La
minaccia di cellule dormienti vicine al terrorismo internazionale e sparse
del mondo, di cui spesso si è parlato in queste pagine, diventa sempre di più
una realtà concreta. L’attentato di
Boston sembra confermarlo insieme a quello sventato ieri in Canada dove la
polizia di Toronto ha arrestato due sospetti terroristi che pianificavano
un’azione eversiva contro la linea
ferroviaria che collega il Canada agli USA.
Dzhokhar
Tsarnaev, uno dei due fratelli che hanno compiuto l’attentato di Boston inizia
a fornire informazioni e fonti attendibili statunitensi riferiscono che sempre
di più emerge la certezza che i due fratelli non abbiano agito da soli. Una
convinzione, che oltre a derivare dalle
prime ammissioni del ferito è confermata dalla natura degli attivatori
elettronici temporizzati che hanno provocato l’esplosione. Sistemi probabilmente
forniti da qualcuno in quanto troppo
sofisticati per essere stati auto costruiti e troppo costosi,. Varie notizie
confermano, infatti, che gli inquirenti
stiano dando la caccia ad una cellula eversiva “dormiente” composta da circa 12
persone a cui dovrebbero aver fatto riferimento i due fratelli e che potrebbe
avere programmato anche altri attentati.
L’ipotesi
del collegamento dei due fratelli con una struttura organizzata è confermata
anche dal numero di armi ed esplosivo rinvenuti a casa degli attentatori, cittadini
naturalizzati americani che però non potevano acquistare legalmente armi.
Tamerlan il maggiore dei due ucciso durante lo scontro a fuoco con l’FBI, aveva
qualche precedente penale che gli impediva di ottenere il permesso di acquisto
e detenzione, Dzhokhar, invece, non aveva ancora compiuto i 21 anni, età minima
per poter acquistare un fucile od una pistola.
Negli inquirenti statunitensi si
consolida, quindi, sempre di più la certezza che i due potessero fare
riferimento ad una struttura eversiva che li abbia addestrati e sostenuti logisticamente,
programmata per entrare in azione “su ordine” con procedure pianificate. Vari i
motivi fra cui uno in particolare. Il tentativo
dei due caucasici, subito l’attentato sul luogo della maratona, di entrare nel Massachusetts Institute of Technology
(MIT) dopo aver ucciso una guardia giurata. Un atto inspiegabile per due terroristici
che fuggivano dal sito di un primo attentato se non motivato dal fatto che
probabilmente stavano cercando di colpire un altro obiettivo di una serie loro
assegnata.
Mentre negli USA si continua ad
indagare ieri, in Canada, la polizia ha arrestato Chiheb Esseghair e
Raed Jaser accusandoli di pianificare un attentato alla ferroviaria che da
Toronto arriva a New York e sospettati di operare “per conto o in associazione
con un gruppo terroristico.
Sembra che non ci siano legami
con gli accadimenti di Boston ma il fatto che la Polizia canadese abbia operato
in stretto collegamento con l’intelligence USA lascia pensare altro. Peraltro
fonti ufficiali dei due Paesi hanno informato che gli arrestati in Ontario e
nel Quebec erano da tempo sotto “monitoraggio” e stavano preparando un grande
attacco terroristico con obiettivo le linee ferroviarie canadesi ed erano
sospettati di essere supportati da cellule di Al Qaeda collegate con una
struttura operante in Iran.
Un complotto sventato in stretta
successione ai fatti di Boston e che ricorda molto il fallito attentato a
Toronto nell’estate del 2006 quando furono arrestate 18 persone imputate di pianificare
e progettare attacchi alla Peace Tower sulla collina del Parlamento ed alla
borsa di Toronto, nonché alla vita del Primo Ministro ed altri politici
canadesi.
Due episodi, l’attentato riuscito
a Boston e quello sventato in Canada,
che non sarebbero collegati fra loro ma che confermano la presenza di
cellule terroristiche sparse nel mondo, motivate da analoghe ideologie e fanatismo
religioso ed unite da un network silente ma pronto ad attivarsi.
I terroristi fermati in Canada erano in
procinto di rendere operativa una delle principali direttive di Osama Bin Laden
riportata in uno documento fra i vari rinvenuti ad Abbottabad: “colpire le
linee ferroviarie in qualsiasi modo …..” . Una disposizione già applicata a
Madrid e nella metropolitana di Londra e che si somma a quelle più generiche
impartite nel tempo da Osama: colpire l’America e l’Occidente con atti
eclatanti diretti contro la popolazione, come quanto avvenuto a Boston.
Una conferma che il network del
terrorismo è ancora attivo e strutturato in modo tale da attivare le cellule
dormienti sparse nel mondo anche solo con semplici ed anonimi messaggi di
carattere generale diramati sul Web. Piccole unità collegate fra loro e gestite
da una struttura gerarchico funzionale con al vertice “dirigenti” della vecchia nomenclatura
jihadista, molti dei quali rifugiati proprio in Iran dove vivono ed operano in
strutture protette, collegati ad altri esponenti presenti in Medio Oriente e
nell’Africa Subsahariana.
Nuclei continuamente rinforzati anche attraverso i
flussi di clandestini apparentemente in fuga da zone di guerra e da combattenti
della jihad in corso che vede protagonisti i sunniti contro gli sciiti
appoggiati da Teheran. Mujaheddin protagonisti nelle stragi in Iraq, nella
lotta contro i ribelli in Siria, nelle faide delle Aree Tribali pakistane, in
Malì, in Somalia da parte degli Al Shebab, in
Libia per mano delle cellule di Al Qaida da tempo consolidate nelle alture
della Cirenaica. “Fratelli” degli eredi
di Al Qaeda come i movimenti salafiti in Nord Africa ed in Medio Oriente impegnati a diffondere ed imporre l’islamismo
radicale.
Estremisti come i Boko Haram che significa
testualmente “l’educazione occidentale è
peccato”, che operano nelle regioni
nord-orientali della Nigeria, dominate dall’etnia Hausa a maggioranza musulmana
impegnati quotidianamente in stragi contro le comunità cristiane locali.
Una presenza integrata dal radicalismo islamico
europeo con protagonisti bosniaci o ceceni cittadini del nuovo Stato fondato il
31 ottobre del 2006 da Dokka Abu Usman. “L’Emirato
del Caucaso”, entità virtuale con
l’obiettivo di raggruppare tutta la regione del Caucaso settentrionale
in un unico stato musulmano, ricorrendo all’uso della forza nell’assoluto
rispetto dell’Islam più radicale.
Gente preparata alla guerriglia ed all’eversione
terroristica basata sull’attentato, pronti ad essere “imprestati” alle cellule
dormienti già consolidate in Occidente per essere usati in operazioni contro il
comune nemico della jihad islamica, gli Stati Uniti d’America.
Minaccia costante, difficile da individuare e motivo
di pressante e costante ricatto all’Occidente ed alla sicurezza internazionale,
rappresentata da piccole unità di quaedisti in possesso, però, di elevato valore
intrinseco, qualora utilizzati in “baratti” fra Islam radicale ed
occidente.
23 aprile 2013, 13,00
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