò, ma per altri episodi che nel frattempo si sono sovrapposti a quella dei militari in ostaggio dell’India e che sicuramente non contribuisce a rendere affidabile il nostro Paese agli occhi dei partner  internazionali.

Recente, la vicenda kazaka con un “suonare di trombe” della Farnesina nell’immediato degli eventi. Dichiarazioni di fermezza che informavano il mondo della decisione dell’espulsione per “non gradimento” dell’Ambasciatore kazako accreditato a Roma per gravi interferenze del diplomatico con la sovranità nazionale. Un atto estremo in diplomazia che, come tramandato dalla storia, in altri tempi sarebbe stato un segnale  di  azioni ben più cruente.

L’Ambasciatore sembra che sia ancora a Roma ed eserciti a pieno le sue funzioni e nulla è avvenuto anche in difesa dei diritti umani, materia da sempre tanto a cuore al nostro Ministro degli Esteri. Infatti alla Signora Shalabayeva e di sua figlia, a suo tempo ingiustamente espulse come è stato riferito in Parlamento, ancora non è stato garantito il rientro in Italia, almeno per quanto reso noto.

Isteresi sulla vicenda dei Marò, vicenda kazaka sicuramente ancora da chiarire, episodi ai quali, improvvisamente, si sovrappone l’arresto a Panama dell’Agente della CIA Robert Lady condannato in Italia a nove anni di reclusione per i fatti attinenti ad Abu Omar.

Sembra che il Ministro della Giustizia Cancellieri abbia chiesto immediatamente l’estradizione di Lady di cui, però, gli USA non hanno tenuto conto riprendendosi il loro cittadino al momento degli eventi “operatore dello Stato americano” e quindi avente diritto dell’ “immunità funzionale”, riconosciuta dal Diritto internazionale pattizio e negata dall’India ai nostri due Fucilieri di Marina con supina ed accondiscendente accettazione dell’Esecutivo italiano, del Capo delle Forze Armate e dall’assoluto silenzio del Ministro degli Esteri.

Infine, una remissiva accettazione dei recenti eventi egiziani e siriani dimostrata da un silenzio  forzato della Farnesina, rotto solo però da poche parole del Ministro, di fatto vanificate dai risultati. Un Ministro degli Esteri che ha dichiarato per l’Egitto la propria intenzione di proporre alla UE non sanzioni economiche ma il blocco della fornitura di armi all’esercito, ignorata da Bruxelles che invece ha deciso per l’applicazione della sospensione di aiuti finanziari.

Lo stesso Ministro che non ci dice nulla sul possibile  uso di armi chimiche in Siria, probabilmente impiegate dall’Esercito di Assad troppo amico della Cina, della Russia e dell’Iran per essere coinvolto in responsabilità gravissime attinenti a delitti contro l’umanità. Silenzio anche sulla possibile alternativa che l’impiego di gas letali sia stato fatto dagli oppositori del regime, a conferma che ormai la diplomazia italiana è alle corde, preferisce ignorare piuttosto che pronunciarsi.

Scelte istituzionali o precise linee guida dettate dal Ministro Bonino ? Non è facile dedurlo anche se è evidente che i Marò siano ancora in India e la lunghissima mediazione del dott. De Mistura è lontana da qualsiasi successo tangibile; la vicenda kazaka è come se non fosse mai avvenuta e gli USA - giustamente - si avvalgano delle loro prerogative di Stato sovrano.

Tutto accade sotto il silenzio del MAE.

Roma 26 agosto 2013 - 11,00

  

 

 

 

lunedì 19 agosto 2013

In Egitto ritorna la violenza



Il “nuovo Egitto” nato dalla Primavera Araba da molti considerata come la panacea del mondo islamico, ritorna ad ospitare la violenza più feroce, senza esclusione di colpi. L’inizio di una vera e propria guerra civile fra quanti si  oppongono al ritorno di  Mohammed Mursi, il primo Presidente egiziano eletto e quelli che sostenitori del Presidente islamista, pronti lottare fino alla morte.

L’Esercito da sempre fedele al deposto Presidente Mubarak e vicino agli Stati Uniti dai quali riceve sostanziosi aiuti economici, ha ripreso il potere e, notizia dell’ultima ora, sono stati derubricati i reati più gravi attribuiti al deposto Presidente al quale sono stati concessi gli arresti domiciliari.

Il fanatismo religioso dell’estremismo religioso si riaffaccia per le vie del Cairo ed a differenza di due anni orsono dilaga nel deserto agevolato dalla presenza di tribù di beduini attestati nel Sinai e vicine  ad Al Qaeda.

 La situazione non lascia presagire nulla di buono e va ad intaccare il ruolo di stabilizzazione che l’Egitto ha sempre rappresentato fin dal 1973. Un centro di gravità intorno al quale negli anni si sono concentrati gli equilibri dell’area islamica moderata portando agli accordi di  Camp David ed alla smilitarizzazione del Sinai a vantaggio dell’esistenza stessa di Israele.

La situazione attuale è sempre meno chiara e minacciata dalla volontà dei militari di mettere fuori legge i Fratelli Mussulmani. Un errore irreversibile se ciò avvenisse con conseguenze gravi per la stabilità dell’intera area e con ripercussioni negative in tutto il mondo islamico, africano ed asiatico.

Per ora, l’Occidente come sua abitudine si limita osservare . Gli USA  non si sbilanciano, solo moderati accenni ad un’immediata riduzione degli aiuti militari dimenticando che a Leopolis vicino all’aeroporto internazionale del Cairo, l’Egitto gestisce una delle più attrezzate e moderne fabbriche di  munizionamento ed armamento da cui attingono anche Paesi soggetti ad embargo delle Nazioni Unite.

L’Europa conferma la sua struttura di holding economica piuttosto che di Unione di Stati. Riconferma il proprio approccio esasperatamente burocratico limitandosi a gestire improvvise ed altrettanto improduttive riunioni dei propri Ministri degli Esteri, senza concretizzare iniziative efficaci ma limitandosi di preannunciare il taglio degli aiuti economici.

Un’Europa che ha sempre guardato con distacco a quanto avviene in aree strategiche a ridosso dei propri confini meridionali, rispettando un modello applicato per la prima volta nel 1992 in occasione delle vicende dei Balcani.

Un’inerzia che potrebbe avere conseguenze gravissime per l’intero Occidente e per l’Europa in particolare. Si sta rischiando di perdere anche un altro alleato fedele, l’Egitto, con un conseguente inasprimento dell’isolamento di Israele e lasciando che forze emergenti dell’estremismo islamico si avvicinino sempre di più a Suez.

Ancora una volta, quindi, chi ancora si ostina a definire questa nuova alba di guerra civile in Egitto come una nuova  “rivolta per il pane” dimentica che l’integralismo islamico rappresentato dalle minoranze sciite potrebbero approfittarne per prendere il sopravvento sui sunniti  e riportare al potere le dittature nepotistiche del passato.

Una situazione complicata che peraltro coinvolge due Premi Nobel per la Pace che non sembrano impegnarsi più di tanto nella loro missione morale. Obama che sta regalando sempre di più l’egemonia Medio Orientale ad Iran e Turchia e l’egiziano Mohamed El Baradei, ex Direttore dell’AIEA pronto a dimettersi dopo un mese da essere stato nominato vice premier del nuovo governo, che, invece,  dovrebbe impegnarsi per dimostrare al mondo che in Egitto non vi è stato un golpe, ma è avvenuto qualcosa che ha portato un premier a dimettersi.

Il quadro di situazione è tale che qualsiasi ritardo di un impegno della comunità internazionale potrebbe risultare catastrofico e portare alla definitiva destabilizzazione dell’Egitto, che di fatto è già in atto. Il fronte che ha portato al rovesciamento del governo Mursi ha iniziato a spaccarsi ed nel suo ambito si confrontano per interessi di parte. Liberali, giovani, copti ed ex mubarakiani con idee differenti rispetto al ruolo di cui si sono appropriati i militari.

L’esercito fino ad ora ha un sostegno di una parte significativa della popolazione, che, però, non sarà destinato a durare a lungo. I primi segnali già arrivano con il ricompattamento del vecchio fronte di opposizione al regime militare nel quale stanno confluendo i giovani membri del Tamarrod, coloro che per primi hanno organizzato la prima manifestazione per la deposizione di Mursi.

In questo contesto l’Islam politico sembra più compatto ma non è certo che rimarrà tale e molto dipenderà dall’evoluzione delle vicende. I salafiti, islamisti conservatori, hanno immediatamente accettato il ruolo dei militari, ma nello stesso tempo hanno iniziato a condannarne la violenza e  difficilmente faranno passi indietro rinunciando al loro  peso politico.

L’islam politico è destinato, dunque, a rappresentare una componente rilevante del futuro Egitto con il rischio che un’eventuale uscita della Fratellanza dal percorso democratico potrebbe favorire l’affermazione di posizioni più estremiste  riproponendo fatti come quelli che avvennero il 18 novembre 1997 a Luxor, con la strage di turisti nella Valle delle Regine.
Tre quarti d'ora di fuoco: poi i terroristi, finite le munizioni, usarono i pugnali.  

La maggioranza della popolazione si colloca fra queste fazioni ed è favorevole a un compromesso, ma da sola è incapace di influenzare significativamente il corso degli eventi. Il popolo è pronto a mobilitarsi e tale mobilitazione sta diventando uno strumento di legittimità ma è necessario con assoluta urgenza trasformare le manifestazioni di strada in una pratica politica che accetti e consolidi le regole del gioco democratico.
 
La nuova fase della transizione egiziana non sarà sicuramente breve ed avulsa da conflitti. Non per questo però si deve pensare che l’Egitto sia tornato ad una situazione di partenza  in cui il ruolo dei militari sarebbe determinante.

Entrambe le parti devono comprendere che non possono andare avanti solo sparando sull’avversario, unico modo per allontanare sempre di più condizioni di democrazia reale.

In questo contesto l’Occidente ed in particolare le Nazioni Unite hanno il dovere morale di intervenire immediatamente con un’attenta e costruttiva azione diplomatica che allontani definitivamente il pericolo di un’implosione interna che potrebbe rimettere in discussione la labile stabilità di tutta l’area geografica.

Roma 19 agosto 2013 - ore 18.00

I due Marò, de Mistura continua ad avere “sensazioni”


Gli insuccessi raggiunti dopo più di 540 giorni nella gestione della vicenda dei due Marò, cominciano a suscitare “vibrazioni”  nel mediatore de Mistura, che lo solleticano ed inducono ad affermare che il processo ci sarà a settembre e tutto finirà a dicembre.

Sensazioni quasi mediatiche quelle dell’italo svedese che si aggiungono alle tante finora pronunciate, ma che allo stato dei fatti si sono dimostrate prive di contenuto oggettivo.

In questi 540 e più giorni abbiamo invece assistito ad un susseguirsi di insuccessi inaccettabili a discapito dell’immagine dell’Italia in ambito internazionale ed anche a danno della sovranità nazionale. Smacchi indotti da una serie di dichiarazioni contraddittorie rilasciate nel tempo dall’italo / svedese dott. De Mistura, apprezzabile Funzionario delle Nazioni Unite con consolidata esperienza e professionalità nella gestione di progetti di aiuto umanitario, ma forse non altrettanto consolidata pratica diplomatica, almeno leggendo il suo CV.
Sicuramente alcune sue dichiarazioni non sono state e non sono coerenti al “diplomatichese”, linguaggio tipico della diplomazia improntato alla tattica dilatoria chiamata “standard prima, status poi”.
La prima, quando nel maggio del 2012 rilasciava una affermazione alla televisione indiana dicendo che i due marò erano incappati in un tragico incidente. La seconda, quando l’11 marzo di questo anno ha dichiarato all’Agenzia di stampa AGI, “La decisione di non far rientrare i maro’ in India “e’ stata presa in coordinamento stretto con il presidente del Consiglio Mario Monti e d’accordo tutti i ministri” coinvolti nella vicenda, “Esteri, Difesa e Giustizia”. Aggiunge che “siamo tutti nella stessa posizione, in maniera coesa e con il coordinamento di Monti” e chiarisce che  “a questo punto la divergenza di opinioni” tra l’Italia e l’India sulle questioni della giurisdizione e dell’immunità richiede un arbitrato internazionale: il ricorso al diritto internazionale o una sentenza di una corte internazionale”.
Tutto poi precipita il  21 marzo a Delhi. I due Fucilieri di Marina vengono improvvisamente farti rientrare a Delhi  accompagnati dal Vice Ministro degli Esteri italiano de Mistura  titolare della più grande contraddizione in ambito relazioni diplomatiche. Prima assertore della necessità di un arbitrato internazionale e poi accompagnatore di due militari italiani destinati ad essere giudicati senza alcun diritto dall’India.
Da quel momento una serie di dichiarazioni e pronunciamenti che esprimevano insicurezza più che certezza. Chiusura delle indagini della Nia a luglio per poi diventare agosto ed ora settembre. Processo “equo, giusto e rapido” con una ridondanza di sinonimi sicuramente non positiva. Esclusione di qualsiasi rischio dell’applicabilità della pena di morte, sconfessato dallo stesso Ministro della Giustizia indiano e certezza peraltro messa in discussione nel momento che  una fonte della Nia afferma “vogliamo sapere cosa ha spinto i due marò a sparare ai pescatori”.
Ad oggi il dott. De Mistura, nominato nel frattempo inviato speciale dell’Italia per la vicenda specifica nonostante la presenza a Delhi di un validissimo diplomatico italiano, l’Ambasciatore Mancini, ha ottenuto molto poco. Nemmeno la rapidità tanto “sbandierata al vento” non potendo parlare di equità in un procedimento arbitrario. Piuttosto, ha ancora una volta cambiato approccio nei confronti dell’India instaurando un braccio di ferro con la Nia che nel frattempo ha formalizzato attraverso i canali diplomatici la richiesta ufficiale di sentire in India gli altri quattro Marò che in quel tragico 15 febbraio 2012 facevano parte  del NPM della Lexie.

 Un’opposizione che mal si coniuga con l’arte del “dare per ottenere” caratteristica di ogni azione di mediazione diplomatica, mitigata solo dalla contro offerta di far sentire dalla Nia i quattro militari in Italia, opzione difficilmente accettabile dalla controparte indiana per motivi di rispetto della  normativa nazionale e comunque ennesima espressione di cessione di sovranità nazionale, mai avvenuta nella storia delle controversie internazionali.

Pronunciamenti altalenanti ed anche divergenti fra loro, che sicuramente non fanno parte dell’arte della mediazione dove qualsiasi affermazione perentoria ed inequivocabile può rompere qualsiasi equilibrio e frantumare il vaso di cristallo del gioco delle parti, costruito  a fatica ricorrendo all’arte diplomatica.

La mediazione, infatti, è un atto logico che permette di raggiungere asserzioni certe, caratterizzate da evidenza razionale, mediate, ma ottenute partendo da dati di base ed affermazioni di evidenza immediata e non da una successione di atti e parole contraddittorie.  

Nello specifico, siamo lontani dall’applicazione di  questi concetti dogmatici nel momento che le certezze fino ad ora esplicitate dal dott. De Mistura sono sconfessate quotidianamente dai fatti. Le affermazioni dell’Hindustrian Times che torna a parlare di “tiro al bersaglio” da parte dei due Marò accompagnate da quelle di Narenddra MODI, Governatore dello Stato del Gujarat  e Leader dell’opposizione indiana che ha definito “insultante l’atteggiamento italiano”.

Forse MODI si riferiva proprio alle altalenanti e discordanti posizioni italiane prese a partire dall’11 marzo del 2013 dopo la dichiarazione ufficiale del dott. De Mistura, che  sicuramente fu resa nota in tempo reale a Delhi.

Per ora solo una serie di fatti sono sicuri. I nostri militari continuano ad operare nel mondo senza la certezza di essere garantiti dall’immunità funzionale derivata dal loro mandato. Nessuna reazione ufficiale alle recenti ricostruzioni scientifiche che escludono la colpevolezza dei nostri militari,  peraltro ripresi da molti organi di informazione nazionale ed internazionale. Nessuna alzata di scudi di fronte ad una serie di errate interpretazioni degli investigatori indiani. Nessuna reazione ufficiale, ma solo una serie di esitazioni che dimostrano come vengono abbandonati al loro destino due innocenti servitori dello Stato.

Un’unica speranza.  Speriamo che le “vibrazioni” del dott. De Mistura derivino da sensazioni suffragate da fatti piuttosto che da un tradizionale  parlare inconsistente, poco produttivo e talvolta deviante.

Roma 19 agosto, 13,00

martedì 6 agosto 2013

La due Marò, la tragica telenovela continua


Il 5 agosto il Ministero degli Affari Esteri nel rispondere ad una mia  precedente richiesta di chiarimenti sulla vicenda dei due Marò mi ha fornito approfondimenti che, però, a fronte di quanto comunicato da agenzie di stampa italiane e da giornali indiani hanno poco chiarito.
 
Una serie di precisazioni che piuttosto, inducono a pensare che forse c’è un qualche scollamento operativo fra i vari attori istituzionali impegnati nella vicenda. Forse, un ritorno ad un passato recente  che ha portato alle dimissioni dell’Ambasciatore Terzi, caratterizzato da iniziative di vari Dicasteri o persone, non riferite ad un’unica cabina di regia quasi che “la mano destra non sappia cosa faccia la sinistra”.

 Nella comunicazione del MAE si legge, tra l’altro “i contatti con gli esponenti del Governo dell’India continuano ad essere molto frequenti., L’inviato ufficiale dottor de Mistura si è già recato tre volte in India”. “Il Ministro degli Esteri Bonino ha a sua volta incontrato il Ministro degli Esteri dell’India a Budapest lo scorso 16 luglio”. “Il Ministro della Difesa On. Mauro si è recato a New Delhi lo scorso 29 luglio in visita privata appositamente per incontrare i due fucilieri”.

Atti ufficiali intervallati da una visita privata con risultanze  non sempre coerenti fra loro. Da una parte notizie di imminente inizio del dibattimento, di chiusura indagini e dall’altra la lettera del MAE che  informa  “……non abbiamo ancora date certe per l’inizio del processo anche se abbiamo ragione di ritenere che l’inchiesta condotta dagli inquirenti indiani sia a buon punto ……”.

Infine,  una notazione conclusiva nella stessa missiva che incrementa l’incertezza.  “In apertura del processo ……..intendiamo ribadire la richiesta di esercitare la giurisdizione sull’incidente………….essendosi verificato fuori delle acque territoriali indiane” e “l’ipotesi dell’arbitrato internazionale, cui Lei fa riferimento, fu a suo tempo presa in considerazione da parte nostra, ma poi messa da parte in ragione dei tempi molto lunghi che esso avrebbe comportato”.   

Il primo e forse più importante dubbio indotto proprio dai dichiarati “tempi lungi” dell’arbitrato,. Secondo una giurisprudenza consolidata, infatti, l’arbitrato internazionale dal momento della richiesta si concretizza dopo 60 (sessanta) giorni. Si sarebbe potuto e dovuto richiedere a decorrere dal 21 marzo e l 'Italia avrebbe ottenuto obbligatoriamente una decisione entro il 21 maggio.  Siamo quasi a tre mesi dopo tale data ed ancora non si conosce quando e se il processo inizierà.

Un secondo dubbio leggendo un’ANSA nella quale viene riportata una dichiarazione del Ministro Bonino fatta in occasione della trasmissione televisiva  “Uno mattina”,  "Obiettivo del governo, mio e del ministro Mauro è riportarli a casa. Con cocciutaggine radicale e sano realismo, ce la possiamo fare". "Sulla lentezza della giustizia indiana non mi pronuncio. Sono italiana e non posso dare lezioni a nessuno", ha risposto sui tempi per la soluzione del caso dei due fucilieri, di cui ha sottolineato il comportamento "dignitoso", così come quello "delle famiglie".

Dichiarazioni sfumate, più affermazioni di principio che riscontro di una realtà oggettiva che colpiscono quando la Signora Ministro parla di comportamento dignitoso dei due Marò. Una precisazione che lascia perplessi, forse indotta al Ministro dalle Sue antiche posizioni antimilitariste che in un contesto di rilevante controversia internazionale la portano a sottolineare come distinto un comportamento che rientra nello stile di chi serve in uniforme lo Stato e non la inducono, invece a ricordare che l’India ha cancellato il diritto di immunità funzionale a due cittadini italiani, riconosciuto invece dal diritto pattizio internazionale.

A fronte di queste rassicurazioni i giornali indiani ci informano che non si farà nessun processo senza l’audizione degli altri quattro marò che facevano parte del Nucleo Militare di Protezione a bordo della Lexie. Uniche fonti di riferimento  considerato l’assoluto ed inconcepibile silenzio degli organi di informazione nazionali impegnati solo a riportare diligentemente le dichiarazioni dei tre attori principali di questa telenovela, la Bonino, il Ministro Mauro e l’esempio vivente della mediazione internazionale, il dott de Mistura.

The Hindu ci dice testualmente “Fishermen’s death: trial of Italian marines to be delayed The trial of two Italian marines who allegedly killed two fishermen off the Kerala coast will be delayed as a few foreign witnesses of the case have not yet appeared before investigators for questioning….” . In sintesi, il progetto sarà ritardato fino a che gli organi di investigazione (la NIA) non avranno sentito gli altri testimoni

Il New Indian Express conferma in buona sostanza la notizia riportata da The Hindu con le stesse argomentazioni  “….ci si muove a passo di lumaca in quanto i cruciali testimoni italiani nel caso non sono ancora apparsi di fronte alla NIA per l'interrogatorio” e ci informa che un funzionario del Ministero degli Esteri indiano abbia detto “……ci vorrà del tempo", indicando un ritardo nel processo per questo mancato interrogatorio.

Una serie di notizie in contrasto con quanto affermato dal Ministro degli Esteri su un processo “equo, giusto e rapido” che si sarebbe dovuto celebrare a luglio, assolutamente diverse da quanto ci ha raccontato il dott de Mistura quando dopo l’ultima recente missione in India, fatto salvo ogni possibile errore di memoria, ci ha informato di indagini concluse dalla NIA e dell’inizio del processo ad agosto. Lo stesso che l’11 marzo ci disse attraverso l’AGI che l’Italia avrebbe ricorso all’arbitrato internazionale e che il  Ministro Mauro  ha definito un’eccellenza della diplomazia italiana e nella gestione delle mediazioni internazionali.

L’inviato speciale che prima come Sottosegretario agli Esteri, poi come Vice Ministro ed ora come Commissario Straordinario del Governo, in più di 520 giorni dall’inizio del Suo impegno per la soluzione della vicenda dei due Marò ha ottenuto un ennesimo  risultato significativo : un ulteriore irrigidimento da parte indiana, peraltro su un aspetto difficilmente aggirabile in quanto, come risulterebbe, un  diritto della NIA previsto dal Codice di Procedura indiano.  

Questo il Ministro degli Esteri non ce lo dice, preferisce parlare di lentezza della giustizia indiana e di lunghezza della durata degli arbitrati internazionali, a fronte invece di una realtà ben diversa che induce a pensare, conoscendo da tempo la correttezza intellettuale del Ministro Bonino, che forse nello specifico il flusso delle informazioni a Lei dovute è frammentario ed interpretato.

Roma 6 agosto 2013 - ore 17,30