giovedì 27 maggio 2010

L’ISI e le vicende afgane

La coalizione internazionale della NATO si prepara all’offensiva di Kandahar che dovrebbe portare alla definitiva sconfitta dei Talebani, costringendoli al tavolo della pace, mentre l’ombra dell’ISI (Inter Service Intelligence) ritorna ad incombere sui fatti afgani. L’ISI, struttura di Intelligence molto efficace, radicata anche in varie parti del mondo, ha giocato un ruolo importante sull’avvento dei Talebani e sul loro consolidamento in Afghanistan ed ha sempre guardato con interesse alle vicende afgane in particolare per quanto attiene alle rivendicazioni territoriali dell’Afghanistan nei confronti del Pakistan. I Pasthun afgani, infatti, hanno sempre accampato diritti di sovranità sui territori della Provincia pakistana del Nord-Ovest e non hanno mai accettato che quest’area abitata dalla loro etnia maggioritaria in Afghanistan, facesse parte dell’odierno Pakistan. Questa linea di confine è stata sempre oggetto di tensione tra Afghanistan e Pakistan e continua ad esserlo coinvolgendo direttamente i leader nazionalisti pashtun che risiedono in entrambi gli Stati, molti dei quali gestori dei commerci illegali di armi e droga. L’ISI, peraltro, non ha mai abdicato al ruolo di essere “uno Stato nello Stato” mantenendo alto l’interesse verso l’Afghanistan sfruttando ogni occasione, dal ritiro dell’Armata Rossa e dal successivo disinteresse statunitense per l’area, per favorire l’insediamento a Kabul di un governo “amico”, che potesse opporsi e neutralizzare definitivamente le spinte nazionalistiche pashtun anche facendo leva sul radicalismo religioso dei Talebani e controllando attraverso i Signori delle Aree Tribali i traffici commerciali verso tutta l’Asia Centrale. In questo momento, con elevata probabilità, i vecchi responsabili dell’ISI in parte allontanati dalla struttura dal nuovo Governo pakistano, stanno rivitalizzando i link del passato coinvolgendo insieme ai Talebani delle aree nord ovest del Paese i movimenti politici che rivendicano un Kashmir islamico a svantaggio dell’India. Il 25 maggio l’Afghanistan ha accusato il Pakistan di aver pianificato ed attuato con la regia dell’ISI l’attacco kamikaze contro l'ambasciata indiana e l'agguato terroristico della scorsa settimana che ha provocato la morte di sei soldati della NATO, di cui quattro colonnelli. L'accusa è stata rivolta attraverso la stampa locale da un portavoce dell'intelligence afgana, Saeed Ansari, che ha anche annunciato l'arresto di sette persone sospettate di essere gli organizzatori dei fatti, precisando che tutto è stato pensato e preparato nelle Aree Tribali pakistane a ridosso della frontiera afgana, utilizzando esplosivi ed altri materiali prodotti in Pakistan. Ansari ha anche affermato che il “gruppo di fuoco” è stato addestrato da personale dell’ISI secondo un modello consolidato negli anni ottanta, quando rifugiati afgani rientrando nelle terre di origine diventavano i protagonisti della guerra civile scoppiata in Afghanistan dopo l’uscita dei sovietici e che negli anni novanta avrebbe consentito ai Talebani di consolidarsi a Kabul. I sette presunti terroristi catturati avrebbero legami con i leader talebani afgani attualmente nascosti in Pakistan e sono ritenuti anche responsabili dell’attacco terroristico ad un albergo di Kabul in occasione del quale morì, fra l’altro, un funzionario dell’intelligence italiana. Terroristi responsabili pure di un agguato ad un convoglio della NATO e ISAF nei pressi del ministero della difesa afgano avvenuto sempre la settimana scorsa a Kabul. Altri segnali di un possibile coinvolgimento di esponenti dell’ISI arrivano dal sud del Paese, dalla regione di Kandahar dove da qualche settimana i Talebani compiono azioni terroristiche contro gli afgani che lavorano per gli stranieri o per il governo e, recentemente, anche contro le truppe della NATO bersaglio del lancio di razzi sulla base di Kandahar che ha provocato molti feriti fra i soldati e la popolazione. Episodi che evidenziano una crescita operativa dei Talebani che ormai dispongono anche di razzi di media portata che si vanno ad aggiungere al loro potenziale bellico classico; gli IED, i kalashnikov ed i lanciarazzi RPG7. Uno scenario che si ripresenta in quelle zone dopo la resistenza contro i sovietici e, successivamente, quando da Peshawar - Capitale della North West Frontiere, sede della più importante università islamica del Pakistan, di centinaia di madrasse e della più importante struttura dell’ISI - i rifugiati partivano dai vari campi profughi disseminati lungo la strada del Kyber Pass per raggiungere l’Afghanistan e combattere la jahad, dopo aver frequentato brevi periodi di formazione presso basi militari pakistane, fra cui il campo di Risalpur. Forse stiamo assistendo ad un ritorno al passato che deve essere attentamente monitorato cercando di relazionare fra loro i vari episodi che avvengono nelle diverse parti dell’Afghanistan, per evitare che i Talebani attraverso forme di guerra asimmetrica possano conquistare un maggiore potere contrattuale, quando saranno chiamati a partecipare al tavolo della pace. Un rischio che la comunità internazionale non può correre in quanto vanificherebbe gli sforzi economici ed il sacrificio di vite umane che fino ad ora sono stati sostenuti per raggiungere la pace in Afghanistan. In questo contesto, gli analisti occidentali ed in particolare quelli americani e lo stesso Presidente Obama dovrebbero valutare con cautela il benché minimo episodio, evitando frettolose, semplicistiche ed ottimistiche conclusioni. Quelli che potrebbero essere catalogati, infatti, come “atti di quotidiano terrorismo di strada” potrebbero, invece, essere stati organizzati e gestiti da lontano, ed avere nel medio termine conseguenze di vasta portata e difficili da immaginare. Tutto questo non dimenticando mai la valenza delle realtà culturali e tradizionali di quelle terre dove, nonostante tutto, i pasthun pakistani sono fratelli di quelli afgani molti dei quali militanti nelle file dei Talebani e lo stesso Presidente Karzai è un pasthun. Sottovalutare queste realtà e non considerare con la dovuta attenzione il fatto che i Talebani si stanno avvicinando geograficamente sempre più ad Islamabad, potrebbe portare ad instabilità interna nel Pakistan, dalla quale vecchie strutture dell’ISI potrebbero trarne vantaggio a favore delle flangie più estremiste, favorendo un’escalation militare contro l’India per le vicende del Kashmir ed innescando con conseguenze pericolosissime per la stabilità di tutta la regione asiatica e del mondo intero.

27 maggio 2010


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