domenica 30 giugno 2013

L’India calpesta i Diritti Internazionali

Si è scritto molto sulle interpretazioni indiane del Diritto Internazionale, della Convenzione di Montego Bay e delle garanzie che il Diritto pattizio assicura a chi opera  in ambienti internazionali  od in altri paesi perchè incaricato di garantire la sovranità e la sicurezza al proprio Paese.

Tutti hanno condiviso che Delhi nel caso della vicenda dei due Fucilieri della Marina Militare Massimiliano Latorre e Salvatore Girone ha prevaricato anche le norme più elementari che regolano i rapporti fra Stati, rinnegando anche atti internazionali concordati sotto l’egida delle Nazioni Unite e sottoscritti dal Governo indiano.

Una verità ormai riconosciuta da tutti, ma forse ignorata unicamente da alcuni esponenti istituzionali italiani assoggettati all’arroganza indiana e che, per taluni aspetti, la condividono accettando che i nostri Marò siano sottoposti a processo penale in India nonostante che i fatti a loro addebitati sono avvenuti inequivocabilmente in acque internazionali, su territorio italiano e quindi assolutamente non di competenza indiana.

In questo contesto, chi dovrebbe invece puntare i piedi per garantire il rispetto della sovranità nazionale e del Diritto consolidato sul piano internazionale unica garanzia per la sicurezza globale,  accetta l’indecente approccio indiano, a partire dalla recente minaccia di ritorsioni nei confronti dell’Ambasciatore italiano. Un’azione  che potrebbe ripetersi come  modello ormai consolidato in considerazione che l’Italia, a suo tempo,  ha supinamente accettato l’iniziativa indiana.

L'India è arrivata a marzo a minacciare  di arrestare l'Ambasciatore italiano perché, come annunciato dal dott. De Mistura l’11 marzo 2013 i Ministri italiani coinvolti nella vicenda avevano  deciso, con la condivisione dell’allora Presidente del Consiglio, di non "riestradare"  i due Fucilieri di Marina in India dopo la scadenza del permesso di quattro settimane per partecipare alle elezioni politiche in Italia.

Un’azione arbitraria che potrebbe ripetersi solo se l’Italia tornasse a non condividere o semplicemente a contrastare il “modus operandi” di Delhi, attuando un ricatto infinito ed inaccettabile sul piano formale e sostanziale.

Qualsiasi Ambasciatore non può rappresentare in qualsiasi controversia internazionale  “merce di scambio”. Egli beneficia di determinati diritti e privilegi la maggior parte dei quali codificati nella Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche del 1961. L'articolo 29 della Convenzione recita, infatti : la persona del diplomatico è inviolabile. Egli non può  essere sottoposto ad alcuna forma di arresto o di detenzione. Lo Stato di residenza lo deve trattare con il dovuto rispetto e deve adottare tutte le misure necessarie per prevenire ogni attacco alla sua persona, alla sua libertà o alla sua dignità.

Addirittura all’articolo 39 della Convenzione si legge: …….l’immunità cessa quando il titolare della stessa termina le proprie funzioni e lascia il Paese dove è accreditato …… ma deve sussistere fino a questo momento, anche in caso di conflitto armato. Inoltre l’immunità continua a sussistere per tutti gli atti compiuti dal diplomatico nell’esercizio delle proprie funzioni….. .

Perfino in caso di guerra l’obbligo della garanzia dell’immunità diplomatica deve essere garantito dalla “Nazione Ospite”. L'articolo 44 della Convenzione, infatti, in caso di conflitti armati , prevede che lo Stato di residenza deve garantire strutture idonee per proteggere le incolumità delle persone che godono di privilegi e immunità e delle loro famiglie……., fornendogli ogni mezzo per consentire loro di lasciare il più presto possibile l’area di crisi …..

La norma sull'immunità diplomatica si applica a qualsiasi azione penale o civile, non è un privilegio alla persona ma una garanzia alle funzioni della carica che essa rappresenta, uno scudo importante  che deve essere gestito da un  sistema internazionale capace di creare e mantenere canali di comunicazione aperti, per evitare che  uno Stato, in un qualsiasi controversia, eserciti attraverso fantasiose accuse un ricatto politico nei confronti di un altro Paese.

L’India, di fatto, da più di sedici mesi sta esercitando questo ricatto e l’Italia dimostra giorno dopo giorno di non essere in grado di contrastarlo preferendo ancora una volta la strada del compromesso e dell’accondiscendenza. Un’Italia che a marzo ha consentito a Delhi di minacciare l’arresto del  nostro Ambasciatore pur non avendo  motivi legali per farlo e di impedirgli di fare ritorno nel proprio Paese forzandone ogni diritto.

L’Italia ha accettato tutto questo e sta continuando a subire una palese prevaricazione della propria sovranità nel momento che il Ministro Bonino ufficializza che “il processo a carico di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due fucilieri della Marina militare trattenuti in India, inizierà a luglio e i due marò saranno "difesi da un collegio di avvocati italiani dello Stato e da avvocati indiani”  e  quando il Vice Ministro agli Esteri Pistilli parla di “regole di ingaggio” concordate con gli indiani per la soluzione del problema.

Il tutto mentre il dott. De Mistura, rappresentante del Governo delegato a gestire la vicenda, diventato un “pendolare con l’India” ,  non ritiene, come atto di rispetto nei confronti degli italiani,  di informare l’opinione pubblica sui risultati della “Sua intensa azione di negoziati” a favore di due cittadini italiani.   

Una vicenda nata male e diventata nel tempo  sempre più difficile ed ermetica. Solo  un fatto è certo: l’India calpesta il Diritto Internazionale e l’Italia dimostra accondiscendenza non ricorrendo all’arbitrato internazionale. Accetta invece il rischio di essere ancora una volta ricattata da Delhi attraverso possibili azioni ingannevoli nei confronti di coloro che rappresentano l’Italia in quella terra lontana che forse ha dimenticato troppo rapidamente i concetti di democrazia ereditati dalla lunga egemonia britannica esercitata in quel Paese.

Un’Italia che sta dimostrando di preferire l’accettazione dell’approccio indiano, assopita di fronte a palesi prevaricazioni della propria sovranità, complice nell’affermare un modello di controversia fra Stati che se  gestito come l’attuale può portare ad estremizzazioni come avvenuto in un passato anche recente e che hanno rappresentato un effetto destabilizzante sulla sicurezza internazionale.

30 giugno 2013 , ore 12,00

martedì 25 giugno 2013

Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono italiani ?

Sono trascorsi sedici mesi da quando due militari italiani “nell’esercizio delle loro funzioni” sono stati strappati alle loro famiglie e tenuti in ostaggio da uno Stato Terzo che con arroganza e supponenza prevarica qualsiasi norma o convenzione internazionale, disconoscendo anche  quanto il “diritto pattizio” riconosce a tutti i militari del mondo.
Ormai è prossima la scadenza dei fatidici 60 giorni previsti dall’inviato speciale italiano dott. De Mistura entro i quali l’Agenzia indiana NIA avrebbe deciso nei confronti dei due italiani, confermando in più di un’occasione che si sarebbe giunti ad una conclusione “equa e rapida” della vicenda. Una valutazione ottimistica, anche in contrasto con i canonici 90 giorni che la NIA prevede come tempo necessario per le proprie indagini, prassi nota a chiunque conosca i principali iter procedurali indiani.
Lo stesso rappresentante istituzionale italiano  che con un’ANSA del 7 maggio informava gli italiani che ''Noi li riporteremo a casa a testa alta'' ed ancora ''I dati dimostrano che le navi protette da militari riescono a respingere efficacemente gli attacchi dei pirati. La stessa India - ha continuato De Mistura - sta considerando di mettere militari a bordo delle proprie navi''.
Affermazioni concettualmente corrette, ma in qualche modo viziate  da un approccio di autostima. La prima formalmente errata sul piano del lessico assegnando l’epiteto di militare a chiunque utilizzi un’arma per assolvere al proprio compito. Infatti, in questo momento statisticamente risulta che il compito di scorta della maggior parte del  naviglio civile per contrastare atti di pirateria marittima è affidato in ambito internazionale a “Contractors” civili appositamente addestrati.
La seconda, forse più grave sul piano diplomatico, quella con cui il dott. De Mistura ha accennato all’intenzione dell’India di utilizzare soldati nella scorta delle proprie navi, dimenticando però di dire che Delhi in questo caso pretenderebbe la tutela del diritto di immunità funzionale per i suoi soldati come avvenuto in Congo contro sospetti autori di uno stupro, diritto invece negato ai militari italiani.
Cosa intendesse, poi,  l’ex Funzionario dell’ONU con le parole “equo e rapido” ripetute in varie circostanze non si comprende. Chi infatti dal 2009 ha gestito come vice direttore esecutivo per le relazioni esterne del Programma alimentare mondiale a Roma dovrebbe ben conoscere il significato di equità come garanzia di diritti e di prerogative nell’assegnare aiuti o risorse e quello di rapidità considerando che la Sua esperienza di Funzionario dell’ONU dovrebbe essere stata sempre caratterizzata da condizioni gestionali  “well timed” e “prominent”.

Nella circostanza specifica sicuramente non possiamo parlare di equità e rapidità né, tantomeno di “well timed e prominent acts” !

Nel caso dei due Marò l’inviato speciale ha fino ad ora solo dimostrato accondiscendenza, quasi sudditanza nei confronti degli indiani e non sembra nemmeno  voler approfittare - termine brutto ma pragmaticamente vero e ricorrente in diplomazia - di un momento favorevole come l’attuale in cui l’alleato americano John Kerry  è in visita in India per preparare il terreno a successive nuove missioni statunitensi in un quadro strategico di ampia portata finalizzato a rafforzare i rapporti politici, economici e di sicurezza fra i due Paesi.

Sembra, invece, che il dott De Mistura non consideri essenziale un possibile interessamento di Kerry per la sorte dei due nostri Fucilieri di Marina, non per perorarne la causa ma solo per ricordare all’India che esistono regole internazionali che non possono essere disattese.

Una richiesta che il dott. De Mistura potrebbe giustificare considerando l’importanza che l’India può avere nella sicurezza internazionale e per l’evidente peso che la questione dei due nostri Fucilieri di Marina presi in ostaggio da Delhi potrebbe avere nella gestione internazionale dell’azione antipirateria e per confermare le garanzie di immunità dovute a tutti coloro che fanno e faranno parte delle missioni internazionali di Peace Keeping, svolte sotto egida ONU a cui collaborano anche gli indiani.

Non un atto di questua ma una doverosa richiesta ad un alleato come Washington, perché arrivi un messaggio all’Agenzia indiana NIA. Non un’azione di prostrazione come le tante avvenute finora nei confronti di Delhi ma un atto concreto ed incisivo sicuramente non condannabile sul piano diplomatico.

Modeste considerazioni queste mie che se oggettivare contribuirebbero a far arrivare a Massimiliano e Salvatore la vicinanza del loro Paese e ad rassicurare gli italiani che due loro concittadini non sono stati dimenticati.

Parole “viscerali” queste mie, sicuramente derivate da un senso dello Stato esasperato ed indotte  dalla irruenza tutta italica che caratterizza coloro che come me fanno parte della antica cultura latina, decisionista, non attendista e tantomeno compromissoria.

Parole sincere, però, che esprimono l’auspicio di un italiano che come tanti altri teme per la sorte di due concittadini da troppo tempo abbandonati in mano straniera, quasi fossero merce da barattare al primo momento favorevole.

Sono indignato e come me credo molti altri italiani !

Roma 25 giugno 2013 - ore 15,45 


lunedì 10 giugno 2013

Gli USA spiano i cittadini. L'Italia imita ?

La notizia è riportata da tutti gli organi di informazione del mondo: I cittadini americani sono spiati sul web, Obama ha accesso ai dati di Google, Fb e Skipe.
Uno scandalo che si allarga, la “National Security Agency statunitense è entrata nei server di aziende come Microsoft, Google, Facebook, spiando conversazioni, scambio di messaggi, utilizzo di carte di credito dei cittadini americani. Un vero e proprio abuso di potere che deve essere chiarito come invocato dal “New York Times” con  un editoriale pesantissimo nei confronti del Presidente degli USA che nel frattempo ha comunicato che sono azioni autorizzate dal Congresso per garantire la sicurezza nazionale.
Un’azione di monitoraggio teoricamente giustificata dagli attentati terroristici contro le Torri Gemelle dell’11 settembre. Un modello che rischia di essere scimmiottato da altre Nazioni anche nel caso di assenza di una minacci terroristica di livello elevato come quella che incombe sugli USA.  
Un’eventualità non remota, forse già presente anche nella realtà italiana per quanto attiene al social network Facebook. Il condizionale é d'obbligo in assenza di riscontri oggettivi,  ma l'ipotesi non é azzardata se riferita a “gruppi e/o pagine” dedicate a vicende di risonanza nazionale come la vicenda dei due Fucilieri di Marina in ostaggio dell’India ormai da circa un anno e mezzo.
Facebook, infatti, offre una piattaforma comunicativa di elevata valenza consentendo l’interconnessione in tempo reale di centinaia di migliaia di cittadini. Tutte persone impegnate a tenere alta l’attenzione istituzionale sulla irrisolta vicenda di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, favorendo la polverizzazione di informazioni in tempo reale coinvolgendo nello stesso momento una vastissima utenza. 
Costoro non sono terroristi o presunti tali, nemmeno membri di formazioni particolari caratterizzate da posizioni politiche o ideologiche estreme o appartenenti a “club esclusivi” come ad esempio la “Trilaterale” od a logge massoniche non meglio caratterizzate.
Solo gente comune che non condivide la posizione di inerzia assunta dall'Italia fin dall’inizio degli eventi che hanno coinvolto due militari italiani ed innescato una controversia internazionale con l’India.  Una scarsa incisività, quella italiana, che ha portato ad una vera e propria rinuncia della sovranità nazionale, fatto unico nella moderna storia del nostro Paese.
Cittadini che si chiedono quotidianamente perché non si attuino le procedure previste dal Diritto Internazionale come l'arbitrato e che manifestano il proprio dissenso nel massimo rispetto delle istituzioni. A costoro viene, però,  negata qualsiasi risposta concreta al di là di sporadici flash di “burocratese” ed in qualche modo anche il "diritto di mugugno", da sempre espressione di  libertà ed accettato da tutte le democrazie del mondo.
Italiani che non minacciano il loro Paese, ma che credono ancora nelle Istituzioni e per questo motivo  le sollecitano ad essere garanti dei diritti elementari di uno Stato custode di antiche tradizioni che hanno lasciato un segno nella storia del mondo, oggi affrettatamente abbandonate per lasciar spazio ad altri interessi.
Uomini che non si riuniscono segretamente quasi fossero moderni “carbonari”, bensì esprimono la loro approvazione od il loro dissenso alla luce del sole, senza remore. Per questo non possono essere guardati con sospetto dal proprio Paese che, piuttosto, dovrebbe concedere loro il massimo rispetto per l’attaccamento che dimostrano allo Stato ad alla Bandiera,  simbolo della Patria, “la terra dei padri” , la terra natale di una persona, il luogo in cui si hanno legami familiari e dove riposa chi ci ha preceduto.

Si ha motivo di ritenere, invece, che quella stessa Italia che non riesce ad affermare la propria sovranitá nei confronti dell’India, guarda con sospetto a questa gente, considera il loro pensiero un'azione di disturbo da vigilare attentamente é semmai da ostacolare.  Solo una sensazione che emerge spontanea nel momento che taluni pensieri affidati al social network,  arrivano in rete con ritardi non giustificati da seppur possibili carenze tecnologiche e talvolta anche escludendo qualcuno dei destinatari. Accadimenti che sono aumentati mano a mano che é cresciuta l'attenzione e l'impegno degli italiani a favore dei  due Marò e che la gestione degli eventi a livello istituzionale é stata caratterizzata sempre di più da incomprensibili incongruenze che hanno portato anche alle dimissioni di un Ministro della Republica.

Forse assistiamo all’affermazione di un nuovo modello italiano che alla stessa stregua di quello statunitense prevaricherebbe i diritti costituzionali dei cittadini, in particolare la loro privacy ed il diritto di dissenso, solo perché potrebbe creare imbarazzo a  qualche apparato dello Stato o singole figure istituzionali.

 Un’accelerazione di “verifica” che sembra essere in essere dopo la pubblicazione del “I due Marò: Due  Italiani Dimenticati”  (https://itunes.apple.com/it/book/i-maro-due-italiani-dimenticati/id657253645?mt=11).

Un volume che oltre a narrare le vicende ed a presentare alcune valutazioni tecniche sull’accaduto, raccoglie i principali  articoli e notizie di stampa che nel corso dei mesi hanno riguardato gli eventi. Il  tutto non commentato, solo raccontato, proponendo al lettore una storia completa da cui poter trarre le proprie conclusioni. Un  testo che forse per  la sua linearità  di contenuti potrebbe rinnovare interrogativi negli italiani su una vicenda tuttaltro che chiara, anche e soprattutto in termini di responsabilità specifiche.  

La storia dei Fucilieri di Marina in ostaggio dell’India sta superando tutti i misteri d’Italia messi insieme e giorno dopo giorno si consolida come uno dei momenti peggiori della storia del nostro Paese. Per i Marò fin dal primo momento è stato deciso per motivi ancora non chiari che non si dovesse parlare. Una disposizione immediatamente rispettata dalla maggior parte degli organi di informazione compreso il Servizio Pubblico televisivo che solo raramente ha dedicato risorse per raccontare agli italiani sulla sorte di due "servitori dello Stato" destinati a rischiare severe condanne per fatti ancora da provare e comunque avvenuti mentre tutelavano gli interessi dello Stato.

Moltissimi italiani non hanno invece rispettato questo “desiderata istituzionale” e fin dal primo momento si sono impegnati a tenere alta l’attenzione sugli eventi, attraverso un network  strutturato su Internet, mediante il quale trasferire un proprio e personale pensiero sul tema  specifico.

Costoro, da subito,  sono stati divisi in “buoni e cattivi”. Buoni coloro che plaudevano alle decisioni ufficiali, cattivo chi esprimeva garbatamente il proprio dissenso o sottolineava le decisioni istituzionali non condivise. Ai primi ampio spazio e massima divulgazione delle loro affermazioni. I secondi trattati come fossero un  “virus informatico” da veicolare in quarantena monitorandone i contenuti prima di restituirli alla piattaforma comunicativa a cui erano destinati.

Se venisse confermata l’ipotesi di un possibile monitoraggio istituzione dei network attivati da chi ha deciso di impegnarsi per i due Marò,  verrebbero a mancare le garanzie elementari dovute ai cittadini di uno Stato moderno che fonda i pilastri della sua democrazia sul rigetto dell’oscurantismo della censura ed osannato, invece, la libertà di espressione come uno dei concetti primari da tramandare alle future generazioni.

Questi cittadini italiani che hanno la sola responsabilità di essere impensieriti perché l’Italia continua ad essere ostaggio dell'India, non meritano di essere monitorati mutuando un modello statunitense adottato per individuare terroristi di Al Qaeda. Devono invece rappresentare un modello da pubblicizzare in un momento in cui quotidianamente decadono i più elementari valori etici che hanno fatto grande l’uomo.

L’iniziativa americana, peraltro autorizzata dal Congresso, è finalizzata alla prevenzione di possibili azioni terroristiche, se mutuata per altri scopi fino a diventare generalizzata, oltre ad intaccare il diritto di privacy dei cittadini potrebbe addirittura inficiare l’azione di “monitoraggio preventivo antiterroristico”, con una conseguente ricaduta negativa per la sicurezza nazionale ed internazionale.

Istituzioni che guardano sempre ed ovunque attraverso il “buco della serratura” non ostacolano ne tantomeno prevengono la minaccia, piuttosto favoriscono le strategie eversive che potrebbero approfittare dell’azione del controllo generalizzato, statisticamente destinato ad essere aggirato.

Monitorare cittadini impegnati a favore di altri connazionali in pericolo perché “colpevoli” di difendere gli interessi nazionali come sta avvenendo per Massimiliano e Salvatore,  non favorisce la soluzione del problema né tantomeno ne accelera i tempi. Offende solo le persone e per taluni aspetti favorisce la controparte.

Monitorare  l’espressione del libero pensiero è una prevaricazione dei diritti delle persone e dimostra incertezza gestionale se, nello stesso tempo, si accetta che uno Stato terzo offenda la sovranità nazionale, senza portarlo a giudizio di arbitrati internazionali.

Il controllo, in questo caso, non è un atto di autotutela per la sicurezza dello Stato, piuttosto la dimostrazione di essere forte con i deboli e debole con i forti.
L’India lo ha compreso e ne sta approfittando. Noi continuiamo a denunciarlo senza remore e senza timore di essere inscritti nella black list dei cattivi !

Roma 10 giugno 2013, ore 15,00

domenica 2 giugno 2013

Il Ministro Bonino : urlare di meno !

Leggo che il signor  Ministro Bonino invita gli italiani a non urlare sulla vicenda dei due Marò, a garanzia di una soluzione efficace.  

Condivido l’invito del Ministro in quanto manifestare urlando o manifestando posizioni estreme è poco civile e, sicuramente, non rappresenta la migliore forma per esprimere democraticamente il proprio dissenso. Piuttosto evidenzia un approccio poco educato e totale assenza di rispetto per gli altri.  

Una condivisione che  deriva dai valori etici e formativi che caratterizzano la mia persona ed il mio essere cittadino di una Nazione dalle antiche tradizioni e che si augurerebbe che fossero confermate e tramandate.

Non si può, infatti, fare a meno di concordare con l’invito del Ministro Bonino anche se è ricorrente il rischio di essere negativamente condizionati da espressioni di dissenso manifestate nel passato ed ancora oggi da qualche politico anche a Lei vicino politicamente che, seppure non urlando, ha rese pubbliche le proprie convinzioni con  comportamenti che avrebbero potuto, alla stessa stregua delle urla, urtare la sensibilità di qualcuno.  

Ciò premesso, vorrei chiarire che tantissimi italiani, me compreso, non stanno urlando, ma vogliono o meglio desiderano solo sapere. Tantomeno non chiedono al Ministro degli Affari Esteri di dichiarare guerra all’India, piuttosto auspicano che si attuino tutte le iniziative internazionali a cui si è fatto spesso cenno con parole o dichiarazioni di intenti che ad oggi, purtroppo, ancora non sono state seguite da fatti concreti.

Il Signor Ministro, con una Sua risposta ad una mia istanza il  15 maggio u.s. ha fatto, infatti,  inequivocabile cenno che “sulla base del diritto internazionale consuetudinario e pattizio, continuiamo a ritenere che la giurisdizione sui due Fucilieri di Marina coinvolti nel tragico episodio spetti all’Italia e che essi debbano essere giudicati dalla magistratura italiana”.

Non mi sembra che questo stia avvenendo e per questo motivo chiedo, senza urlare, perché non si dia corso al preannunciato “arbitrato internazionale”. Esperti di Diritto Internazionale mi dicono, infatti,  che è possibile attivarlo unilateralmente e chiedendone l’esecuzione con una  procedura d’urgenza che lo renderebbe esecutivo in quindici giorni, un tempo ragionevole ed abbondantemente trascorso dall’insediamento dell’attuale Esecutivo.

Per questo a voce sommessa ci si domanda perché non sia attuata una procedura che sarebbe assolutamente coerente con quanto da Lei affermato nella Sua missiva, con procedure e tempistica certamente note anche al dott. De Mistura che si sta occupando a pieno titolo dei Marò.  

Per quanto precede e continuando a non urlare, chiedo ancora come mai si è preferito accettare i tempi della NIA, che come reso noto dal dott. De Mistura dovrebbe terminare le indagini in 60 giorni (termine ormai prossimo anche se dall’India informano che come prassi corrente l’Agenzia normalmente arriva a conclusioni in non meno di  90 giorni), e non attivare, invece, quanto previsto dal Diritto Internazionale che avrebbe consentito di accelerare i tempi e forse anche assicurare allo Stato risparmi economici.

In assenza di risposte certe, mi permetto, quindi, di esprimere - sempre bisbigliando - una mia convinzione : forse le mancate risposte rientrano  nelle "regole di ingaggio" stabilite con l'India a cui fa riferimento il Vice Ministro degli Esteri, l’onorevole Pistilli.
Se così fosse, mi permetto di osservare, che  la nostra sovranità ne trarrebbe un grosso danno, forse non accettabile da una larga percentuale di cittadini italiani. Costoro, quindi, nel pieno rispetto della democrazia, potrebbero esasperati  esplicitare la propria disapprovazione con un  tono di voce di qualche decibel superiore al normale,  seppure senza gridare.

Grazie Signor Ministro spero di non avere alzato troppo la voce.

2 giugno 2013 - ore 14,00

sabato 1 giugno 2013

Massimiliano e Salvatore, una favola infinita

Eravamo bambini e per tranquillizzarci ci venivano proposte storie fantasiose con la partecipazione di entità reali, uomini, donne ed animali. Le fiabe, racconti inventati ma credibili dai fanciulli perché narrate da adulti meritevoli della massima fiducia, i genitori e  gli insegnanti.

Una volta cresciuti, le storie fantasiose di una volta sono maturate in favole, ossia avvenimenti proposti spesso per offrire speranze ed orizzonti di felicità e giustizia, ma destinati il più delle volte  ad essere rapidamente sconfessati  dalla realtà contingente.

Uno di questi racconti continua da sedici mesi. E’ rinnovato e riproposto agli italiani da “moderni  Esopo”, convinti dell’efficacia della loro narrazione perché convinti essere  destinata ad una moltitudine di ingenui, i concittadini di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Gente comune che, invece, è stanca di essere considerata “spettatori creduloni”,  pronti a condividere le trame di una storia che vede protagonisti due loro concittadini, servitori dello Stato indebitamente tenuti in ostaggio da uno Paese terzo.

Una favola proposta in chiave moderna alla stessa stregua di una telenovela a puntate in cui i protagonisti si sono proposti in altalenanti interpretazioni, spaziando dall’approccio indignato all’accondiscendenza indotta da un timido low profile. 

Una lunga storia che inaspettatamente l’11 marzo è uscita dall'appiattimento di una narrazione ormai noiosa ed ha risvegliato l’attenzione dei sopiti spettatori. Quel giorno, uno dei maggiori e più qualificati gestori della trama annunciava, infatti, che Massimiliano e Salvatore in quel momento in Italia non sarebbero più rientrati in India. In quella occasione veniva anche sottolineato che “la divergenza di opinioni tra l’Italia e l’India sulle questioni della giurisdizione e dell’immunità richiede un arbitrato internazionale: il ricorso al diritto internazionale o una sentenza di una corte internazionale ….”.

Improvvisamente, però, come in tutte le favole le favole di effetto, vi è stato  il colpo di scena. Dopo solo 11 giorni  l’Italia rinuncia ai diritti dichiarati e con tante scuse, restituisce Massimiliano e Salvatore all’India.  

La telenovela veniva così rivitalizzata arricchendo la storia infinita di nuovi episodi. Il 28 aprile l’Italia ha un nuovo Esecutivo, solerte ad informare i cittadini che uno dei problemi di prioritaria importanza sarebbe stato quello di risolvere il problema dei due Fucilieri di Marina.

A tale riguardo, l’expertise del dott. De Mistura, impegnato a risolvere il problema dal febbraio 2012, viene giustamente esaltata con la nomina dell’ex Funzionario delle Nazioni Unite  ad “ inviato speciale presso il governo indiano per la questione dei due Marò”.

Da questo momento la favola torna ad essere una fiaba connotata come tutte le leggende non da fatti concreti ma da contesti riconducibili a grandi capacità di immaginazione. Si passa da capitoli in cui si parla di “soluzione equa e rapida del caso” a pagine bianche caratterizzate da silenzio assoluto.

Molte le assicurazioni rassicuranti come quella del Ministro degli Affari Esteri, “Sulla base del diritto internazionale consuetudinario e pattizio, continuiamo a ritenere che la giurisdizione sui due Fucilieri di Marina coinvolti nel tragico episodio spetti all’Italia e che essi debbano essere giudicati dalla magistratura italiana” ed assicura che “…..il dialogo avviato ha fatto emergere la consapevolezza, anche da parte indiana, di dover affrontare con maggiore decisione, linearità e speditezza la vicenda, per una sua soluzione equa e rapida”, non seguite, però,  da fatti come l’avvio di un arbitrato internazionale e non coerenti nella sostanza, nel momento che viene lasciata agli indiani la prerogativa di indagare e poi giudicare, nonostante non ne abbiano il diritto.
Un Vice Ministro degli Esteri, Lapo Pistelli, che parlando a Firenze a margine del Forum dei giornalisti del Mediterraneo sulla vicenda dei due Fucilieri di Marina, ci dice che  "Nelle ultime settimane questa vicenda e' stata rimessa correttamente nei binari. Sarebbe poco saggio fare delle previsioni temporali ma la vicenda è instradata nei binari corretti e presto, mi sento di dire, si risolverà positivamente".  "In questo momento la collaborazione con le autorità indiane e' ottima”, ha aggiunto Pistelli. “Sono state già concordate le “regole di ingaggio” per il giudizio che gli indiani si apprestano a dare sui due fucilieri…,..”.
Informazioni che trasformano il “romanzo noir” in un vero e proprio “triller”. L’Italia rinuncia ad azioni internazionali in difesa delle proprie prerogative di Stato sovrano,  delega all’India il diritto di giudicare, concorda regole di ingaggio nemmeno si dovesse portare avanti un’azione militare. Le puntate della telenovela continuano.
 Probabilmente domani, in occasione della tradizionale parata militare per la ricorrenza della festa della Repubblica, la fiaba sarà riproposta con personaggi e fatti nuovi, speriamo però concreti e coerenti.
Gli italiani sono ormai stanchi di ascoltare favole o racconti di fantascienza. Vogliono, invece, atti concreti che riconsegnino all’Italia la dovuta credibilità internazionale e, nello stesso tempo, auspicano che a chiunque, civile o militare, impegnato all’estero per proteggere gli interessi  nazionali, sia assicurata la certezza che lo Stato esiste, pronto a garantire loro un  diritto essenziale, quello dell’immunità funzionale.
Solo così la fiaba si trasformerà in  una narrazione concreta con  protagonisti uomini e non gnomi personaggi di fantasiose vicende ed alla telenovela potrà essere scritta la parola fine.

1 giugno 2013, ore 11.00