Molti i dubbi che in questi 550 giorni sono emersi sulla vicenda dei due marò. Hanno sparato, non hanno sparato. Il S Antony era il peschereccio che aveva minacciato la Lexie e su cui Massimiliano e Salvatore hanno fatto fuoco di dissuasione. I fatti sono accaduti in acque internazionali. Che ruolo ha avuto la petroliera greca Olimpich Flair. Perché l'Armatore ha dato l'ordine di rientrare in acque territoriali indiane ed attraccare sul porto di Koci. Con chi si é consultato. Chi ha avvertito l'Addetto Militare che da Delhi ha raggiunto Koci in tempo utile per essere in banchina al momento dell'attacco della Lexie. Perchè l'Italia non ha attivato l'arbitrato internazionale per ottenere un giudizio super partes sull'accaduto.
Tante domande, poche le risposte molte delle quali incomplete specialmente se riferite ad aspetti del ruolo istituzionale dell'Italia. Nel frattempo i due "Leoni del S.Marco" sono ancora in ostaggio dell'India ed il loro futuro é poco comprensibile.
Fra le tante incertezze solo un aspetto è stato formalmente chiarito dall'allora Ministro della Difesa, quando il 15 ottobre 2012 ha sottoscritto una risposta scritta ad un'interrogazione parlamentare, informando che l'Armatore della nave aveva chiesto il "nulla contro" alla struttura militare di Comando e Controllo del personale militare impegnato in operazioni Fuori Area, perchè la petroliera Lexie rientrasse in acque territoriali indiane ed attraccasse a Koci. Autorizzazione concessa dal Centro Operativo Interforze che secondo procedura si dovrebbe essere consultato con il Comando della Squadra Navale della Marina Militare (CINCINAV), organo di Comando, Coordinamento e Controllo delle unitá e del personale della Marina Militare che opera oltre i confini nazionali.
Una notizia passata in sottordine, sicuramente non amplificata dagli Organi di Stampa nazionale quasi fosse un dettaglio di poco conto mentre, invece, la decisione rappresentava forse il nucleo principale, l'elemento fondamentale intorno al quale l'intera vicenda ruota da più di 500 giorni. Se la Lexie, infatti, non fosse rientrata in acque internazionali l'Italia avrebbe potuto pretendere in qualsiasi contesto internazionale l'applicazione nei confronti di Latorre e Girone il diritto di immunitá funzionale, chiudendo definitivamente l'intera faccenda.
Qualcosa di poco chiaro e mai chiarito é invece avvenuto e si aggiunge al mistero di chi abbia avvertito dei fatti l'Addetto per la Difesa a Delhi, anche esso un Ufficiale di Marina e di chi abbia dato lui disposizioni su come muoversi su quello che stava diventando un terreno minato. Gli Esteri piuttosto che la Difesa ? La Presidenza del Consglio attraverso i rappresentanti dell'Intelligence italiana in India? Piuttosto l'Ambasciatore italiano del momento, in vero molto assente nell'immediatezza dei fatti.
Non un dettaglio di poco conto, ma un altro elemento essenziale dal quale si potrebbe comprendere la "disinvoltura" con la quale l'Ufficiale ha accettato le richieste indiane di far consegnare Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, decisione sicuramente non autonoma né improvvisata, conoscendo l'inerzia che caratterizza determinate funzioni all'estero.
Vicende iniziali ma fondamentali che peraltro hanno visto un totale distacco dei vertici delle Forze Armate quasi che i due Marò fossero operatori di sicurezza civili. Un distacco forse anche determinato dalla convinzione che qualcosa di immediato si sarebbe ottenuto essendo Ministro della Difesa, per la prima volta in Italia, un collega, un Ammiraglio in quiescenza.
Un silenzio assordante rotto solo dallo sdegno manifestato da centinaia di migliaia di cittadini italiani, in uniforme, ex militari, civili, donne ed uomini a cui stava a cuore la sorte di due italiani e quella dell'immagine internazionale delle proprio Paese. Gente inascoltata, addirittura bistrattata e giudicata invece dalle Istituzioni ai massimi livelli come elemento disturbatore.
L'11 marzo un momento di riscossa nazionale, il Sottosegretario agli Esteri dott. Staffan de Mistura annuncia al mondo che i due marò non rientrano in India al termine del loro permesso elettorale e l'Italia ricorrerá ad un arbitrato internazionale. Un'illusoria speranza come tante altre, destinata ad annullarsi dopo una decina di giorni.
Quello che é accaduto successivamente é noto a tutti. Vergogna sulla vergogna con un ex Comandante che dopo aver accettato che i propri uomini fossero riconsegnati al nemico non abbandona una nave ormai alla deriva e nello stesso tempo non sente il dovere di chiarire i tanti misteri ancora oscuri. Una scelta sicuramente non fatta per coprire chicchessia, non lo voglio pensare, forse solo per non urtare la suscettibilitá e gli ordini di lobby intoccabili.
Improvvisamente, però il 24 marzo 2013, dopo che i due Marò sono stati fatti rientrare improvvisamente in India una voce si alza. L'ex diplomatico indiano Labil Sibal esclama "si tratta di una triste testimonianza dell'inettitudine della diplomazia italiana" in quel momento gestita dal Senatore Monti dopo le dimissioni del Ministro Terzi. Anche il Capo delle Forze Armate, l'Ammiraglio Binelli, finalmente mortificato dal battibecco fra Roma e Delhi grida, "basta con questa farsa, Latorre e Girone devono essere riconsegnati alla giurisdizione italiana ......". Un altro tassello che si aggiunge al mosaico dei misteri in quanto solo dopo più di un anno da quel fatidico 15 febbraio del 2012, si sente una voce di Comandante che avrebbe dunito urlare prima, almeno nelle orecchie del suo ex collega Di Paola.
A seguire, il Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, Ammiraglio Giuseppe De Giorgi, ricorda " Latorre e Girone hanno avuto il coraggio dell'obbedienza, nel momento più difficile, guardando all'interesse dell'Italia, coerentemente con i loro valori di lealtá, onore ed amore di Patria che devono sempre inspirare le nostre azioni e le nostre scelte. Noi marinai continueremo a fare il nostro dovere con orgoglio e disciplina sul l'esempio di Latorre e Girone, fiduciosi della vittoria delle nostre ragioni. Sosteniamo incondizionatamente i fucilieri e le loro famiglie".
Nessuno, però, chiarisce chi abbia accettato Sulla linea di Comando militare la proposta dell'Armatore di fare rientrare la nave su Koci. Fra le tante parole finora dette, un'ammissione di responsabilitá In tal senso renderebbe onore e merito all'amore di Patria che ha inspirato le scelte di Latorre é Girone.
Roma 28 agosto 2013 - ore 16,30
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martedì 27 agosto 2013
lunedì 26 agosto 2013
L’Italia ha ancora una credibilità internazionale ?
550 giorni sono trascorsi da
quando i due Fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono in
ostaggio dell’India e nulla è stato ancora risolto. Nessuna notizia certa
trapela. Non si conosce con esattezza se l’Agenzia di investigazione indiana
NIA esperta in attività antiterroristiche abbia chiuso le indagini. Il
mediatore per l’Italia, l’italo svedese dott. Staffan de Mistura, continua a
fare la spola con l’India con un costo per lo Stato sicuramente non irrilevante
a fronte di risultati che fin dall’inizio della vicenda non sembrano
determinanti.
Non comunicati, ma solo una serie di frasi ripetitive che si susseguono
fin dall’inizio sulla vicenda dei Marò con una predisposizione del dott. De
Mistura a dichiarare molto ma ad ottenere almeno fino ad ora prodotti modesti.
Ricordiamone qualcuna. A maggio
2012, sono incappati in un errore. A giugno, hanno avuto garantito cibo
italiano. L’11 marzo 2013, si ricorrerà ad un arbitrato internazionale e non
rientreranno in India dove sono stati rimandati di lì a dieci giorni. Nel corso
dell’estate, processo equo e rapido ed entro
Natale (di quale anno nda) saranno a casa. Per finire, il rifiuto di accettare la
richiesta della NIA di interrogare gli altri quattro militari del NPM imbarcato
sulla Lexie il 15 febbraio 2012 che non saranno mandati in India per essere
interrogati, semmai gli investigatori indiani verranno in Italia, concessione
che evidenzia un’altra cessione di sovranità sicuramente non favorevole
all’immagine dell’Italia.
Una filastrocca poco convincente,
spesso contraddittoria nei contenuti e che giorno dopo giorno oltre a non
informare l’opinione pubblica italiana, propone al mondo un Paese indeciso
nella gestione di politica estera come non era mai avvenuto dal dopoguerra ad
oggi.
Un’esposizione negativa non solo
per la vicenda dei due marò, ma per altri episodi che nel frattempo si sono
sovrapposti a quella dei militari in ostaggio dell’India e che sicuramente non
contribuisce a rendere affidabile il nostro Paese agli occhi dei partner internazionali.
Recente, la vicenda kazaka con un
“suonare di trombe” della Farnesina nell’immediato degli eventi. Dichiarazioni
di fermezza che informavano il mondo della decisione dell’espulsione per “non
gradimento” dell’Ambasciatore kazako accreditato a Roma per gravi interferenze
del diplomatico con la sovranità nazionale. Un atto estremo in diplomazia che,
come tramandato dalla storia, in altri tempi sarebbe stato un segnale di azioni ben più cruente.
L’Ambasciatore sembra che sia
ancora a Roma ed eserciti a pieno le sue funzioni e nulla è avvenuto anche in difesa dei diritti umani,
materia da sempre tanto a cuore al nostro Ministro degli Esteri. Infatti alla
Signora Shalabayeva e di sua figlia, a suo tempo ingiustamente espulse come è
stato riferito in Parlamento, ancora non è stato garantito il rientro in Italia,
almeno per quanto reso noto.
Isteresi sulla vicenda dei Marò,
vicenda kazaka sicuramente ancora da chiarire, episodi ai quali,
improvvisamente, si sovrappone l’arresto a Panama dell’Agente della CIA Robert
Lady condannato in Italia a nove anni di reclusione per i fatti attinenti ad
Abu Omar.
Sembra che il Ministro della
Giustizia Cancellieri abbia chiesto immediatamente l’estradizione di Lady di
cui, però, gli USA non hanno tenuto conto riprendendosi il loro cittadino al
momento degli eventi “operatore dello Stato americano” e quindi avente diritto
dell’ “immunità funzionale”, riconosciuta dal Diritto internazionale pattizio e
negata dall’India ai nostri due Fucilieri di Marina con supina ed accondiscendente
accettazione dell’Esecutivo italiano, del Capo delle Forze Armate e dall’assoluto
silenzio del Ministro degli Esteri.
Infine, una remissiva
accettazione dei recenti eventi egiziani e siriani dimostrata da un
silenzio forzato della Farnesina, rotto
solo però da poche parole del Ministro, di fatto vanificate dai risultati. Un Ministro
degli Esteri che ha dichiarato per l’Egitto la propria intenzione di proporre
alla UE non sanzioni economiche ma il blocco della fornitura di armi
all’esercito, ignorata da Bruxelles che invece ha deciso per l’applicazione
della sospensione di aiuti finanziari.
Lo stesso Ministro che non ci
dice nulla sul possibile uso di armi
chimiche in Siria, probabilmente impiegate dall’Esercito di Assad troppo amico
della Cina, della Russia e dell’Iran per essere coinvolto in responsabilità
gravissime attinenti a delitti contro l’umanità. Silenzio anche sulla possibile
alternativa che l’impiego di gas letali sia stato fatto dagli oppositori del
regime, a conferma che ormai la diplomazia italiana è alle corde, preferisce
ignorare piuttosto che pronunciarsi.
Scelte istituzionali o precise
linee guida dettate dal Ministro Bonino ? Non è facile dedurlo anche se è
evidente che i Marò siano ancora in India e la lunghissima mediazione del dott.
De Mistura è lontana da qualsiasi successo tangibile; la vicenda kazaka è come
se non fosse mai avvenuta e gli USA - giustamente - si avvalgano delle loro
prerogative di Stato sovrano.
Tutto accade sotto il silenzio
del MAE.
Roma 26 agosto 2013 - 11,00
lunedì 19 agosto 2013
In Egitto ritorna la violenza
Il
“nuovo Egitto” nato dalla Primavera Araba da molti considerata come la panacea
del mondo islamico, ritorna ad ospitare la violenza più feroce, senza
esclusione di colpi. L’inizio di una vera e propria guerra civile fra quanti si
oppongono al ritorno di Mohammed Mursi, il primo Presidente egiziano
eletto e quelli che sostenitori del Presidente islamista, pronti lottare fino
alla morte.
L’Esercito da sempre fedele al deposto Presidente Mubarak e
vicino agli Stati Uniti dai quali riceve sostanziosi aiuti economici, ha
ripreso il potere e, notizia dell’ultima ora, sono stati derubricati i reati
più gravi attribuiti al deposto Presidente al quale sono stati concessi gli
arresti domiciliari.
Il fanatismo religioso dell’estremismo religioso si
riaffaccia per le vie del Cairo ed a differenza di due anni orsono dilaga nel
deserto agevolato dalla presenza di tribù di beduini attestati nel Sinai e
vicine ad Al Qaeda.
La situazione non
lascia presagire nulla di buono e va ad intaccare il ruolo di stabilizzazione
che l’Egitto ha sempre rappresentato fin dal 1973. Un centro di gravità intorno
al quale negli anni si sono concentrati gli equilibri dell’area islamica moderata
portando agli accordi di Camp David ed alla
smilitarizzazione del Sinai a vantaggio dell’esistenza stessa di Israele.
La situazione attuale è sempre meno chiara e minacciata
dalla volontà dei militari di mettere fuori legge i Fratelli Mussulmani. Un
errore irreversibile se ciò avvenisse con conseguenze gravi per la stabilità
dell’intera area e con ripercussioni negative in tutto il mondo islamico,
africano ed asiatico.
Per ora, l’Occidente come sua abitudine si limita osservare
. Gli USA non si sbilanciano, solo
moderati accenni ad un’immediata riduzione degli aiuti militari dimenticando
che a Leopolis vicino all’aeroporto internazionale del Cairo, l’Egitto gestisce
una delle più attrezzate e moderne fabbriche di
munizionamento ed armamento da cui attingono anche Paesi soggetti ad
embargo delle Nazioni Unite.
L’Europa conferma la sua struttura di holding economica
piuttosto che di Unione di Stati. Riconferma il proprio approccio
esasperatamente burocratico limitandosi a gestire improvvise ed altrettanto
improduttive riunioni dei propri Ministri degli Esteri, senza concretizzare
iniziative efficaci ma limitandosi di preannunciare il taglio degli aiuti
economici.
Un’Europa che ha sempre guardato con distacco a quanto
avviene in aree strategiche a ridosso dei propri confini meridionali,
rispettando un modello applicato per la prima volta nel 1992 in occasione delle
vicende dei Balcani.
Un’inerzia che potrebbe avere conseguenze gravissime per
l’intero Occidente e per l’Europa in particolare. Si sta rischiando di perdere
anche un altro alleato fedele, l’Egitto, con un conseguente inasprimento dell’isolamento
di Israele e lasciando che forze emergenti dell’estremismo islamico si
avvicinino sempre di più a Suez.
Ancora una volta, quindi, chi ancora si ostina a definire
questa nuova alba di guerra civile in Egitto come una nuova “rivolta per il pane” dimentica che
l’integralismo islamico rappresentato dalle minoranze sciite potrebbero
approfittarne per prendere il sopravvento sui sunniti e riportare al potere le dittature
nepotistiche del passato.
Una
situazione complicata che peraltro coinvolge due Premi Nobel per la Pace che non
sembrano impegnarsi più di tanto nella loro missione morale. Obama che sta
regalando sempre di più l’egemonia Medio Orientale ad Iran e Turchia e
l’egiziano Mohamed El Baradei, ex Direttore dell’AIEA pronto a dimettersi dopo
un mese da essere stato nominato vice
premier del nuovo governo, che, invece, dovrebbe impegnarsi per dimostrare al mondo
che in Egitto non vi è stato un golpe, ma è avvenuto qualcosa che ha portato un
premier a dimettersi.
Il
quadro di situazione è tale che qualsiasi ritardo di un impegno della comunità
internazionale potrebbe risultare catastrofico e portare alla definitiva destabilizzazione
dell’Egitto, che di fatto è già in atto. Il
fronte che ha portato al rovesciamento del governo Mursi ha iniziato a
spaccarsi ed nel suo ambito si confrontano per interessi di parte. Liberali,
giovani, copti ed ex mubarakiani con idee differenti rispetto al ruolo di cui
si sono appropriati i militari.
L’esercito
fino ad ora ha un sostegno di una parte significativa della popolazione, che,
però, non sarà destinato a durare a lungo. I primi segnali già arrivano con il
ricompattamento del vecchio fronte di opposizione al regime militare nel quale
stanno confluendo i giovani membri del Tamarrod, coloro che per primi hanno
organizzato la prima manifestazione per la deposizione di Mursi.
In
questo contesto l’Islam
politico sembra più compatto ma non è certo che rimarrà tale e molto dipenderà
dall’evoluzione delle vicende. I salafiti, islamisti conservatori, hanno
immediatamente accettato il ruolo dei militari, ma nello stesso tempo hanno
iniziato a condannarne la violenza e difficilmente faranno passi indietro
rinunciando al loro peso politico.
L’islam politico è destinato, dunque, a
rappresentare una componente rilevante del futuro Egitto con il rischio che
un’eventuale uscita della Fratellanza dal percorso democratico potrebbe
favorire l’affermazione di posizioni più estremiste riproponendo fatti come quelli che avvennero
il 18 novembre 1997 a Luxor, con la strage di turisti nella Valle delle Regine.
Tre quarti d'ora di fuoco: poi i terroristi, finite le munizioni, usarono i
pugnali.
La
maggioranza della popolazione si colloca fra queste fazioni ed è favorevole a
un compromesso, ma da sola è incapace di influenzare significativamente il corso
degli eventi. Il popolo è pronto a mobilitarsi e tale
mobilitazione sta diventando uno strumento di legittimità ma è necessario con
assoluta urgenza trasformare le manifestazioni di strada in una pratica
politica che accetti e consolidi le regole del gioco democratico.
La nuova fase della transizione egiziana non sarà sicuramente breve ed avulsa da conflitti. Non per questo però si deve pensare che l’Egitto sia tornato ad una situazione di partenza in cui il ruolo dei militari sarebbe determinante.
Entrambe
le parti devono comprendere che non possono andare avanti solo sparando
sull’avversario, unico modo per allontanare sempre di più condizioni di
democrazia reale.
In
questo contesto l’Occidente ed in particolare le Nazioni Unite hanno il dovere
morale di intervenire immediatamente con un’attenta e costruttiva azione
diplomatica che allontani definitivamente il pericolo di un’implosione interna
che potrebbe rimettere in discussione la labile stabilità di tutta l’area
geografica.
Roma 19
agosto 2013 - ore 18.00
I due Marò, de Mistura continua ad avere “sensazioni”
Gli insuccessi raggiunti dopo più
di 540 giorni nella gestione della vicenda dei due Marò, cominciano a suscitare
“vibrazioni” nel mediatore de Mistura,
che lo solleticano ed inducono ad affermare che il processo ci sarà a settembre
e tutto finirà a dicembre.
Sensazioni quasi mediatiche
quelle dell’italo svedese che si aggiungono alle tante finora pronunciate, ma
che allo stato dei fatti si sono dimostrate prive di contenuto oggettivo.
In questi
540 e più giorni abbiamo invece assistito ad un susseguirsi di insuccessi
inaccettabili a discapito dell’immagine dell’Italia in ambito internazionale ed
anche a danno della sovranità nazionale. Smacchi indotti da una serie di
dichiarazioni contraddittorie rilasciate nel tempo dall’italo / svedese dott.
De Mistura, apprezzabile Funzionario delle Nazioni Unite con consolidata
esperienza e professionalità nella gestione di progetti di aiuto umanitario, ma
forse non altrettanto consolidata pratica diplomatica, almeno leggendo il suo
CV.
Sicuramente
alcune sue dichiarazioni non sono state e non sono coerenti al
“diplomatichese”, linguaggio tipico della diplomazia improntato alla tattica
dilatoria chiamata “standard prima, status poi”.
La prima,
quando nel maggio
del 2012 rilasciava una affermazione alla televisione indiana dicendo che i due
marò erano incappati in un tragico incidente. La seconda, quando l’11 marzo di
questo anno ha dichiarato all’Agenzia di stampa AGI, “La decisione di non far
rientrare i maro’ in India “e’ stata presa in coordinamento stretto con il
presidente del Consiglio Mario Monti e d’accordo tutti i ministri” coinvolti
nella vicenda, “Esteri, Difesa e Giustizia”. Aggiunge che “siamo tutti
nella stessa posizione, in maniera coesa e con il coordinamento di Monti” e chiarisce
che “a questo punto la divergenza di
opinioni” tra l’Italia e l’India sulle questioni della giurisdizione e
dell’immunità richiede un arbitrato internazionale: il ricorso al diritto
internazionale o una sentenza di una corte internazionale”.
Tutto poi
precipita il 21 marzo a Delhi. I due
Fucilieri di Marina vengono improvvisamente farti rientrare a Delhi accompagnati dal Vice Ministro degli Esteri
italiano de Mistura titolare della più
grande contraddizione in ambito relazioni diplomatiche. Prima assertore della
necessità di un arbitrato internazionale e poi accompagnatore di due militari
italiani destinati ad essere giudicati senza alcun diritto dall’India.
Da quel
momento una serie di dichiarazioni e pronunciamenti che esprimevano insicurezza
più che certezza. Chiusura delle indagini della Nia a luglio per poi diventare
agosto ed ora settembre. Processo “equo, giusto e rapido” con una ridondanza di
sinonimi sicuramente non positiva. Esclusione di qualsiasi rischio dell’applicabilità
della pena di morte, sconfessato dallo stesso Ministro della Giustizia indiano
e certezza peraltro messa in discussione nel momento che una fonte della Nia afferma “vogliamo sapere
cosa ha spinto i due marò a sparare ai pescatori”.
Ad oggi il dott. De Mistura,
nominato nel frattempo inviato speciale dell’Italia per la vicenda specifica
nonostante la presenza a Delhi di un validissimo diplomatico italiano,
l’Ambasciatore Mancini, ha ottenuto molto poco. Nemmeno la rapidità tanto
“sbandierata al vento” non potendo parlare di equità in un procedimento
arbitrario. Piuttosto, ha ancora una volta cambiato approccio nei confronti
dell’India instaurando un braccio di ferro con la Nia che nel frattempo ha
formalizzato attraverso i canali diplomatici la richiesta ufficiale di sentire
in India gli altri quattro Marò che in quel tragico 15 febbraio 2012 facevano
parte del NPM della Lexie.
Un’opposizione che mal si coniuga con l’arte
del “dare per ottenere” caratteristica di ogni azione di mediazione
diplomatica, mitigata solo dalla contro offerta di far sentire dalla Nia i
quattro militari in Italia, opzione difficilmente accettabile dalla controparte
indiana per motivi di rispetto della normativa nazionale e comunque ennesima
espressione di cessione di sovranità nazionale, mai avvenuta nella storia delle
controversie internazionali.
Pronunciamenti altalenanti ed
anche divergenti fra loro, che sicuramente non fanno parte dell’arte della
mediazione dove qualsiasi affermazione perentoria ed inequivocabile può rompere
qualsiasi equilibrio e frantumare il vaso di cristallo del gioco delle parti,
costruito a fatica ricorrendo all’arte
diplomatica.
La mediazione, infatti, è un atto
logico che permette di raggiungere asserzioni certe, caratterizzate da evidenza
razionale, mediate, ma ottenute partendo da dati di base ed affermazioni di
evidenza immediata e non da una successione di atti e parole contraddittorie.
Nello specifico, siamo lontani dall’applicazione
di questi concetti dogmatici nel momento
che le certezze fino ad ora esplicitate dal dott. De Mistura sono sconfessate
quotidianamente dai fatti. Le affermazioni dell’Hindustrian Times che torna a
parlare di “tiro al bersaglio” da parte dei due Marò accompagnate da quelle di Narenddra
MODI, Governatore dello Stato del Gujarat
e Leader dell’opposizione indiana che ha definito “insultante
l’atteggiamento italiano”.
Forse MODI si riferiva proprio alle
altalenanti e discordanti posizioni italiane prese a partire dall’11 marzo del
2013 dopo la dichiarazione ufficiale del dott. De Mistura, che sicuramente fu resa nota in tempo reale a
Delhi.
Per ora solo una serie di fatti sono
sicuri. I nostri militari continuano ad operare nel mondo senza la certezza di
essere garantiti dall’immunità funzionale derivata dal loro mandato. Nessuna
reazione ufficiale alle recenti ricostruzioni scientifiche che escludono la
colpevolezza dei nostri militari, peraltro
ripresi da molti organi di informazione nazionale ed internazionale. Nessuna
alzata di scudi di fronte ad una serie di errate interpretazioni degli
investigatori indiani. Nessuna reazione ufficiale, ma solo una serie di
esitazioni che dimostrano come vengono abbandonati al loro destino due
innocenti servitori dello Stato.
Un’unica speranza. Speriamo che le “vibrazioni” del dott. De
Mistura derivino da sensazioni suffragate da fatti piuttosto che da un
tradizionale parlare inconsistente, poco
produttivo e talvolta deviante.
martedì 6 agosto 2013
La due Marò, la tragica telenovela continua
Il 5
agosto il Ministero degli Affari Esteri nel rispondere ad una mia precedente richiesta di chiarimenti sulla
vicenda dei due Marò mi ha fornito approfondimenti che, però, a fronte di
quanto comunicato da agenzie di stampa italiane e da giornali indiani hanno poco
chiarito.
Una
serie di precisazioni che piuttosto, inducono a pensare che forse c’è un
qualche scollamento operativo fra i vari attori istituzionali impegnati nella
vicenda. Forse, un ritorno ad un passato recente che ha portato alle dimissioni
dell’Ambasciatore Terzi, caratterizzato da iniziative di vari Dicasteri o
persone, non riferite ad un’unica cabina di regia quasi che “la mano destra non
sappia cosa faccia la sinistra”.
Nella comunicazione del MAE si legge, tra
l’altro “i contatti con gli esponenti del Governo dell’India continuano ad
essere molto frequenti., L’inviato ufficiale dottor de Mistura si è già recato
tre volte in India”. “Il Ministro degli Esteri Bonino ha a sua volta incontrato
il Ministro degli Esteri dell’India a Budapest lo scorso 16 luglio”. “Il
Ministro della Difesa On. Mauro
si è recato a New Delhi lo scorso 29 luglio in visita privata
appositamente per incontrare i due fucilieri”.
Atti ufficiali
intervallati da una visita privata con risultanze non sempre coerenti fra loro. Da una parte
notizie di imminente inizio del dibattimento, di chiusura indagini e dall’altra
la lettera del MAE che informa “……non abbiamo ancora date certe per l’inizio
del processo anche se abbiamo ragione di ritenere che l’inchiesta condotta
dagli inquirenti indiani sia a buon punto ……”.
Infine,
una notazione conclusiva nella stessa
missiva che incrementa l’incertezza. “In
apertura del processo ……..intendiamo ribadire la richiesta di esercitare la
giurisdizione sull’incidente………….essendosi verificato fuori delle acque
territoriali indiane” e “l’ipotesi dell’arbitrato internazionale, cui Lei fa
riferimento, fu a suo tempo presa in considerazione da parte nostra, ma poi
messa da parte in ragione dei tempi molto lunghi che esso avrebbe comportato”.
Il
primo e forse più importante dubbio indotto proprio dai dichiarati “tempi
lungi” dell’arbitrato,. Secondo una giurisprudenza consolidata, infatti,
l’arbitrato internazionale dal momento della richiesta si concretizza dopo 60
(sessanta) giorni. Si sarebbe potuto e dovuto richiedere a decorrere dal 21
marzo e l 'Italia avrebbe ottenuto obbligatoriamente una decisione entro il 21
maggio. Siamo quasi a tre mesi dopo tale
data ed ancora non si conosce quando e se il processo inizierà.
Un secondo dubbio leggendo un’ANSA nella quale viene
riportata una dichiarazione del Ministro Bonino fatta in occasione della
trasmissione televisiva “Uno
mattina”, "Obiettivo
del governo, mio e del ministro Mauro è riportarli a casa. Con cocciutaggine
radicale e sano realismo, ce la possiamo fare". "Sulla lentezza della
giustizia indiana non mi pronuncio. Sono italiana e non posso dare lezioni a
nessuno", ha risposto sui tempi per la soluzione del caso dei due fucilieri,
di cui ha sottolineato il comportamento "dignitoso", così come quello
"delle famiglie".
Dichiarazioni sfumate, più affermazioni di
principio che riscontro di una realtà oggettiva che colpiscono quando la Signora Ministro parla
di comportamento dignitoso dei due Marò. Una precisazione che lascia perplessi,
forse indotta al Ministro dalle Sue antiche posizioni antimilitariste che in un
contesto di rilevante controversia internazionale la portano a sottolineare
come distinto un comportamento che rientra nello stile di chi serve in uniforme
lo Stato e non la inducono, invece a ricordare che l’India ha cancellato il
diritto di immunità funzionale a due cittadini italiani, riconosciuto invece
dal diritto pattizio internazionale.
A fronte di queste rassicurazioni i giornali
indiani ci informano che non si farà nessun processo senza l’audizione degli
altri quattro marò che facevano parte del Nucleo Militare di Protezione a bordo
della Lexie. Uniche fonti di riferimento considerato l’assoluto ed inconcepibile
silenzio degli organi di informazione nazionali impegnati solo a riportare
diligentemente le dichiarazioni dei tre attori principali di questa telenovela,
la Bonino, il Ministro Mauro e l’esempio vivente della mediazione
internazionale, il dott de Mistura.
The Hindu
ci dice testualmente “Fishermen’s death: trial of Italian marines to be delayed The trial of two Italian
marines who allegedly killed two fishermen off the Kerala coast will be delayed
as a few foreign witnesses of the case have not yet appeared before
investigators for questioning….” . In sintesi,
il progetto sarà ritardato fino a che gli organi di investigazione (la NIA) non
avranno sentito gli altri testimoni
Il New Indian Express conferma in buona sostanza
la notizia riportata da The Hindu con le stesse argomentazioni “….ci si muove a passo di lumaca in quanto i cruciali
testimoni italiani nel caso non sono ancora apparsi di fronte alla NIA per
l'interrogatorio” e ci informa che un funzionario del Ministero degli Esteri
indiano abbia detto “……ci vorrà del tempo", indicando un ritardo nel
processo per questo mancato interrogatorio.
Una
serie di notizie in contrasto con quanto affermato dal Ministro degli Esteri su
un processo “equo, giusto e rapido” che si sarebbe dovuto celebrare a luglio,
assolutamente diverse da quanto ci ha raccontato il dott de Mistura quando dopo
l’ultima recente missione in India, fatto salvo ogni possibile errore di
memoria, ci ha informato di indagini concluse dalla NIA e dell’inizio del
processo ad agosto. Lo stesso che l’11 marzo ci disse attraverso l’AGI che
l’Italia avrebbe ricorso all’arbitrato internazionale e che il Ministro Mauro ha definito un’eccellenza della diplomazia
italiana e nella gestione delle mediazioni internazionali.
L’inviato
speciale che prima come Sottosegretario agli Esteri, poi come Vice Ministro ed
ora come Commissario Straordinario del Governo, in più di 520 giorni
dall’inizio del Suo impegno per la soluzione della vicenda dei due Marò ha
ottenuto un ennesimo risultato
significativo : un ulteriore irrigidimento da
parte indiana, peraltro su un aspetto difficilmente aggirabile in quanto, come
risulterebbe, un diritto della NIA
previsto dal Codice di Procedura indiano.
Questo il Ministro degli Esteri non ce lo dice, preferisce parlare
di lentezza della giustizia indiana e di lunghezza della durata degli arbitrati
internazionali, a fronte invece di una realtà ben diversa che induce a pensare,
conoscendo da tempo la correttezza intellettuale del Ministro Bonino, che forse
nello specifico il flusso delle informazioni a Lei dovute è frammentario ed
interpretato.
Roma 6 agosto 2013 - ore 17,30
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