lunedì 11 aprile 2011

AL Qaeda si avvicina al Mediterraneo

Gli avvenimento contemporanei in Africa Settentrionale, in Medio Oriente, in Afghanistan ed in Pakistan inducono a pensare che sia in atto una riorganizzazione di Al Qaeda sul piano globale. La comunità internazionale è concentrata sulle vicende del mondo arabo, mentre gli uomini di Bin Laden tornano a colpire in Afghanistan e in Pakistan. Una ripresa cruenta che coinvolge principalmente l’Afghanistan, da sempre lo scenario più favorevole a Bin Laden, dove nell’ultima settimana sono aumentati gli attacchi terroristici in molte aree del Paese e nella stessa Kabul. Oggi l’ANSA informa che i talebani progettano, anche, la realizzazione di basi permanenti nelle montagne della provincia orientale del Nuristan, immediatamente a ridosso del confine con il Pakistan. Lo ha reso noto il governatore Jamaluden Badar che teme grossi problemi di sicurezza nella nevralgica provincia afgana del Nuristan, se la situazione non sarà rapidamente affrontata da Karzai. Fonti giornalistiche USA riferiscono anche dell’esistenza di nuovi campi di addestramento realizzati nel distretto di Konegharv a nord est del Paese, confermando che da almeno sei mesi Al Qaeda si sta riorganizzando approfittando di un certo rallentamento di attenzione della NATO. Anche nel nord - ovest del Pakistan, è in corso un riassetto delle forze eversive di Al Qaeda. Nel Waziristan settentrionale, 350 kamikaze si stanno addestrando come precisato da Umar Fidai, un attentatore superstite dell’attacco suicida attuato recentemente contro il tempio sufi di Saki Sarwar a 45 km Dera Ghazi Khan ai confini del Pakistan con l’India. Una situazione che comincia a preoccupare anche governi occidentali ed il primo ministro inglese Cameron la scorsa settimana si è recato ad Islamabd accompagnato da Sir John Sawer responsabile dell’M16 (l’intelligence britannico) e si è impegnato a fornire un supporto tecnico dell’M16. L’accordo prevede di organizzare a Peshawar una scuola di formazione per gli apparati di sicurezza pakistani, alla stessa stregua di quanto avvenne fra il 1987 ed il 1989 per appoggiare la resistenza afgana contro l’invasore sovietico. Bin Laden sicuramente segue con attenzione ciò che sta avvenendo in Africa settentrionale, attraverso le sue cellule presenti da tempo nel Maghreb ed in Cirenaica. Nuclei che già in passato hanno alimentato la jihad contro l’Occidente reclutando volontari libici come è stato scoperto da un Data Base scaricato da un computer portatile di un certo Sinjar, leader di Al Qaeda ucciso nel 2007 ai confini della Siria con l’Iraq. Fonti ufficiali americane riferiscono che in Libia sono state individuate varie tracce della presenza di Al Qaeda a favore dei ribelli. Combattenti quaedisti impegnati a fianco degli insorti, in particolare come istruttori e strutture vicine all’organizzazione terroristica, che dall’Egitto e dal Tchiad riforniscono di armi i rivoltosi. Lo stesso Mustapha Gherani, portavoce del Governo provvisorio, ha ammesso la presenza di costoro indicando due esponenti di spicco della rete terroristica impegnati nella formazione dei ribelli. Mujaheddin in possesso di consolidata e pregressa esperienza maturata nei vecchi campi di addestramento afgani, come un certo Sufyan Ben Qumu vicino a Bin Laden fin dai tempi del Sudan e reduce da Guantanamo dopo una permanenza di quasi sette anni. Altri segnali giungono dall’Egitto confermando che forse elementi fondamentalisti si stanno consolidando nell’area iniziando ad infiltrare la piazza ed a rivitalizzare i moti rivoluzionari. Il governo transitorio egiziano dimostra una certa preoccupazione ed ha iniziato a riavvicinarsi a Paesi arabi coinvolti dall’onda rivoluzionaria. Recente la visita a Damasco del Generale Mohammed Muafi, responsabile dell’intelligence egiziana, che ha incontrato il presidente siriano Bashar al Assad per rinsaldare le relazioni siro - egiziane “nell'interesse dei due popoli fratelli e di tutti gli arabi”, come riferito da una nota ufficiale dei due governi. Una Siria dove proprio in questi giorni la repressione della rivolta sta provocando centinaia di morti, mentre la Comunità internazionale sembra non accorgersene perché troppo impegnata a garantire i diritti e la sicurezza della popolazione civile libica, seppure con l’uso delle armi. L’intero Medio Oriente potrebbe incendiarsi se il regime siriano cadesse, aprendo un varco all’espansione ed al radicamento di Al Qaeda come avvenuto alla fine degli ’80 in Afghanistan quando l’Occidente assicurò un incondizionato e non controllato sostegno politico e militare alla resistenza afgana creando, di fatto, le premesse per l’insediamento dei Talebani e di Bin Laden. Oggi, una non attenta gestione del problema libico e nord africano in generale, potrebbe favorire Al Qaeda che in breve tempo arriverebbe sulle coste africane del Mediterraneo ed al Golfo di Aden passando da Suez. . 11 aprile 2011, ore 17.30

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