Non è chiaro cosa ne sarà dei
Fratelli Mussulmani dopo il colpo di Stato militare del 3 luglio in Egitto e
l’arresto del Presidente Morsi.
Sicuramente ancora per qualche
tempo il più grande ed antico movimento islamista continuerà a gridare al
“colpo di Stato”, ma nel frattempo il giro di vite dei militari egiziani nei
confronti della Fratellanza potrebbe portare quasi sicuramente a reazioni di
violenza incontrollata.
Insieme a Morsi sono stati messi “sotto custodia cautelare” dei militari esponenti
di primo piano del movimento, come la
suprema guida Mohamed al Badie, il finanziere e
Khairat El - Shater ed il capo del partito Libertà e Giustizia Saad El -
Katatny.
Una mossa forse affrettata
quella del Ministro della Difesa e Capo di Stato Maggiore egiziano. Il generale
Abdel Fattah Al Sisi, che d’accordo con l’opposizione e i leader religiosi, ha annunciato la road map
che prevede un breve periodo di transizione seguito da elezioni
presidenziali e legislative.
Un Ufficiale già responsabile
dei servizi di sicurezza interni, si dice vicino agli USA. Nato al Cairo nel 1954, diplomato in scienze militari
all’accademia, ha frequentato scuole militari britanniche e americane. E’ considerato
uomo devoto all’Islam (la moglie partecipa alle cerimonie ufficiali indossando
il classico abbigliamento islamico) è stato in passato anche giudicato troppo
vicino al movimento dei Fratelli Mussulmani e nello stesso tempo dimostrava una
chiara ammirazione per l’ex presidente nazionalista Nasser.
Una
ambiguità politica che, nella forte contrapposizione fra i militanti pro e
contro Morsi, gli ha regalato un ruolo di primo piano nella fase di transizione
del Paese guardata con apprensione dagli Stati Uniti, principale finanziatore delle forze armate egiziane.
Nell’intera vicenda ha giocato
un ruolo rilevante il movimento Tamarrud improvvisamente uscito alla ribalta il
1° maggio. In breve tempo è riuscito a crearsi lo spazio per giocare un ruolo
fondamentale nella rimozione del Presidente Morsi, nello scioglimento del Consiglio
della Shura islamista, nella sospensione della Costituzione ed, infine, nel
designare Presidente ad interim dell’Egitto Adly Mansour , il capo della Corte
Suprema e vicino al deposto Presidente
Mubarak .
L’insuccesso di Morsi e quindi
dei Fratelli Mussulmani è riconducibile principalmente al fatto che Morsi non è
mai stato in grado di garantirsi la lealtà delle Forze di Polizia e della
Sicurezza interna, che fin dai primi giorni del mese di marzo hanno iniziato a
manifestare il proprio malcontento con scioperi e chiedendo le dimissioni del
Ministro dell’Interno Mansour el-Essawy. Turbolenze che hanno favorito un
ritorno dell’Esercito nelle vicende politiche del Paese, che gradualmente si è sostituito alle forse
di polizia e di Sicurezza interna.
Nello stesso tempo è ritornato
alla ribalta della scena egiziana Mohamed El Baradei, il coordinatore del Fronte
di Salvezza nazionale, ombrello di 35 piccoli partiti e movimenti politici e
che in questo momento opera come link con i militari ed approfitta per
conquistare consenso nell’azione di opposizione a Morsi.
La situazione attuale è quindi
di stallo ma proprio per questo pericolosa e fonte di improvvise iniziative
anche a scopo eversivo. Si stanno, infatti, confrontando importanti settori
della storia moderna egiziana. Da una parte la casta militare, da sempre riferimento
importantissimo per le sorti del Paese, dall’altra i Fratelli Mussulmani, la
più antica confraternita islamica nata e consolidata proprio in Egitto fin dal
1928, che non cederà facilmente le
posizioni raggiunte e che potrebbe ritornare a vecchie scelte come quelle degli
atti terroristici del passato.
Un’organizzazione che ha come
motto "Dio è il nostro obiettivo.
Il Profeta
è il nostro capo. Il Corano
è la nostra legge. Il jihad è
la nostra via. Morire nella via di Dio è la nostra suprema speranza"
La situazione che si è venuta a
creare potrebbe contagiare l’intera area e potrebbe accendere di nuovo la
miccia di quella che affrettatamente fu chiamata la primavera araba intesa come
segnale di riscossa delle popolazioni e portatrice di democrazia ed indurre possibili
iniziative eversive da parte delle colonie di beduini insediate nel Sinai e
vicine ad Al Qaeda.
Le vicende egiziane sono destinate
a generare un’altra onda anomala che andrà ad indebolire anche i Fratelli
Mussulmani presenti in Marocco, Algeria, Libia, Siria e Tunisia dove il partito
islamico fondamentalista degli An-Nahda già
manifesta il proprio timore di essere coinvolti nelle vicende egiziane, con conseguenze negative per la loro egemonia.
Fatti
importanti che dimostrano ancora una volta l’incompatibilità fra l’islam
radicale e democrazia e confermano che
le regole democratiche non possono essere né inventate né tantomeno imposte. Nessun partito egiziano dell'opposizione,
nemmeno i giovani Tamarrud, sanno di democrazia più degli Ikhwan o dei Fratelli Mussulmani.
Una
conferma che l'Egitto ed in generale il mondo islamico moderato
dell’Africa mediterranea, hanno ancora bisogno di tempo per imparare anche a
difendersi da chi propone illusoriamente
libertà, garanzie sociali e soddisfacimento dei bisogni primari del
popolo.
5
luglio 2013 - ore 11,30
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