giovedì 12 dicembre 2013

I non risultati della “Secret diplomacy” italiana

In tempi lontani Kissinger inventò la formula della “secret diplomacy” per riallacciare i contatti degli USA con la Cina. Approccio ripreso recentemente da Obama per l’accordo nucleare con l’Iran, una vittoria rara per lo stile di Obama ma un esempio di diplomazia segreta che Kissinger avrebbe sicuramente apprezzato.

Anche in Italia qualcuno ha rispolverato vecchie reminescenze scolastiche di storia,  quando raccomanda la massima riservatezza nelle trattative con L’india per la vicenda dei due militari italiani ostaggio di Delhi da 22 mesi.

Ce lo consiglia  il Commissario Straordinario del Governo dott. Staffan de Mistura e con fermezza la Ministro degli Esteri Emma Bonino, ambedue però contraddetti dalle parole del Vice Ministro degli Esteri Lapo Pistelli che fin  del 25 settembre, ha dichiarato al Mondo: "…..All'inizio di quest'anno, l'Italia aveva una linea abbastanza incerta su come procedere. Si litigava sul tipo di giurisdizione, si era tentati di chiedere un arbitrato, si offriva un indennizzo ma ogni tanto si faceva la faccia feroce, in altri termini una gestione un po' zigzagante. Ora abbiamo rimesso la questione su un binario di certezza: scelta di una giurisdizione speciale, condivisa; regole da utilizzare in processo, condivise; nomina di un magistrato che ha tolto al Kerala la questione; avvio di un procedimento convenuto con le autorità indiane, che deve essere equo, in quanto sappiamo qual è la legislazione applicabile, e veloce, il che non vuol dire stabilirli adesso i tempi. All'indomani del giudizio, vi sarà un trattato tra le parti che permette comunque agli eventuali condannati di scontare la loro pena in Italia, nel paese di appartenenza. Siamo costanti e attenti con le autorità indiane e io dico che i due ragazzi torneranno a casa".

Un Vice Ministro che dimostra di non essere però coerente con la “diplomazia segreta” raccomandata dal suo Ministro, rivelandoci aspetti inquietanti su come la diplomazia italiana stia operando per risolvere  la vicenda dei due Fucilieri di Marina estradati in India il 22 marzo u.s. e ci rivela che l’Italia “condivide” una giustizia come quella indiana che prevede nel suo ordinamento la pena di morte.

Un’ammissione che preoccupa in quanto accompagnata dall’aver accettato che sia una Tribunale Speciale a giudicare due militari italiani sulla base di un’indagine affidata ad un’Agenzia investigativa indiana (National Investigation Agency NIA)  che, per mandato istituzionale, è "obbligata" a fare ricorso al 'Sua Act' (Convenzione per la repressione degli atti illeciti contro la sicurezza della Navigazione marittima) che prevede la pena di morte. Un vincolo statutario che impedisce alla NIA di svolgere indagini su fatti omicidiari, come ben specificato nell’atto costitutivo del 2008 dove fra i vari compiti non è riportato l’articolo 302 del codice penale indiano, che per l’appunto punisce il  reato di omicidio.

Un Vice Ministro che ci parla di “regole di ingaggio” concordate con l’India ma che non ci spiega perché sia stato rinunciato il ricorso all’Arbitrato internazionale per aver riassegnati i diritti di sovranità nazionale calpestati dall’India. In primis quello fondamentale della garanzia dell’immunità funzionale dovuta a  propri militari impegnati in funzioni istituzionali.

La situazione è quindi sempre più confusa e sicuramente non aiutata dalla riservatezza raccomandata dalla Responsabile della Farnesina peraltro superata da un suo Vice Ministro che propone uno scenario sicuramente non tranquillizzante accompagnato, invece,  da un approccio ottimistico del Commissario di Governo de Mistura.

Un contesto reso ancora meno chiaro dai motivi dell’azione censoria posta in essere nella pagina istituzionale della dottoressa Bonino, dove lo spazio dedicato ai nostri Fucilieri di Marina è stato chiuso e cancellato dopo appena 12 ore dall’apertura, annunciata peraltro da una delle più importanti agenzia di stampa italiane, l’ANSA.

Una decisione ancora non chiara e  che la Ministro nell’assoluto rispetto della riservatezza non ha mai cercato di motivare nonostante precipue richieste di molti italiani, taluni definitivamente proscritti dal poter esprimere commenti dissonanti con la gestione della pagina del social network della dottoressa Bonino ed altri definitivamente cassati perché non coerenti con “il segreto della diplomazia boniniana”. 

Noi, però, rispettiamo le regole della democrazia prima fra tutte la trasparenza fra Stato e cittadini e, quindi, proponiamo una  serie di articoli che forse potrebbero chiarire se, piuttosto,  dietro la riservatezza si nasconde uno scopo censorio per oscurare gli scarsi risultati fino ad ora raggiunti  (http://www.fernandotermentini.it/art.htm ), accompagnati da una  riproduzione di post estrapolati dalla pagina di FB  in questione,  raccolti sul Web a futura memoria (http://www.fernandotermentini.it/postbonino.htm).

Forse Kissinger condividerebbe la “secret diplomacy” di Obama, ma quasi sicuramente non apprezzerebbe l’interpretazione che ne viene data nel caso specifico  dalla dottoressa Emma Bonino, Ministro degli Affari Esteri della Repubblica Italiana.  

Fernando Termentini, 12 dic. 2013 - ore 10,00





Nessun commento: