lunedì 4 ottobre 2010

L’Europa a rischio di attentati

L’intelligence statunitense, forse con un approccio poco attento, ha lanciato pubblicamente l’allarme di rischio attentato in Europa risvegliando il sopito interesse dell’informazione internazionale. Immediate le ipotesi più disparate sui possibili target a rischio, con la formulazione di vere e proprie graduatorie, quasi a gestire una “lotteria” degli obiettivi di possibile interesse del terrorismo internazionale. La Torre Eiffel piuttosto che Notre Dame. La porta di Brandenburgo invece della metropolitana di Berlino e così via. Valutazioni tutte riduttive che mal si conciliano con una minaccia globale e con l’evoluzione di Al Qaeda nel gestire i nuovi possibili attacchi. Una trasformazione e maturazione dell’organizzazione terroristica la cui prova generale fu fatta a Kabul in occasione dell’attentato in cui morì il funzionario dell’intelligence italiana e che ha confermato la sua concretezza con gli eventi di Mubai, quando Al Qaeda ha dimostrato di essere in grado di gestire un evento terroristico attraverso atti coordinati e tatticamente complessi. Un’evoluzione che dovrebbe consigliare di non escludere qualsiasi ipotesi o obiettivo, ma sviluppare analisi incrociate e globali per cercare di intercettare ogni possibile disegno terroristico. Se è acclarato che l’attenzione di Bin Laden è sull’Europa, tutte le Nazioni europee devono essere considerate a rischio, forse anche allo stesso livello di allarme. Non può essere determinante o discriminante l’aver catturato simpatizzanti di Al Qaeda naturalizzati tedeschi piuttosto che britannici o aver intercettato un cittadino francese invece che uno spagnolo o italiano. Chiunque, infatti, in possesso di passaporto europeo può muoversi liberamente nell’Area Schengel senza limitazione alcuna e portarsi dove è stato deciso di intervenire senza destare sospetto, ma solo attivando i link con le cellule dormienti sparse su tutto il Vecchio Continente e nel resto del mondo. Personale che dopo periodi trascorsi nei campi di addestramento del Waziristan pakistano sono rientrati in patria e sono pronti a rispondere alla “chiamata” del leader massimo, operando secondo le sue indicazioni. Cittadini europei insospettabili come i pakistani / inglesi coinvolti nell’attentato alla metropolitana di Londra o l’egiziano da anni residente in Italia che ha fallito l’attentato alla Caserma S. Barbara di Milano. Gruppi di fuoco in letargo ma pronti ad interpretare i messaggi di Bin Laden applicando un codice noto solo ad Al Qaeda. Bin Laden in questi giorni ha parlato in due messaggi proponendosi come “il buon samaritano” piuttosto che come terrorista sanguinario. Un passaggio dovrebbe lasciar pensare. Lo sceicco saudita fa riferimento alle alluvioni in Pakistan e afferma che "il numero delle vittime provocate dai cambiamenti climatici nel mondo musulmano è grandissimo, più pesante di quello delle vittime di guerra. Una catastrofe enorme e difficile da descrivere che esige un'azione rapida e seria da parte di uomini coraggiosi per portare soccorso ai fratelli musulmani del Pakistan …….". Lo scopo dichiarato è quello di aiutare i fratelli pakistani, ma il riferimento all’azione di uomini coraggiosi generalizza il concetto ed invita a compiere qualcosa di rapido e concreto. Bin Laden ha parlato al mondo mussulmano ed occidentale non escludendo nessuno, particolare che impone un’attenta valutazione del rischio sviluppata su un piano globale senza esclusioni aprioristiche che, invece, potrebbero facilitare il compito dell’avversario che ha deciso di attaccare e quindi di per sé favorito nella scelta dei tempi, delle modalità e dell’obiettivo.
4 ottobre 2010

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