Al Qaeda non ha mai abbandonato la Libia. Gruppi
estremistici erano presenti in Cirenaica fin dal 1990. Inizialmente raggruppati
nel Gruppo Combattente Islamico Libico, militanti libici salafiti poi confluiti in Al Qaeda, molti dei quali
attivi protagonisti delle azioni terroristiche in Iraq contro gli USA.
Aggregazioni rimpinguate da un
flusso continuo di nuovi elementi fatti confluire in area dal successore di Bin
Laden, Ayman al Zawahiri, approfittando dei momenti caotici della guerra civile
libica e nel momento in cui i lealisti fedeli a Gheddafi iniziavano a perdere
il controllo di vaste aree del territorio.
Gruppi consistenti di estremisti
che approfittando della disfatta di Gheddafi nel tempo si sono appropriati di
numeroso materiale bellico del disciolto esercito lealista. Armi, munizioni ed
esplosivi di ultima generazione, parte consistente dello strumento militare di
Gheddafi, risorse smistate a favore di gruppi eversivi presenti in Mali, in
Algeria ed ora anche arrivate in Siria.
Scorte inesauribili a disposizione di quello che era stato uno degli
Eserciti meglio equipaggiati, con ogni probabilità anche arricchite da
armamento chimico già a disposizione del Rais e concentrato in depositi ai
confini con il TChiad.
Oggi è confermato che
numerosissimi elementi di jihadisti attivi durante la guerra civile libica sono
passati a far parte della struttura eversiva dell’AQIM (L'Al-Qaeda nel islamica
del Maghreb), che sarebbe in procinto di consolidare il suo
Quartier Generale proprio in Libia.
Combattenti islamici a cui si
stanno aggiungendo moltissimi miliziani
di Al Qaeda costretti a lasciare il Mali
dopo l’intervento francese e che si vanno attestando in campi di
addestramento in territorio libico sotto lo sguardo assente di Tripoli.
Una logica conseguenza delle
vicende che hanno sconvolto la Libia e tutta l’area dell’Africa settentrionale
mediterranea, in conseguenza della “Primavera Araba”. Realtà ipotizzata in
queste pagine fin dal febbraio 2012(http://fernandotermentini.blogspot.it/2012/02/libia-un-dopoguerra-incerto-come-quello.html)
e forse sottovalutata dell’Occidente, in particolare dall’Europa sempre di più
minacciata da compagini eversive ormai
attestate a ridosso dei suoi confini meridionali e prossime a consolidarsi
sulle sponde sud orientali del Mediterraneo.
Avvenimenti che si ripetono nel
tempo come quanto avvenuto in Afghanistan alla fine dell’invasione dell’ex
Unione Sovietica a partire dal marzo 1989, quando, subito dopo l’uscita dei
sovietici dal Paese asiatico, una consistente compagine di mujaheddin,in
precedenza aiutata ed addestrata dall’Occidente e dal Pakistan nel contrasto
“all’Armata Rossa”, sarebbe diventata il
cuore del network del terrorismo internazionale gestito da Bin Laden.
In Libia quasi certamente sta
avvenendo qualcosa di analogo. Le cellule salafite della Cirenaica hanno
contribuito alla fine di Gheddafi per poi strutturarsi per permeare la realtà
libica. Un rischio confermato anche dalle dichiarazioni del Presidente del
TCiad Idriss Deby che recentemente ha espresso la propria preoccupazione per
l’inerzia del Governo di Tripoli nei confronti di questi gruppi radicali che si
stanno riorganizzando usando la Libia come futuro terreno di addestramento di
nuove milizie terroristiche.
Il momento è, peraltro,
favorevole considerando l’estrema instabilità che sta vivendo la Libia. Cirenaica
e Fezzan sono da tempo fuori controllo
ed in tutto il Paese e particolarmente in Tripolitania, le storiche tribù libiche si
stanno imponendo per ottenere il controllo dei principali settori della vita
pubblica.
Segnali non incoraggianti,
suffragati anche da quanto sta avvenendo in ambito del Governo locale. Membri
importanti dell’Esecutivo libico sono, infatti,
oggetto di pressioni da parte delle cellule radicali fino al punto che
due giorni orsono il Ministro della Difesa Mohamed al-Barghati ha dato le
dimissioni, poi rientrate su richiesta del Premier libico. Anche il Ministro
della Giustizia, Salah al-Marghani denuncia forme di intimidazione, come la
presenza che pick-up di miliziani armati di mitragliere antiaeree che
minacciano il palazzo di Giustizia.
Tutti episodi che, in qualche
modo, inducono a pensare che forse in Libia lo Stato è in procinto di
arrendersi al ricatto di queste milizie.
Una serie di vicende che
dovrebbero preoccupare ed impegnare immediatamente la comunità internazionale
in quanto potrebbero riportare il Paese nel caos e favorire l’affermazione ed
il consolidamento di una nuova struttura eversiva in grado di esercitare un
ricatto terroristico globale, ben superiore a quello posto in essere da Bin
Laden.
Le strutture terroristiche
presenti in Libia armate ed equipaggiate con moderno materiale bellico anche
”non convenzionale” reperito negli arsenali di Gheddafi, potrebbero, infatti,
attivare un network criminale coinvolgendo tutte le forze radicali islamiste
presenti nell’area, a partire dagli Al Shabaab attivi in Somalia, per
rivitalizzare in maniera esponenziale nel Golfo di Aden le azioni di pirateria
marittima.
Una minaccia per l’economia
occidentale ed in particolare per quella europea. Ben più distruttiva degli
attacchi terroristici alle Torri Gemelle in quanto una volta consolidata
potrebbe sconvolgere il flusso commerciale di materie prime e di risorse
energetiche che dall’Asia e dall’Africa
sono destinate a raggiungere l’Europa attraverso il canale di Suez, peraltro
sempre più controllato da formazioni politiche radicali vicine ai Fratelli
Mussulmani.
Roma 08 marzo 2013, ore 12,30
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