lunedì 22 agosto 2011

L’autunno caldo arabo è alle porte

Come era prevedibile i risultati delle “primavere arabe” non sono stati finora rispettati e si inizia a subirne gli effetti. I manifestanti che hanno portato alla caduta di Mubarak e di Bel Alì vedono, infatti, allontanarsi sempre di più la possibilità di raggiungere gli obiettivi che erano stati loro promessi, con la garanzia affrettata di tutto l’Occidente ed in particolare dell’Europa non preparata a valutare con attenzione ciò che avveniva a ridosso dei propri confini meridionali. In queste ore si avvicina sempre di più anche la fine di Gheddafi ed un altro Governo provvisorio, anche esso affrettatamente riconosciuto da molte Cancellerie occidentali, si accinge a prenderne il posto per gestire la stabilità di un Paese che si è sempre riferito agli equilibri tribali, piuttosto che ad una coesione nazionale consolidata. Non è certo, quindi, che alla popolazione libica, ormai dissanguata da sei mesi di guerra civile, potrà essere garantita con immediatezza quella democrazia in nome della quale i giovani di Bengasi sono scesi in piazza contro il Rais. E’ sicuro, invece, che tutte le popolazioni islamiche protagoniste della primavera araba sulle sponde del Mediterraneo, dovranno convivere con un periodo, anche lungo, di instabilità, di cui potrebbero approfittare forze eversive come Al Qaeda od altre organizzazioni terroristiche emergenti. Gli attentati avvenuti nel Sinai il 18 agosto dimostrano che l’eventualità di una nuova minaccia non è lontana dal trasformarsi in realtà. Un pericolo molto simile a quello vissuto alla fine degli anni ’90, quando nel 1997 furono sferrati feroci attacchi a Luxor nella Valle delle Regine contro le comunità occidentali presenti nell’area. Gli avvenimenti di questi giorni avvenuti nella Penisola del Sinai dimostrano che l’Egitto del post Mubarak ha perduto il controllo di questa importantissima fetta di territorio egiziano. Un’area geografica di elevata valenza strategica per la sicurezza di Israele, la stabilità Medio Orientale, e prospiciente al Golfo di Aden, attraversato quotidianamente dal flusso energetico diretto verso il Mediterraneo. L’intelligence egiziana non è stata in grado di prevenire gli eventi nonostante che Gerusalemme da tempo segnalasse il costate aumento del controllo dell’area da parte delle tribù di beduini, molto vicini all’eversione araba ed alla stessa Hamas, ed avesse rappresentato il pericolo che intorno a costoro potessero coagularsi gruppi della resistenza popolare egiziana. Gruppi storicamente molto vicini ideologicamente ad Al Qaeda e sostenuti economicamente e militarmente da Teheran. Cellule che,oggi, sicuramente possono fare riferimento anche al nuovo capo di Al Qaeda, l’egiziano Ayman Al-Zawahiri, che, attraverso costoro, potrebbe vedere realizzato il suo sogno politico di distruggere lo Stato egiziano che l’ex Presidente Mubarak aveva avvicinato all’Occidente e ad Israele. Ma i segnali preoccupanti non si fermano al solo deserto del Sinai. Il Presidente siriano Assad seguita a non mantenere le sue promesse per un cambiamento democratico del Paese e continua a reprimere con la forza le dimostrazioni di piazza, fiducioso della protezione della Russia pronta a sottolineare nelle Sedi ufficiali la scarsa efficacia politica delle dichiarazioni del Presidente Obama sulla situazione di Damasco. Anche dallo Yemen arrivano segnali preoccupanti. Una serie di nuovi attentati sta sconvolgendo il Paese e fonti ben informate della CIA parlano di un risveglio dell’eversione jihadista presente nel Paese che sembra stia preparandosi ad effettuare attentati con l’utilizzo di bombe sporche. E’ stato, infatti, accertato, che alcune cellule eversive di Al Qaeda attive nello Yemen stiano cercando di acquistare notevoli quantitativi di semi di ricino, sostanza che miscelata ad altre sostanze chimiche rappresenta la base per ricavare potenti aggressivi letali per l’uomo. Anche in Iraq è in atto un risveglio terroristico. Dal 15 agosto ad oggi una serie di attentati quotidiani ha provocato oltre 80 morti e più di 300 feriti. Avvenimenti che lasciano pensare ad una ripresa del terrore rivolto a colpire gli interessi Occidentali, coinvolgendo anche coloro che illusi dalle facili promesse delle manifestazioni di piazza dell’inizio dell’anno potrebbero trovare nell’estremismo eversivo il mezzo per affermare la propria identità sociale e politica. E’ certo che nei Paesi emergenti dalla primavera araba tutto ciò che era stato promesso presto e subito, difficilmente potrà essere garantito ed è anche intaccata l’efficienza delle strutture di intelligence che operavano sotto il controllo i Mubarak e Ben Alì. Anche la Libia si avvicina verso un periodo di indeterminatezza dopo che Gheddafi sarà definitivamente sconfitto ed è elevata la probabilità che, seppure temporaneamente, si crei una instabilità interna simile a quella dell’Iraq del post Saddam, sicuramente non favorevole alla popolazione. Un clima che potrebbe favorire il radicarsi di forze eversive nei principali Paesi dell’Africa mediterranea e del Corno d’Africa, a ridosso del Golfo di Aden, preparate ed organizzate per minacciare da vicino l’Europa e gli USA. Un pericolo che l’Occidente potrebbe avere difficoltà a contrastare con immediatezza ed efficacia, in un momento di criticità quale l’attuale, in quanto impegnato a fronteggiare la pesante crisi economica che, peraltro, potrebbe essere parte di un disegno eversivo a livello planetario.
22 agosto 2011 - ore 17.00

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