giovedì 29 luglio 2010

Esplosione IED ad Herat



Due specialisti EOD) dell’Arma del Genio dell’Esercito italiano sono rimasti uccisi in Afghanistan durante un intervento di neutralizzazione e ricerca di IED (Improvised Explosive Device) nascosti nel terreno. Un intervento di routine per i genieri professionisti del settore della bonifica, che per la prima volta, ha provocato un incidente mortale. Poche ed ancora scarne le notizie sullo sviluppo dell’evento. Le agenzie giornalistiche riportano di un’esplosione avvenuta durante operazioni di ricerca di possibili minacce nel terreno circostante ad uno IED precedentemente disinnescato dopo una segnalazione della polizia afgana.
Se gli eventi fossero confermati, riemerge una vecchia tecnica applicata dai mujaheddin afgani durante la resistenza ai sovietici e successivamente ripresa dai Talebani dopo l’11 settembre. Uno IED principale, anche artigianale, realizzato solo ricorrendo ad un ordigno bellico convenzionale modificato adeguatamente. In figura, una bomba di aereo collegata a mine anti uomo, rinvenimento gennaio 2002 in un tombino sulla strada Kabul - Bagram. IED del genere possono essere collegati a svariati altri dispositivi che ne possono comandare il funzionamento, come le mine anti persona o quelle anti carro, poste anche a distanza e collegate allo IED principale con sistemi pirici, detonanti o ritardati. Oppure a vere e proprie trappole esplosive, radio / telecomandate da un attentatore appostato nelle vicinanze dell’intervento di bonifica. Ipotesi tutte possibili ma tutte da confermare dopo accurate perizie, in un settore in cui la minaccia non è né potrà mai essere mai esattamente configurata in quanto rigorosamente derivata dalla “fantasia” di chi realizza lo IED e ne gestisce l’utilizzazione. In Afghanistan la “cultura” della resistenza militare attuata attraverso agguati ed attentati terroristici è consolidata, le possibili “invenzioni” di IED praticamente non ha limiti come non hanno limiti le varianti della loro utilizzazione “in sistema” che rendono sempre aleatorio l’approccio di bonifica che, quindi, deve essere sempre caratterizzato da poche variabili. Il grado di rischio di un pericolo le cui origini possono mutare ed evolvere in tempo reale, non può che essere abbattuto procedendo sempre - laddove possibile e nella massima salvaguardia della popolazione civile - alla eliminazione dello IED con tecniche esplosivistiche che garantiscono, con buona certezza, la distruzione contemporanea anche di qualsiasi altro ordigno ad esso collegato.
(http://www.difesa.it/SMD/CASD/Istituti+militari/CeMISS/Pubblicazioni/dettaglio-ricerche.htm?DetailID=10897).
29 luglio 2010

giovedì 22 luglio 2010

Marea Nera anche in Cina. Rischio di terrorismo ?

Non sono uniche le notizie che arrivano dal Golfo del Messico e dalla Luisiana sul catastrofico inquinamento ambientale che da aprile sta dilagando sull’Oceano dopo l’esplosione di una piattaforma petrolifera. Ora anche dalla Cina giunge il comunicato di un nuovo cataclisma ecologico provocato dall’esplosione di due oleodotti della compagnia petrolifera statale. Subito dopo lo scoppio si è scatenato un incendio che è durato quasi 20 ore ed il petrolio seguita ad uscire dalle falle invadendo il mare, anche se non si riesce a comprendere l’esatta dimensione dell’impatto ambientale per le scarse informazioni fornite dal Governo cinese nonostante che la macchia di idrocarburi ampia circa 180 kmq stia minacciando le acque internazionali. Due eventi molto simili che dovrebbero indurre a rivedere sotto un duplice aspetto la gestione degli impianti di captazione e distribuzione petrolifera in particolare a mare. Realizzare impianti che garantiscano assoluta sicurezza agli operatori ed all’ambiente e, nello stesso tempo, affrontare il problema della sicurezza globale per proteggere gli impianti dal ricatto terroristico. Quanto avvenuto di fronte alla costa americana e quella cinese dovrebbero indurre a pensare che “l’obiettivo petrolifero” potrebbe rappresentare a breve un nuovo target terroristico, molto pagante per organizzazioni che intendessero ricattare il mondo minacciando le produzioni di energia primaria e nello stesso tempo danni collaterali irreversibili almeno nel medio termine. Un attacco via mare o via aerea o addirittura sottomarino potrebbe essere attuato con IED semplici tecnologicamente, anche autocostruiti e l’evento avrebbe un impatto comunicativo di grandissima portata, destinato a prolungarsi nel tempo occupando a lungo i canali di informazione molto di più di quanto avviene, ad esempio, nel caso dell’esplosione di un’autobomba. Un’azione forse anche più facile da compiere sul piano organizzativo ed esecutivo rispetto a quelle fino ad ora attuate sul territorio, come ci ricorda quanto è accaduto anni orsono in un porto dello Yemen contro la flotta USA. Il mare è grande e gli obiettivi sull’acqua, a differenza di quelli di terra, possono essere raggiunti sfruttando lo spazio tridimensionale. Gli effetti che si possono ottenere avrebbero un impatto comunicativo sicuramente più eclatante di un attentato al bazar di Kabul piuttosto che a Bagdad, destinato a prolungarsi a lungo nel tempo ed assicurando alla struttura terroristica una lunga e continuata ricaduta di immagine, scopo primario nel momento che è decisa un’azione eversiva. Approfondire queste ipotesi dovrebbe rappresentare un capitolo importante nello studio di efficaci contromisure al terrorismo internazionale, per arrivare a soluzioni che si dovrebbero aggiungere alle annunciate restrizioni che Obama intende far applicare per gli sfruttamenti petroliferi nel mare. Non si può pensare di realizzare un mega oleodotto o gasdotto che attraversi l’Afghanistan ed attraverso il Mediterraneo raggiungerà l’Europa, senza pianificare ogni possibile predisposizione per difendere l’efficienza del funzionamento degli impianti, preservandoli con sufficiente affidabilità da possibili azioni terroristiche. Altrimenti si rimarrà sempre oggetto di ricatto dei Talebani e dei Signori della Guerra che controllano il territorio afgano e che forse stanno valutando proprio questi aspetti prima di sedere al tavolo della pace a Kabul e dei loro “confratelli” che si affacciano sulle rive del Mediterraneo.
22 giugno 2010

martedì 20 luglio 2010

La Conferenza di Kabul, dichiarazione di intenti o azioni costruttive ?

Oggi, alla Conferenza di Kabul hanno partecipato più di 40 Ministri degli Esteri ed anche il Segretario delle Nazioni Unite. In una città blindata per le recenti minacce dei Talebani segnate da una serie di attentati in tutto il Paese, Karzai ha chiesto alla comunità internazionale di appoggiare ufficialmente un piano di riconciliazione con il coinvolgimento dei Talebani, annunciando, anche, che la sicurezza interna dell’Afghanistan sarà gestita autonomamente dagli afgani a partire dal 2014. L’auspicio del Presidente di coinvolgere i Talebani potrebbe essere anche condivisibile in quanto consentirebbe di capire una volta per tutte ed alla luce del sole cosa vogliono gli insorti per il futuro dell’Afghanistan, un Paese ancora tutto da ricostruire e dove ancora solo il 12% delle abitazioni ubicate nelle principali è raggiunto dall’energia elettrica e nei villaggi la vita è regolat adall aluce del sole. Un auspicio quello di Karzai che ancora una volta viene ufficializzato a ridosso di importanti dichiarazioni del Mullah Omar che, recentemente, ha invece sollecitato i Capi dei Talebani ad azioni più incisive sul piano militare e terroristico. Omar, capo spirituale degli insorti, che vede minacciata la sua Kandahar dall’imminente attacco NATO e che gestisce i suoi editti su Internet nonostante un annuncio a sorpresa, mai confermato, sulla sua cattura da parte dell’ISI pakistano avvenuta 10 giorni orsono a Karachi. La Conferenza si è conclusa con la sottoscrizione di accordi “commerciali e non” con il vicino Pakistan preoccupato sempre di più dell’ingerenza in Afghanistan dell’India. Un “matrimonio” sottoscritto sotto l’occhio attento di Hilary Clinton, mentre l’ISI pakistano cerca di dimostrare che vuole sconfiggere i Talebani, ma non accoglie le richieste di estradizione del Vice di Omar più volte reiterate dal Governo afgano dopo la sua cattura in Pakistan, leader in passato molto compromesso con Islamabad. ISI che sarà sicuramente coinvolto nel momento che prendesse corpo la promessa di Karzai di gestire in proprio la sicurezza interna. Probabilmente i Talebani puntano ad una futura condivisione dei poteri, ma ciò stride con la posizione dell’attuale Presidente notoriamente non considerato sul piano politico e con il fratello sospettato di essere colluso con la mafia della droga gestita dai Signori della Guerra, plenipotenziari afgani che mai potranno essere esclusi nelle decisioni sul futuro del Paese. Forse, dopo Londra un’altra occasione per gettare sabbia negli occhi della comunità internazionale e per garantirsi i consistenti aiuti economici che da anni arrivano a Kabul.
20 luglio 2010

lunedì 5 luglio 2010

Petraus e la guerra in Afghanistan

Petraeus ha assunto il comando del Contingente internazionale in Afghanistan sostituendo il generale Stanley McChrystal costretto alle dimissioni da Obama ed ha immediatamente dichiarato l’impegno per raggiungere una rapida vittoria. Il nuovo Comandante è famoso per la sua “fantasia militare” ed il suo acume politico che ancora una volta ha confermato con il suo discorso di insediamento a Kabul, esprimendo la categorica volontà degli USA di sconfiggere Al Qaeda anche e soprattutto colpendo la rete di alleati e fiancheggiatori dell’organizzazione affinché sia annullato il rischio che il terrorismo internazionale possa di nuovo stabilire “santuari” in Afghanistan da dove lanciare attacchi al mondo intero e contro gli stessi afgani. Un messaggio diretto a superare le frontiere afgane è destinato a raggiungere anche la Siria e l’Iran, ma il Generale non ci ha detto come intende incidere sull’egemonia dei Signori della Guerra afgani apparentemente isolati solo nelle loro aree feudali, ma, di fatto, in stretto collegamento con alcuni esponenti del Governo Centrale di Kabul e con fiancheggiatori privilegiati dei Talebani. Bande criminali che proteggono i ribelli ospitandoli fra la popolazione civile e che nonostante gli sforzi della NATO continuano a mantenere il controllo del territorio. Una vitalità operativa confermata anche da piccoli episodi come gli ultimi tre attacchi IED attuati contro il Contingente militare italiano, sicuramente realizzati con ordigni artigianali di bassa potenza, “bombe carta” di un terrorismo fatto in casa più vicino all’avvertimento malavitoso piuttosto che ad un attacco militare come quelli attuati fino ad ora dai Talebani. Il silenzio del Generale è stato superato dalle dichiarazioni delle autorità afgane che continuano a declamare successi nella lotta contro i trafficanti di droga. La settima scorsa nel sud dell’Afghanistan sono stati uccisi oltre 60 ribelli in raid contro i Talebani ed i loro sostenitori impegnati nel commercio di droga. Più di 16 tonnellate di oppio sono stati sequestrati nel distretto di Bahramcha della provincia di Helmand “sfuggite” alla recente operazione militare della NATO e dove sono state anche distrutte due fabbriche per la trasformazione dell'oppio in eroina ed un gran numero di armi e munizioni sono state sequestrate dai commandos antidroga afgani appoggiati dalle truppe NATO. Il possibile successo di Petraeus potrebbe essere, quindi, vanificato se si limitasse a cercare di snidare e sconfiggere i Talebani solo sul piano militare senza colpire anche e preventivamente coloro che forniscono ai ribelli le risorse economiche per agire. L’Afghanistan è il maggior produttore mondiale di eroina, con esportazioni annuali fino a tre miliardi di dollari, carburante essenziale per l’insurrezione islamica ed il terrorismo internazionale. Un appoggio concreto dei Signori della Guerra agli insorti Talebani che permette loro di muoversi sul territorio in assoluta sicurezza e di scegliere gli obiettivi a ragion veduta sfidando in ogni momento la coalizione internazionale. Petraeus è arrivato al Quartier Generale della NATO a Kabul ed all’inizio della stessa giornata a nord a Konduz militanti talebani hanno attaccato un’Agenzia USA ufficialmente impegnata in aiuti umanitari. Un attacco di vaste proporzioni che ha provocato la morte di almeno cinque persone ed il ferimento di altre 20. Il raid è cominciato prima dell'alba, quando un attentatore suicida a piedi e un altro in una macchina si sono fatti esplodere davanti al cancello del complesso che ospitava l’organizzazione e dopo l'attacco iniziale uomini armati hanno preso d'assalto la struttura sparando con mitragliatrici e lanciando bombe a mano, impegnando una significativa struttura operativa sicuramente aiutata da protezioni locali. Un anno fa, posti come Kunduz erano considerati sicuri, certezza oggi vanificata da questa azione dei Talebani che, ancora una volta, rappresenta una sfida alla NATO e conferma che il vero obiettivo degli insorti non è sicuramente quello di aiutare il popolo afgano sottraendo l’Afghanistan al controllo internazionale, ma servire coloro che in Afghanistan detengono il potere economico ed il controllo del territorio, i Signori della Guerra ed i commercianti di droga.
Un messaggio che il nuovo Comandante non deve né può sottovalutare.
5 giugno 2010