Studiare per 5
anni la grammatica latina ai tempi del liceo rappresentava una noia mortale, in
particolare quando si dovevano affrontare gli obblighi di una delle regole ripetitive,
quasi assillanti, quella riferita ai verbi “spero, promitto e iuro”,
assolutamente vincolanti nell’uso dell’infinito futuro nelle frasi subordinate.
Regola ossessiva caratterizzata
però da un significato logico da non minimizzare. Quando si desidera veramente
qualcosa, infatti, è coerente prima “sperare”,
poi “promettere” a se stessi di raggiungere l’obiettivo “giurando” di
impegnarsi per lo scopo.
Con ogni probabilità il dott. De
Mistura durante la Sua formazione scolastica ha avuto occasione di approfondire
questo concetto solo sotto il profilo lessicale. In questi 600
giorni di trattative con l’India per risolvere la vicenda di Massimiliano
Latorre e Salvatore
Girone ha continuamente promesso e sperato, ma senza risultati apprezzabili, confermando
che l’infinito futuro non esiste. E’ solo un’utopica speranza di chi pensa di fare
promettendo, senza disporre di elementi di riferimento certi.
Tutti noi ricordiamo le molte certezze
anche recenti del dott. De Mistura. “il processo si farà nel mese di settembre
e sarà breve”, “i Marò saranno a casa entro Natale”, ”farò di tutto perché ciò
avvenga”. Non ne conosciamo, però, le
oggettivazioni per cui sono e rimangono delle dichiarazioni di intenti.
Il dott. De Mistura continua a
promettere ai cittadini italiani con un piglio deciso. Sicuramente in perfetta
buonafede crede in quello che fa sperare, ma forse dimentica che il suo
interlocutore primario, l’India, ben conosce, per cultura e tradizione, la sottile arte della mediazione ed è pronta a
sfruttare a suo vantaggio le certezze del proprio interlocutore, specialmente
se impegnato a formulare speranze utopistiche con l’unico scopo di poter
affermare : “io prometto e faccio”.
Un interlocutore che come noto
agli indiani è vicino per pregresse attività ai pakistani ed agli afgani, i
primi sicuramente non alleati dell’India, e che sta dimostrando di avere
qualche difficoltà nel focalizzare l’essenza del problema.
Piuttosto è impegnato nel cercare
di dimostrare la propria expertise in una vicenda complessa e diversa da quanto
affrontato come Funzionario dell’ONU. Una trattativa differente da quelle
generalmente gestite secondo le procedure delle Nazioni Unite, quando quasi sempre uno dei due interlocutori
parte come vincente in quanto incaricato di
mediare nei confronti di chi è sofferente per carenza di risorse
politiche ed oggettive.
Un dott.
De Mistura, inviato speciale dell’Italia, che spera in continuazione, che promette da quasi
600 giorni di riportarci i ragazzi dopo un breve processo come ripetuto anche
recentemente, quando riferisce a Radio Anch’io, subito dopo Ferragosto, di “essere cautamente ottimista” su una rapida
soluzione della vicenda.
Promette
anche che “il suo messaggio a tutti i livelli alle autorità indiane era
chiarissimo. Ora aspetta la risposta del Governo Indiano, ricordando però che
<l’Italia ha tutto l’interesse> che gli altri quattro vengano sentiti, ma non in India”.
Una frase
perentoria, questa ultima, che forse sarebbe meglio non pronunciarla nel bel
mezzo di una fase di mediazione. Piuttosto, sarebbe stata, invece, più
appropriata ed opportuna all’inizio della vicenda, quando l’India ha iniziato a
prevaricare a danno dell’Italia il
Diritto Internazionale e quello pattizio.
Il dott.
De Mistura continua a sperare sul fatto che il processo potrebbe essere avviato
“in tempi brevi “entro la prima settimana di settembre e si dice “ottimista” ma nello
stesso tempo “cauto” sul rientro dei due Marò per Natale.
Annunci
immediatamente confutati dalla NIA che ribadisce di voler interrogare i
fucilieri Renato Voglino, Massimo Andronico, Antonio Fontana ed Alessandro
Conte. Una richiesta ufficiale formalizzata all’Italia dal Ministro degli
Esteri Syed Akbaruddin con una nota verbale. Un atto diplomatico formale che de
Mistura sembra continuare ad ignorare nel momento che seguita ad assicurare “è
escluso che i 4 fucilieri di Marina sia inviati a New Delhi a testimoniare”.
“non lo saranno - ha spiegato - perché si tratta fra l’altro di una decisione
presa in Italia a tutti i livelli, compreso il mio. Siamo fiduciosi (continua
quindi a sperare) di trovare un’altra soluzione”.
Anche
noi italiani vorremmo finalmente essere certi di qualcosa che giorno dopo
giorno diventa invece sempre più incerto. Un auspicio forse però lontano da
realizzare memori di quanto avvenuto il 21 marzo dopo che l’11 dello stesso
mese il dott de Mistura aveva annunciato alla Nazione che i Marò non sarebbero
rientrati in India a seguito di una decisione collegiale dei Ministri
interessati e con il beneplacito del Premier Monti.
La speranza
cade immediatamente il 5 settembre, quando da Delhi respingono le richieste
italiane ripetute in ogni momento da de Mistura e confermate dal Ministro della
Difesa Onorevole Mauro su possibili opzioni alternative per sentire gli altri
quattro Marò in Italia e chiede con insistenza che costoro debbano recarsi in
India per essere interrogati. Il Governo indiano aggiunge anche che un
ulteriore diniego italiano potrebbe “mettere a repentaglio il futuro dei loro
colleghi imputati”.
Il
processo di allontana. Le grandi mediazioni poste in essere dall’italo svedese
dott. De Mistura stanno dimostrando di essere inefficaci. Forse si è perso
tempo nello sperare e nel promettere senza disporre di elementi certi per farlo,
con la presunzione di essere maestri di diplomazia. Convinzione di fatto molto
pericolosa perché sicuramente ha portato a sottovalutare i nostri interlocutori
indiani con le conseguenze a cui tutti assistiamo.
In
questi 600 giorni, invece, gli indiani
hanno sicuramente dimostrato una “saggezza”
nella gestione delle vicende altrimenti sconosciuta agli interlocutori
italiani capaci solo di “sperare, promettere e giurare” dimenticando che
“l’infinito futuro” non è certezza, ma rappresenta solo un auspicio spesso
difficilmente raggiungibile.
Roma 6
settembre 2013, ore 15,00
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