giovedì 11 marzo 2010

Afghanistan ed Iran

In Afghanistan è confermata la volontà del presidente Hamid Karzai di avviare un piano di azione per il reinserimento dei combattenti ribelli nella società e di voler proseguire nel negoziare accordi con i talebani, preannunciando una conferenza di pace che sarà svolta il prossimo mese di aprile (Associated Press). Intendimenti politici espressi con precedenti dichiarazioni ripetute più volte dall’inizio dell’anno e confermate dal noto meeting alle Maldive svolto fra rappresentanti del governo di Karzai ed esponenti talebani. Con questi presupposti è stata convocata per il 29 aprile la Loya Jirga afgana (il Grande Consiglio) che affronterà il tema della pace coinvolgendo 1400 anziani in rappresentanza del popolo, data ufficializzata dallo stesso Presidente Karzai in occasione di un incontro ufficiale con il segretario alla Difesa Usa Robert Gates. I Talebani, però, non sembrano voler contribuire ad accelerare il processo di pace e continuano a combattere pur con diverse strategie rispetto al recente passato. Quasi contemporaneamente all’annuncio di Karzai della conferenza di pace, gli insorti nella Provincia di Baghlan a nord est del Paese hanno cercato di conquistare potere espugnando diversi villaggi e catturando circa 70 membri dell’Hezb-e-Islami, combattenti del signore della guerra Gulbuddin Hekmatyar, già alleato di Al Qaeda ed attualmente sulla lista nera del terrorismo delle Nazioni Unite. Gulbuddin Hekmatyar, uno spietato comandante mujaheddin che ha combattuto i sovietici e che nei primi anni ’90 ha partecipato alla guerra civile afgana. Personaggio da sempre vicino all’Intelligence del Pakistan e quasi sicuramente non inviso all’Iran al punto che quando i combattenti talebani del Mullah Omar nel novembre 1994 gli ordinarono di sciogliere le proprie milizie dopo che aveva bombardato Kabul, fuggì in Iran per rientrare in Afghanistan dopo l’11 settembre ed allearsi con i talebani contro le truppe straniere. Sicuramente i Talebani sono preoccupati dalle operazioni in corso ad Helmand che potrebbero rappresentare una prova generale per un definitivo assalto in grande stile di Kandahar, l’antica roccaforte dei ribelli. Cercano, quindi, di conquistare altre posizioni che conferiscono loro una certa competitività quando e se chiamati a trattare la pace. A Marjah l’attacco dell’esercito afgano affiancato dagli americani sta avendo successo e come riferito da fonti ufficiali della NATO piccoli gruppi di combattenti si arrendono ed appartenenti ad Al Qaeda fuggono verso il Kashmir indiano. Le azioni terroristiche in ogni caso non diminuiscono. Nell’arco dell’ultima settimana numerosissimi gli attentati effettuati a macchia di leopardo. Un soldato della Gran Bretagna è stato ucciso da un'esplosione, mentre era di pattuglia a piedi, episodio che conferma ancora disponibilità di mine e di IED efficienti. Nella città orientale di Khost, la polizia afgana sostenuta dalle truppe americane ha ucciso due uomini armati che hanno fatto esplodere una bomba ferendo un funzionario di polizia e un soldato dell'esercito afgano. Sempre a Kost, forze internazionali hanno avuto scontri con gruppi di insorti proprio davanti al palazzo del governatore e due attentatori suicidi si sono fatti esplodere nella città. Nella provincia nord occidentale di Badghis 13 afgani sono stati uccisi dall’esplosione di tre IED posti su una strada. Altre cinque persone dell’organizzazione umanitaria cristiana “World Vision” sono state uccise per un attacco suicida nella provincia orientale afgana di Patika. Il 9 marzo le forze di sicurezza afgane hanno scoperto un grosso deposito di armi a Faizabad, capitale della provincia di Badakhshan, area del nord-est dell'Afghanistan fino ad ora pacifica. Viene riportato che vi fossero immagazzinati 296 colpi di mortaio, 108 spolette di mortaio, 23 proiettili di artiglieria, nove scatole di munizionamento per mitragliatrice pesante e spolette per munizionamento di medio calibro. Altro segnale che insieme all’azione svolta nella Provincia di Baghlan, dimostra come i militanti talebani minacciati da una sconfitta a sud, cercano di posizionarsi nelle province settentrionali dell'Afghanistan finora assolutamente pacifiche. Avvenimenti che allontanano i presupposti per trattative di pace affidabili e indicano come i Talebani il 29 aprile prossimo vogliano presentarsi come una struttura che ancora può chiedere prima di rendersi disponibile a trattare la pace, auspicando anche in una “benedizione” iraniana. Non casualmente, è arrivato a Kabul il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad subito dopo il Segretario alla Difesa USA Robert Gates. Segue la prima visita avvenuta nell’agosto nel 2007 e restituisce quella di Karzai a Teheran nel maggio del 2009, confermando i crescenti interessi iraniani in Afghanistan. Le Agenzie di stampa informano che durante gli incontri ufficiali, il Presidente iraniano ha dichiarato che “gli Stati Uniti sono i veri responsabili della creazione dei terroristi che loro stessi ora combattono in Afghanistan e la NATO non può portare la pace”. Karzai non ha né commentato né sconfessato le affermazioni di Ahmadinejad, piuttosto durante una conferenza stampa ha espresso parole di plauso, come “Speriamo che la nostra nazione sorella, l’Iran, lavori con noi per portare la pace e la sicurezza in Afghanistan, così che entrambi i Paesi saranno al sicuro”. Immediatamente dopo il presidente afgano Hamid Karzai si è recato in visita in Pakistan per chiedere, con ogni probabilità, un appoggio politico nei colloqui con i talebani ed anche forse per ottenere l’estradizione del comandante talebano Mullah Abdul Ghani Baradar, recentemente catturato dalla sicurezza pakistana e possibile oggetto di future trattative con i Talebani. In conclusione, nella regione iniziano a configurarsi nuovi scenari in cui sono emergenti il ruolo che l’Iran si è costruito negli anni anche appoggiando dall’esterno una parte di Al Qaeda e quello del Pakistan, Nazioni pronte a sostituirsi alla presenza occidentale. Un’altra tessera che si va ad aggiungere al mosaico appena abbozzato dopo gli accordi di qualche settimana fa fra Siria ed Iran, in particolare per quanto attiene al libero transito delle persone e delle merci. Accreditati analisti fra cui Theodore Karasik, direttore della divisione di analisi militare presso il Dubai-based Institute considerano, infatti, la visita di Mahmoud Ahmadinejad come un primo passo dell’Iran per cercare di assurgere a “potenza regionale ", utilizzando l’Afghanistan come uno dei possibili “hot spot”.
11 marzo 2010

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