mercoledì 22 febbraio 2012

Riportiamo a casa i due militari prigionieri

I quotidiani di oggi e varie agenzie di stampa riportano notizie poco rassicuranti su una rapida definizione del problema dei due nostri militari imprigionati in India. Peraltro le Autorità indiane imputano loro un reato che secondo la legge locale è punibile con la pena di morte.

In ogni caso, permettendo che i due marò fossero fermati per essere, come sembra, imprigionati e giudicati da un Tribunale indiano, è avvenuta una forzatura a quanto stabilito dalla Corte Costituzionale che ha negato che si possa estradare / consegnare chi sia imputato o sospetto di reati puniti con la pena di morte nel paese richiedente.

Le notizie che arrivano inducono a temere che l’India non intende fare marcia indietro e voglia processare i nostri militari e sembra che le Autorità locali si accingano a perquisire la nave neanche fosse un cargo di malfattori.

Credo che dobbiamo spingere sull’acceleratore per sollecitare interventi istituzionali incisivi con prese di posizione italiane che non lascino dubbi. Si è pensato quindi di raccogliere adesioni di cittadini che intendano partecipare a questa forma di sensibilizzazione istituzionale inscrivendosi al gruppo aperto su Facebook “Riportiamo a casa i due militari prigionieri”, raggiungibile all’indirizzo : http://www.facebook.com/#!/groups/337996802910475/.

Più saremo e più la nostra azione potrà avere dei risultati per i nostri militari.

Infine l’indirizzo dell’Ambasciata indiana a Roma : gen.email@indianembassy.it per chi volesse rappresentare il proprio sdegno personale.

22 febbraio 2012 – ore 10.00

6 commenti:

Piero Laporta ha detto...

Il comandante del Lexia e i marò sostengono che il peschereccio coi pescatori morti è diverso, per forma e colore, da quello oggetto d’azione dissuasiva.
L'International Maritime Bureau riferisce, nello stesso giorno e in quei paraggi, un attacco di pirati all’Olympic Flair, cargo greco simile alla Enrica Lexie.
L’Olympic Flair era a circa 2 miglia dalla costa, la distanza riferita dai sopravvissuti del peschereccio.
L’abbordaggio al Lexia è avvenuto alle 16 ora locale, molto più a sud di quello dell’Olympic Flair, avvenuto alle 21.50, l’orario riferito della morte dei due pescatori.
Il fucile Beretta AR 70/90 è preciso fino a circa 300 metri. La forza di penetrazione del proiettile tuttavia scema intorno ai 100 metri e la linearità della traiettoria si fa aleatoria dopo l’impatto. I due marò hanno sparato quando l’obiettivo era a 100 metri.
I due marò, due professionisti ultratrentenni, con lunghe esperienze operative, sono noti per il grande equilibrio. Se dicono di aver sparato nell'acqua per avvertimento, occorre credergli.
Chi volesse sostenere che i pescatori furono colpiti da due colpi di rimbalzo, che a 90-100 metri, dall’acqua vanno sullo scafo del peschereccio, lo perforano e colpiscono i pescatori uno alla testa e l'altro al cuore, costui dovrebbe spiegare com’è possibile in questa scena cinematografica che due colpi, rimbalzando sull’acqua, risultino ambedue precisissimi e potenti nonostante la deviazione. La probabilità è più bassa d'una scala reale a poker.
Se poi si sostiene, come affermano gli indiani, che i due marò hanno sparato mirando sul peschereccio e colpito precisissimamente - come un killer che spara da un metro - due persone differenti, basterebbe mostrare i cadaveri e sottoporli ad autopsia per capire da che cosa sono stati colpiti, con quale angolazione e se i colpi erano di rimbalzo o diretti. Peccato che le autorità indiane abbiano cremato i cadaveri Neppure vogliono mostrare le posizioni delle navi con l’AIS - Automatic Identification System, sistema internazionale di certificazione della posizione delle navi.
I marò a bordo della nave "Enrica Lexie", che è “territorio italiano”, sono come l’alpino che vigila alla frontiera e spara, per difendere il territorio italiano, secondo gli ordini ricevuti. L’incidente è avvenuto in acque internazionali. Quel nucleo di marò, secondo le leggi internazionali, gode d’immunità giurisdizionale assoluta rispetto a qualunque autorità straniera.

Giovanni Lafirenze ha detto...

Generale Le chiedo: Ma è possibile fermare ed arrestare due militari per un improbabile (mancano le prove) reato compiuto in acque internazionali.? Tutto ciò non contravviene norme e leggi internazionali in tempo di pace…? Ovviamente tutto ciò crea sdegno d’ovunque…!!!!

Giovanni Bernardi ha detto...

Una faccenda sporca, veramente sporca, della quale secondo me non ci sono fornite tutte le informazioni che ci potrebbero dare un'idea di come stanno andando veramente i fatti. Io credo alla versione dei marò. A questo punto ritengo che si dovrebbero muovere anche l'Onu e la Corte internazionale dell'Aia. Oltre che dare uno sgrullone al governo italiano per far valere il diritto internazionale.

Alfonso Sabin ha detto...

Innanzitutto i fatti per come ci è dato di sapere e non siamo certi fino a che punto siano precisi: la nave Enrica Lexie stava solcando l'Oceano Indiano quando, a detta del comandante, ha subito un assalto da parte di una imbarcazione di pirati. Sulla ns nave, in difesa della stessa, si trovavano due militari del Btg S. Marco i quali hanno sparato per impedire l'assalto. Poi gli indiani hanno telefonato al comandante della Lexie e gli hanno chiesto se avessero subito un assalto. Alla risposta positiva del comandante gli indiano l'hanno invitato ad attraccare nel porto di Kochi per fornire assistenza. La nave è entrata e lì è stata fermata perché erano stati uccisi due pescatori del S. Antony dagli spari provenienti dalla ns nave, sostengono gli indiani. Il Governo italiano sostiene che il fatto è avvenuto in acque internazionali e pertanto i ns militari godono dell'immunità della giurisdizione rispetto agli stati stranieri e pertanto gli italiani devono essere rilasciati per poter rientrare in Italia dove saranno giudicati dalla ns giustizia.
Cosa possiamo dire?
Innanzitutto dobbiamo esprimere le ns condoglianze, il ns dolore e la ns umana solidarietà ai familiari dei due pescatori uccisi. Poi che capiamo il loro dolore e il loro desiderio di esaminare i fatti accaduti e di poter giudicare i due militari nel caso in cui siano stati loro a sparare. Non possiamo trattare gli indiani come esseri inferiori e imporre loro la ns volontà. Noi ricordiamo la vicemda del Cermis dove siamo stati trattati da sudditi dagli USA.
Certamente i ns militari devono essere difesi, con forza e con tutti i mezzi leciti. Infatti sono già intervenuti il Governo che ha inviato sul posto il Sottosegretario Staffan De Mistura e tre diplomatici dell'ambasciata italiana. Anche il Parlamento ha inviato suoi rappresentanti. Inoltre nello stato del Kerala vivono parecchi cristiani e cattolici e per questo il Vaticano si è detto disposto a fare un intervento umanitario a favore dei ns militari.
Naturalmente per noi italiani, anche perché abbiamo dato i natali a Cesare Beccaria, sosteniamo con forza che non accettiamo la pena di morte neanche nei confronti di chi sia colpevole di fatti gravi.
E noi cosa possiamo fare? Ognuno si regolerà in base alla propria sensibilità e sulla spinta delle proprie competenze. Ma nessuno può o potrà dire in seguito che i ns militari sono stati abbandonati.
Alfonso Sabin

Anonimo ha detto...

Ma chi è quella mente eccelsa che ha calato le braghe e deciso di mettere una nave e due militari italiani in mano agli indiani? Mimmo Scozzaro.

enki ha detto...

Andiamo a prenderli.
FOLGORE
PAR TERA PAR MAR SAN MARCO