mercoledì 2 giugno 2010

Assalto di Israele in acque internazionali

Navi commerciali sono state “abbordate” in acque internazionali da un gruppo di assalto dell’esercito israeliano. Subito dopo l’accaduto è iniziato l’accavallarsi di notizie, spesso anche diverse fra loro, concentrate a raccontare come siano andati i fatti sull’onda di una spinta emotiva piuttosto che di un’esatta conoscenza della dinamica degli eventi. L’attacco di Israele è stato condannato dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ma gli stessi contenuti del documento ONU spingono ad essere cauti nell’esprimere giudizi affrettati, anche se non si può che condividere l’unanime disappunto su un’azione militare avvenuta in acque internazionali contro navi battenti bandiera di Stati sovrani e quindi assimilabile a qualcosa di molto simile ad un’invasione. Pochissimi hanno invece cercato di leggere l’evento come possibile rischio per l’inizio di una nuova “intifada” su scala globale, che potrebbe coinvolgere tutto il Medio Oriente ed estendersi ai Paesi mussulmani del Centro Asia. L’azione israeliana è stata svolta contro una nave turca in un momento in cui la Turchia ammicca all’Unione europea e nello stesso tempo svolge un’azione di ricompattamento delle realtà islamiche che gravitano nel Mediterraneo e che hanno un ruolo fondamentale in Medio Oriente, come l’Iran e la stessa Siria a cui Ankara vuol dimostrare di dimenticare l’antica inimicizia aprendo varchi doganali sugli 800 km di confine fino ad oggi reso invalicabile perché minato. Molti dei commentatori dell’attacco israeliano hanno anche trascurato di informare che chi ha predisposto il convoglio navale diretto verso Gaza appartiene ad organizzazioni molto vicine agli jihadisti e ad Hamas, come l’organizzazione turca Ihh (Humanitarian Relief Foundation) promotrice dell’iniziativa ed i Fratelli Musulmani, strutture fino ad oggi considerate da Ankara ai limiti della legalità e che invece potrebbero uscire rivalutate dall’episodio. Sicuramente, quanto avvenuto ha compromesso l’alleanza di Israele con la Turchia paese della NATO che ha un ruolo importante perché a cavallo tra l'Europa e il Medio Oriente musulmano su cui esercita, peraltro, un’apprezzabile influenza diplomatica. Sicuramente quella israeliana è stata un’azione molto vicina ad una forma di guerra asimmetrica piuttosto che ad un’azione di autodifesa, destinata, con ogni probabilità, ad innescare reazioni difficilmente prevedibili, ma sicuramente cruente. Le avvisaglie già ci sono. Subito dopo l’attacco alle navi c’è stato un duro scontro nella striscia di Gaza e sembra che alcuni palestinesi si siano infiltrati in territorio Israeliano (fonte ANSA). Segnali che non possono essere sottovalutati e devono indurre ad affrontare con urgenza e con concrete ed incisive azioni politiche il problema della pace in Palestina, coinvolgendo collegialmente Stati Uniti, Unione Europea ed ONU, che dovranno attivare una volta per tutte un processo di pace credibile ed accettato da ambo le parti. Unico modo per evitare che ci sia una nuova ondata di kamikaze che si immolano nel nome della jiahd provocando vittime innocenti, traguardo raggiungibile solo se si abbandonano gli approcci timidi e poco incisivi verso atti ai limiti della legalità internazionale. Il Consiglio di Sicurezza si aspetta, infatti, una "un'indagine completa e credibile da parte di Israele” come dichiarato dal Segretario generale dell'ONU Ban Ki-moon e gli USA esprimono solo “profondo turbamento per i recenti episodi di violenza e rammarico per la tragica perdita di vite umane” come detto dal portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Philip Crowley. In queste circostanze, a prescindere di chi possano essere le responsabilità oggettive, applicare le “regole della diplomazia” potrebbe indurre a cattive interpretazioni e scatenare attacchi terroristici non solo con l’uso di IED ma anche attraverso possibili manovre finanziare utilizzate per indebolire le economie occidentali magari utilizzando i “fondi sovrani” gestiti dai paesi simpatizzanti con Hamas. Una minaccia terroristica che potrebbe vedere coinvolte le strutture eversive operative in varie parti del mondo o, peggio, “schegge impazzite”, che esaltate dagli eventi come quello avvenuto nel mar Mediterraneo motivano ed attuano autonome azioni terroristiche.
2 giugno 2010

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