giovedì 25 febbraio 2010

La droga, minaccia terroristica

La minaccia terroristica è sempre stata vissuta come un atto cruento realizzato impiegando ordigni esplosivi per provocare nell’immediato morte e distruzioni. Una visione riduttiva che potrebbe favorire l’escalation di nuove forme di terrorismo planetario attuate attraverso una minaccia transnazionale. Lo stesso Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite in varie occasioni ha riconosciuto che il problema del terrorismo internazionale non è solo quello rappresentato dall’esplosione di uno IED o da attacchi tipo quello dell’11 settembre e che analizzarlo solo con questa ottica sarebbe limitativo e fuorviante. Altri aspetti vanno invece attentamente valutati e monitorati, come il traffico di droga, l’alleanza di gruppi terroristici con la criminalità organizzata, il riciclaggio di denaro, l’esistenza di gruppi armati substatuali. Il commercio della droga rappresenta la principale forma di terrorismo moderno; un’azione silenziosa, destinata a penetrare le società progredite con effetti tali da auto incrementarsi nel tempo. Una specie di “reazione a catena” destinata a produrre conseguenze gravissime, di gran lunga superiori ai danni che potrebbero essere provocati da un attentato realizzato impiegando ordigni esplosivi. Un mercato agevolato dall’evoluzione tecnologica, che ormai semplifica le transazioni commerciali oltre le frontiere, sistemi ben noti e sfruttati dai gruppi criminali. Un fiume ininterrotto di eroina parte quotidianamente dall’Afghanistan, attraversa l’Asia centrale, la Russia ed i Balcani, per arrivare fino al ricco mercato occidentale. Un processo che la Coalizione internazionale militare della NATO impegnata in Afghanistan fino ad ora non sembra essere stata in grado di contrastare. Dall’Afghanistan, buco nero dell’instabilità dell’Asia centrale, proviene circa il 92% dell’eroina mondiale. Un commercio che invade l’Occidente ed i Paesi confinanti provocando una silente azione di disgregazione delle società locali con un incidenza di morti e di condannati all’oblio molto superiore a quelli conseguenti anche ad attentati importanti come quello dell’11 settembre 2001. Un esempio fra tutti. Nella vicina Russia sono stimati circa 30mila morti ogni anno per tossicodipendenza, con un danno per l’economia stimato in 54 miliardi di dollari. A questi si aggiungono i milioni di consumatori che non muoiono ma che sicuramente non possono rappresentare per il futuro un punto di riferimento per lo sviluppo socio economico del Paese. L’eroina afgana non invade, però, solo la Russia, ma dilaga in tutto il mondo percorrendo tre strade. Una attraverso i Balcani che dopo aver attraversato l’Iran e la Turchia raggiunge l’Italia ed il Centro Europa. Una seconda a nord, conosciuta anche come “la Via della Seta” ed infine il percorso meridionale, che passa attraverso il Pakistan, l’India e poi, via mare, raggiunge tutto il mondo. Un flusso di sostanze stupefacenti immenso cui si aggiunge il narcotraffico proveniente dalla Colombia, dalla Repubblica Dominicana, dalla Guinea-Bissau e dalla regione subsariana africana. Un fenomeno in costante crescita che fortunatamente, anche se in ritardo, ha però iniziato ad attirare l’interesse dei “Grandi del mondo”. Il capo dell’Ufficio per le politiche antidroga di Washington Gil Kerlikowske recentemente ha dichiarato la volontà USA di avviare un immediato e significativo impegno nella lotta al narcotraffico, riconoscendo di fatto che fino ad ora le forze militari in Afghanistan hanno fatto poco. Kabul, infatti, è sempre stata e rimane tuttora la ‘capitale’ mondiale per la produzione di oppiacei. 7.500 tonnellate nel 2009 che si stima raggiungano 8.200 tonnellate nel 2010. Un vero e proprio potenziale con effetti terroristici spalmati nel tempo, in grado di minare l’integrità psitica e fisica delle società progredite e nello stesso tempo di garantire ingenti risorse economiche per sostenere i terroristi non solo afgani e per assicurarsi la connivenza della criminalità organizzata, indispensabile riferimento logistico per le cellule terroristiche sparse nel mondo. La coscienza internazionale sembra che si sia accorta di questa minaccia e per primi Russia ed USA hanno sottoscritto un protocollo bilaterale per avviare un impegno congiunto nel contrasto del narcotraffico e per creare legittime alternative alle economiche locali oggi basate sulla produzione e commercio di droga. Negli ultimi mesi, anche il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sta dimostrando un precipuo interesse al problema con un’attenzione più evidente rispetto al passato, impegnando la propria Agenzia UNDOC (United Nations Office o Drugs and Crime) non solo sul piano operativo ma anche su quello politico. Un primo atto significativo alla fine dello scorso anno. L'8 dicembre 2009, in occasione del dibattito tematico sul tema "Pace e sicurezza in Africa: traffico di stupefacenti come una minaccia alla sicurezza internazionale", organizzato dal Burkina Faso, i membri del Consiglio hanno sottolineato l'importanza di rafforzare la cooperazione transnazionale per arginare il problema globale del traffico di droga, riconoscendo il pericolo che rappresenta per le democrazie mondiali. Una minaccia silenziosa che deve essere affrontata attivando una cooperazione multilaterale che sia in grado di debellare questo macro fenomeno in continua crescita e destinato ad annullare lo sviluppo planetario e quindi la pace e la sicurezza globale.

25 febbraio 2010

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