L’articolo
2 della nostra Costituzione definisce nel particolare quelli che potremmo
chiamare gli obblighi dello Stato verso i cittadini. “la Repubblica garantisce
i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nella formazione sociale
ove si sviluppa la sua personalità e
richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica,
economica e sociale”.
Nei
confronti di Massimiliano
Latorre e Salvatore Girone chi era al momento dei fatti
responsabile della gestione dello Stato, probabilmente ha dimenticato i
contenuti del secondo articolo della Carta Costituzionale. Non ha, infatti,
garantito ai due Fucilieri di Marina il diritto inviolabile di ogni cittadino
di essere giudicato dal suo Giudice naturale pur essendoci tutti i presupposti
per farlo. Non ha, nemmeno, assicurato a
due militari il diritto dell’immunità funzionale riconosciuto dal diritto
pattizio ed applicato da quasi tutti gli Stati del mondo. Infine non li ha
sostenuti nemmeno come appartenenti ad una
formazione sociale vitale per qualsiasi Stato, quella dello status
militare, negando loro la solidarietà politica e sociale.
Ha,
invece, delegato ad uno Stato Terzo un diritto indebito, quello di giudicare
due rappresentanti dello Stato pur in assenza di certi ed inequivocabili
riferimenti probatori, come possibili prove od indizi a loro carico, accettando
di fatto che l’India oltraggiasse il più elementare diritto dell’uomo, quello
della negazione arbitraria della libertà personale.
Una serie di “dimenticanze” che ha portato i due Marò ad essere ostaggio dell’India da 26 mesi, costretti a subire una serie altalenante di situazioni certamente non semplici sul piano psicologico, coinvolgendo anche i famigliari.
“Una
serie di mancanze” che lo Stato attraverso i massimi rappresentanti istituzionali
ha commesso a danno di due cittadini italiani, disattendendo completamente il
citato articolo 2 della Costituzione ed
ad altre specifiche norme costituzionali ed afferenti il Codice Penale.
Il 15 aprile p.v. saranno trascorsi 780 giorni da quando Roma ha ceduto la propria sovranità nazionale delegando l’India a farlo per proprio conto, un’Italia che, invece, nel marzo 2013, attraverso una mirata ed attenta azioni diplomatica, aveva creato le premesse per applicare quanto previsto dal Diritto Internazionale e dalle Convenzioni del Mare.
In
quei giorni era stato deciso ai massimi livelli dell’Esecutivo di trattenere i
due Marò i Italia non facendoli rientrare in India come “ritorsione” nei
confronti di Delhi che ignorava le richieste italiane ufficializzate con tre “note verbali” con le
quali si chiedeva all’India di aprire un tavolo di trattative ed avviare
immediatamente un Arbitrato Internazionale.
Al contrario, improvvisamente e con l’alibi di dover “mantenere la parola data”, veniva annullata la decisione ed i militari riconsegnati a Delhi subendo anche un vero e proprio ricatto indiano che minacciava di togliere l’immunità diplomatica al nostro Ambasciatore Mancini. Una decisione improvvida le cui conseguenze sono sotto gli occhi di tutti, palesemente non determinata dall’obbligo di mantenere un impegno dato ma per difendere interessi economici non meglio chiariti, anche se chiaramente appartenenti a lobby di potere finanziario e politico.
Una
decisione che innanzi tutto rappresentava una palese omissione di quanto
prescritto dall’articolo 2 della Costituzione, nel momento che non sono stati garantiti
i “diritti inviolabili dell’uomo”, utilizzato, invece, come merce di scambio.
Il 22 marzo Massimiliano Latorre
e Salvatore Girone
furono riconsegnati all’India che pretendeva di indagarli e giudicarli per un
possibile reato per il quale l’ordinamento giudiziario indiano prevedeva la
pena di morte.
I due Fucilieri di Marina sono stati, quindi, riconsegnati dando corso ad “un”estradizione
processuale” , in contraddizione
con quanto prevede nello specifico la Costituzione
italiana
e l’articolo 698 del Codice di Procedura
Penale
che vieta l’atto quando la persona
interessata è destinata a subire un procedimento
penale
che non assicura i diritti fondamentali
della difesa
attraversi un’azione accusatoria basata su prove
certe
Una determinazione autonoma dell’Esecutivo, resa operativa
in assenza anche di valutazioni e decisioni giuridiche di un Tribunale italiano
ed assolutamente in contrasto con quanto sentenziato dalla Sez. VI il 10 ottobre 2008 n. 40283, dep. 28 ottobre 2008 affermando tra l’altro che “ai fini della pronuncia favorevole all’estradizione , è richiesta documentata sussistenza e la valutazione di gravi indizi ……”, indizi che l’India ancora non ha formalizzato.
Questi gli eventi prevalenti che hanno indotto a
parlare di “mancanze dello Stato” . Fatti e decisioni gestite dall’allora
Premier Monti, forse distolto da quelli che potremmo chiamare vincoli giuridici
perché impegnato “a fare di conto” e supportato nel suo processo decisionale da
Ministri dai curriculum altisonanti, ma forse proprio per questo, non sempre
idonei a comprendere la sofferenza degli altri.
Chi rappresenta lo Stato ai massimi livelli
ordinativi non può permettersi però di “non sapere” i vincoli imposti dalla nostra Costituzione o
interpretarli in “modo plastico” secondo
le circostanze. Nella vicenda specifica, invece, ciò è avvenuto interpretando
l’articolo 2 della Costituzione che
vincola lo Stato a determinati obblighi nei confronti dei propri cittadini e precipue
sentenze della Suprema Corte in tema di estradizione.
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