mercoledì 15 settembre 2010

Le origini di Al Qaeda

L’anniversario dell’11 settembre a nove anni dall’attentato alle Torri Gemelle accompagnato dalle insulse prese di posizione dei predicatori americani propugnatori di una cristianità intollerante, fa riemergere preoccupazioni in tutto il mondo per il rischio di un risveglio di Al Qaeda. Un incitamento alla rivolta quello che arriva dagli Stati Uniti che sta innescando la caccia al cristiano fra le minoranze sparse nel mondo. Se simili personaggi non saranno “oscurati” la lotta al terrorismo sarà destinata a non finire mai. Piuttosto è evidente come Al Qaeda stia cercando di espandersi oltre i confini dell’Afghanistan e dell’Iraq e stia arrivando in Corno D’Africa ed in Yemen a ridosso del Golfo di Aden. Una conferma che il gruppo terroristico è ancora in grado di operare attivamente e che sta connotandosi come un’organizzazione globale, agevolata in questo dall’iniziale sottovalutazione delle grandi potenze Occidentali. Quanto accaduto l’11 settembre 2001 ha scosso l’immaginario collettivo a livello internazionale perché avvenuto improvvisamente ed ha proposto inaspettatamente al mondo l’esistenza di un certo Osama Bin Laden che, nascosto in una grotta in Afghanistan, aveva gestito 19 terroristi suicidi che erano riusciti a realizzare il primo grande attentato della storia del mondo. Ma Osama era noto fin dalla resistenza dei mujahadeen afgani sviluppata negli anni ’80 contro l’invasore sovietico, in quel periodo “usato ed aiutato” da strutture di Intelligence americane, francesi, iraniane, marocchine, che ne fecero un leader di primo ordine in un teatro strategicamente importantissimo per il futuro del mondo. Proprio in quegli anni, Zbigniew Brzezinskilk, famoso politologo di nazionalità polacca ed emigrato negli USA durante la Seconda Guerra Mondiale, esprimeva per l’appunto la sua preoccupazione che "Un arco di crisi si estende lungo le coste dell'Oceano Indiano, con le fragili strutture sociali e politiche in una regione di vitale importanza. Il caos politico risultante potrebbe essere riempito da elementi ostili ai nostri valori". L'area critica si estendeva dall'Indocina al sud Africa, dal subcontinente indiano alla Turchia, ed a sud, attraverso la Penisola Arabica, versoi il Corno d'Africa. In quegli stessi anni anche la rivista del “Council on Foreign Relations” confermava l’importanza dell’area affermando che "Il Medio Oriente costituiva un nucleo centrale la cui posizione strategica era incomparabile. L'ultima grande regione del mondo, direttamente adiacente all'Unione Sovietica, che conservava nel suo sottosuolo circa i tre quarti delle riserve mondiali accertate di petrolio e luogo dove maggiormente era radicato il nazionalismo arabo”. La situazione politica favorì quindi la scelta di Osama che fu fatto rientrare in un più ambizioso progetto di intelligence internazionale gestita dal Safari Club, fondato il 1 settembre del 1976 dal capo dei servizi segreti francese SDECE ed a cui aderirono immediatamente Arabia Saudita, Francia e Egitto, seguiti nel tempo da molte Nazioni dell’Africa settentrionale. In quegli anni il gruppo operava soprattutto in Africa e Medio Oriente e nel 1979 ebbe un ruolo molto importante nel trattato di pace USA - egiziano - israeliano. Il ruolo del Safari Club risulterà fondamentale per la resistenza dei mujaheddin afgani contro l’invasore sovietico, la cui vittoria, peraltro, rappresentò un significativo passo per accelerare i tempi della caduta del muro di Berlino. Le iniziative politiche furono seguite immediatamente da quelle di natura economica e molte banche occidentali iniziarono a stringere accordi con l’Arabia Saudita i cui “fondi sovrani” potevano rappresentare significative riserve di danaro liquido da investire sui mercati internazionali. Bin Laden appartenente ad una famiglia di ricchi imprenditori sauditi, laureato a Londra e figura emergente del mondo arabo trovò ampi spazi di manovra in questa realtà e dimostrò immediatamente l’intelligenza di sfruttarla avviando una strategia di lungo termine. Contemporaneamente, in Afghanistan crollava per mano di fondamentalisti islamici il governo filo comunista retto da Taraki inducendo l’Unione Sovietica ad accelerare la già programmata invasione del Paese. Alla vigilia di Natale del 1979 l’Armata rossa entrò nel paese scatenando la resistenza dei mujahadeen, appoggiata dalla CIA, dall’ISI pakistano e dalla stessa Arabia Saudita patria di Osama il quale iniziò a garantire ai ribelli consistenti risorse economiche. Poco a poco con l’aiuto delle importanti strutture di intelligence mondiali fu costituita in Afghanistan una vera e propria legione straniera di musulmani jihadisti, i cosiddetti afgani arabi che poi avremmo ritrovato in tempi recenti in Iraq. In quegli anni e fino al 1992 più di 100.000 militanti islamici furono addestrati in Pakistan in campi supervisionati dalla CIA e dallo MI6, con la SAS (forze speciali britanniche) per la formazione di esperti nella fabbricazione di bombe e di operazioni militari “mascherate”, futuri combattenti talebani che confluirono ben presto in Al Qaeda e che compariranno poco dopo anche sugli scenari bellici dei Balcani. La vittoria dei mujahadeen contro l’invasore sovietico che abbandonò l’Afghanistan nella primavera del 1989, non riuscì a stabilizzare politicamente il paese, piuttosto favorì l’emergere di fazioni tribali gestite dai cosiddetti “Signori della Guerra”, molti ex capi della resistenza interessati più alla spartizione del potere piuttosto che a favorire l’uscita degli afgani dal Medioevo. Personaggi che durante la guerriglia si erano arricchiti con il commercio della droga coltivata lungo le umide rive del fiume Kabul. La situazione interna ben presto diventò ingestibile, Osama ed Al Qaeda iniziarono a amministrare il Paese con la connivenza di gruppi estremistici locali insieme a giordani, iraniani ed egiziani, consegnando ben presto Kabul agli studenti islamici. Nel 1990, Osama Bin Laden dalle montagne di Tora Bora iniziò ad organizzare la struttura operativa creando, anche, una forza aerea ombra destinata a sostenere le sue attività terroristiche. Lo fece utilizzando la compagnia aerea nazionale afgana, l’Ariana. che fu rinforzata da vecchi velivoli militari americani e da jet charter ceduti da paesi ombra, non ultimi il Sudan e la Somalia. Con i voli di Ariana per più di quattro anni furono traghettati in Afghansitan militanti islamici, armi, denaro e oppio attraverso i cieli degli Emirati Arabi Uniti e del Pakistan. Parte dei voli furono anche impegnati per trasportare i comandanti ed istruttori militari di Al Qaeda in Sudan con lo scopo di addestrare i somali che in quegli anni si opponevano al Contingente militare della Forza Multinazionale ONU, impegnata in Somalia per il mantenimento della pace. Al Qaeda cresceva e la situazione sfuggiva, di fatto, agli americani ed a tutto il mondo occidentale, favorendo anche se "involontariamente" la crescita di Bin Laden e la sua lotta terroristica contro l’Occidente. In questo contesto, significativo il ruolo dell’Intelligence pakistana (ISI) che favorì l’insediamento di strutture di Al Qaeda nelle Aree Tribali prospicienti al confine con l’Afghansitan con lo scopo, almeno ufficiale, di garantire sicurezza indiretta ad Islamabad. Anche in questo caso, però, Bin Laden e la nomenclatura di Al Qaeda hanno dimostrato e stanno confermando la capacità di saper gestire con fantasia ed efficacia la loro “dominanza” arrivando ormai da tempo a minacciare Islamabad ed il mondo intero con la proiezione sugli scenari internazionali di “Talebani pakistani”. Ricorsi storici di Al Qaeda che dovrebbero indurre a pensare contromisure di carattere particolare e puntuale per evitare che un giorno si ripetano attentati come quelli delle Torri Gemelle, anche con il possibile rischio dell’uso di “bombe sporche”.
15 settembre 2010












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