Una minaccia di cui
già parlammo in
precedenti analisi fin dal 2011 (http://fernandotermentini.blogspot.it/2011/09/allarme-in-libia-per-possibili-armi.html e http://fernandotermentini.blogspot.it/2011/10/residui-nucleari-e-gas-letali-in-libia.html) quando fonti
affidabili riportavano che durante la guerra civile libica, armi chimiche
erano state trafugate da arsenali del
regime di Muammar Gheddafi, che erano dislocati nelle province centrali e meridionali della Libia.
In quel momento se
ne appropriarono le "milizie" avversarie dell'esercito regolare
libico come riportato sul sito di Asharq Al-Awsat, autorevole quotidiano
panarabo con Sede a Londra. Il quantitativo trafugato in quel momento non era quantificato , ma
fonti militari libiche già
da allora riferivano al quotidiano
filo-saudita che in Libia esistevano
armi chimiche nascoste in luoghi
noti alle milizie lealiste ed anche ai ribelli vicini ai nuclei di Al Qaeda
insediati in Cirenaica che, durante la guerra civile, se ne erano impossessate insieme a tonnellate
di armamento convenzionale rivenduto poi a ribelli siriani.
Arsenali segreti, sepolti nel deserto libico, che potrebbero ora diventare preda dell’ISIS come, peraltro, sembra già stia avvenendo secondo fonti di stampa accreditate. Materiale che potrebbe essere utilizzato sia per attacchi su larga scala sia in attentati convenzionali utilizzando IED (Improvised Explosive Device) “sporchi”.
Aggressivi a suo
tempo realizzati nelle “fabbriche
farmaceutiche” opportunamente
dislocate da Gheddafi immediatamente a ridosso con il Tchiad e che producevano,
in particolare, iprite e gas nervino Sarin.
Parte di questo
materiale (Iprite) è già
entrato nelle disponibilità
dell’ISIS sempre come riferisce il molto informato quotidiano Asharq Al-Awsat,
trafugato da un deposito situato nel deserto del distretto di Jufra a circa 600 chilometri a sud
di Tripoli ed, ora, probabilmente trasferito a Misurata.
L'ISIS minaccia e si avvicina a Tripoli mentre l’Occidente continua a prendere tempo discutendo sulle possibili iniziative da prendere ed in Libia la situazione lievita consentendo alle truppe del Califfato di appropriarsi del pingue arsenale di Gheddafi ancora presente nel Paese, compresi gli aggressivi chimici ancora nascosti nel deserto libico e sicuramente noti ai beduini delle tribù della Cirenaica da sempre vicine all'estremismo eversivo di Al Qaeda.
Un pericolo reale come
lo stesso Consiglio Nazionale di transizione della Libia denunciava fin dai
primi giorni della rivolta. E’ certo, infatti,
che Gheddafi abbia fatto produrre e nascondere tonnellate di gas tossici in una
fabbrica a Rabat, a sud ovest di Tripoli, confermando un'ipotesi che gli USA
avevano formulato fin dal 1988 .
Quantitativi in
parte distrutti da Gheddafi, ma di cui dovrebbe ancora esistere una certa
disponibilità nascosta
probabilmente in depositi affidati alla custodia di Tribù
una volta vicine al regime, come i
Khadafa ed i Magarha, alleati dei Tuareg
e concentrati nell’area
nord occidentale della Libia.
Con altrettanta
buona certezza, quindi, nel deserto
libico ci sono ancora decine di depositi
militari abbandonati, nei quali potrebbero essere conservati agenti tossici non
distrutti dal regime libico entro il
2010, come previsto dagli accordi internazionali. Materiale che potrebbe
essere già nelle disponibilità
delle cellule di Al Qaeda presenti nel
Mali e collegate a quelle operative nel Magreb, ormai sicuramente entrate a far
parte dell'Esercito combattente dell’ISIS
che avanza verso il nord del Paese verso i confini della Tunisia.
Non soltanto sostanze chimiche, ma anche materiale
radioattivo già segnalato il
23 settembre del 2011 da forze rivoluzionare
libiche che lo avevano rinvenuto a Sabha, a circa 750 chilometri da
Tripoli. Centinaia di fusti con sostanze radioattive e sacchi di plastica
gialla. Notizia che riscontrava quanto già noto
all'Agenzia Atomica (AIEA) sull’esistenza
in Libia di depositi di materiale
nucleare, anche se non ne
era conosciuta l'esatta natura e
consistenza rispetto a quanto dichiarato a suo tempo da Gheddafi.
A Sabha, inoltre, furono trovati immagazzinati centinaia di
proiettili contenenti iprite fabbricati in Corea insieme a bidoni e sacchi sigillati con nastro
adesivo con riportate scritte solo in inglese e senza nessuna notazione in
arabo. Nelle sacche di plastica una polvere gialla come pubblicato in un sito
di Internet (http://www.vip.it/libia-trovate-tonnellate-di-scorie-nucleari-a-sehba-tripoli-e-sirte-video). Materiale che con ogni probabilità
potrebbe essere
"yeollowcake" (torta gialla), scoria dei processi di purificazione
dei minerali che contengono uranio. In
sintesi, ossidi di uranio (biossido e triossido) con scarsa valenza
radioattiva, ma molto tossici se ingeriti o inalati.
Durante la guerra vennero individuati oltre al deposito di Sabha, anche altri nascondigli come confermato dall'Istituto di Studi Strategici di Londra. Scorie radioattive provenienti dalla vecchia centrale di Tajoura ubicata nella periferia di Tripoli e materiale chimico altamente letale, che, come denunciato da Lynn Pascoe, Capo ufficio politico dell'ONU, rappresentava la rimanenza di quanto non distrutto da Gheddafi nonostante che nel 2003 avesse aderito agli accordi internazionali sull’uso di armi chimiche.
Gheddafi è stato
frettolosamente trucidato. Con la sua morte è diventato tombale il segreto su dove poteva essere nascosto
il materiale nucleare e chimico e, soprattutto, chi nel tempo aveva fornito
alla Libia le necessarie materie prime e le tecnologie per trattare l’uranio e fabbricare gas letali. Anche l'archivio del Rais
trovato nel bunker di Tripoli sicuramente non potrà
fornire notizie utili nello specifico,
in quanto ormai abbondantemente epurato nei molteplici passaggi di mano dal
momento del ritrovamento.
L’ISIS sta dilagando nel Paese sicuramente aiutato da ex combattenti di Al Qaeda che conoscono bene il territorio e sanno esattamente dove attingere per appropriarsi di materiale non convenzionale sia chimico sia nucleare. Gas e scorie nucleari che rappresentano un'appetibile risorsa per scopi eversivi qualora qualcuno intendesse effettuare attentati terroristici "sporchi" e, nello stesso tempo, rappresentare una consistente risorsa economica, se immessi sul mercato clandestino degli armamenti.
Una minaccia che non può
essere né sottaciuta né sottovalutata, ma deve rappresentare oggetto di attenta
analisi da parte nelle Nazioni Unite che si accingono a prendere decisioni per
affrontare e debellare la minaccia dell’ISIS.
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