Nonostante le
assicurazioni del nuovo Governo e l’improvviso e fugace risveglio del letargo
dei nostri politici durato solo qualche giorno, i due Fucilieri di Marina
continuano ad essere in ostaggio dell’India
ed in Italia si è ritornati al buio del passato che da sempre caratterizza
questa vicenda.
Il Parlamento, infatti, ha ripreso il letargo improvvisamente
interrotto due mesi orsono da un
antidoto efficacissimo in politica, quello elettorale. Gli organi Istituzionali
si sono riallacciati alla consuetudine del passato ripetendo parole di
circostanza, filastrocche mai oggettivate.
La Ministro degli Esteri
Mogherini incontra il suo omologo indiano senza avere risposte certe, solo “uno
scambio franco", come riferisce la titolare della Farnesina, ammettendo che
“nessun passo avanti o novità eclatanti” ci sono state.
In ogni caso, diversamente
al silenzioso passato dell’ex Ministro Bonino, l’attuale Responsabile della
Farnesina ci informa di un’intenzione importante del MAE, quella della
internazionalizzazione del caso dei marò. La Mongherini infatti sottolinea "è la strada che stiamo seguendo",
aggiungendo che l'Italia non riconosce la giurisdizione indiana e nel caso di
conflitto tra giurisdizioni, la strada per risolverlo e' quella della
internazionalizzazione".
Una determinazione
apprezzabile quella del Ministro che però forse dimentica che il 22 marzo 2013
il Governo presieduto dal Senatore Monti ha riconosciuto all’India il diritto
di giudicare rimandando a Delhi i nostri due Marò nonostante che l’India
disattendesse richieste italiane ufficializzate con note verbali. Sarà difficile
quindi cancellare il passato con un colpo di spugna e gli indiani stanno
dimostrando di saperlo bene.
Oggi,
il dott de Mistura sta riferendo alle Commissioni Difesa / Esteri di
Camera e Senato sugli esiti della sua ennesima missione in India. Dalle prime
agenzie di stampa emerge che nulla di diverso è maturato rispetto al passato.
Ossia l’Italia non ha ottenuto nulla di concreto ed i responsabili
istituzionali designati a gestire la vicenda ripetono sempre gli stessi
concetti.
Dalle
prime Agenzie leggiamo, Marò: De Mistura, posizione italiana ferma, no processo.
"Qualunque cosa accada nell'udienza del 28 marzo a New Delhi, noi al
processo non andiamo. La posizione italiana e' fermissima: niente processo e ci
ha ricordato, bontà sua,
che
il caso e' "politico", poiché in India ci sono elezioni in vista.
Un
precisazione del Commissario di Governo che conferma gli scarsi risultati ottenuti dall’Italia dopo
12 mesi dal rientro dei marò in India. L’AGI riporta, anche, che de Mistura
abbia affermato "Al processo noi non andiamo: non presenteremo i nostri
fucilieri, insistiamo per la giurisdizione internazionale della questione".
Anche lui dimentica però che in un passato recente il Vice Ministro degli
Esteri Pistelli ha parlato di “regole di ingaggio condivise con l’India”, frase
peraltro enfatizzata in uno spazio della pagina di FB dell’allora Ministro Bonino
come a suo tempo fu raccontato e che forse sarebbe interessante rileggere (http://fernandotermentini.blogspot.it/2013/10/il-ministro-bonino-e-la-sua-pagina-su.html)
Il
dott. de Mistura ci dice ancora che "qualunque sia la decisione che il 28
marzo prenderà la Corte
Suprema indiana", per l'Italia il processo in India non
si deve fare: "Niente processo, internazionalizzazione costante della
questione".
Ma
allora, sia consentito chiedere all’inviato speciale del Governo, perché fino
ad ora ha sempre rifiutato il ricorso all’arbitrato che l’ex Ministro Terzi fin
dall’11 marzo del 2013 aveva deciso di avviare avvertendo peraltro tutte le
Sedi diplomatiche italiane e delegando il suo Sottosegretario, giustappunto il
dott. de Mistura, ad informare gli italiani.
Perché
questa azione è stata abbandonata perdendo un anno a danno della soluzione del
problema. Sicuramente l’ex Premier Monti, l’ex Ministro della Difesa Di Paola
ed altri di quel Governo che condivisero la decisione di riconsegnare Latorre e
Girone agli indiani, dovrebbero riferire in Parlamento sui motivi che portarono
a delegare all’India un’azione
giudiziaria nei confronti di due nostri militari, che ora invece
tutti si affannano a contestare.
In
una democrazia moderna dovrebbe essere immediata l’istituzione di una
commissione di inchiesta che faccia luce su questi aspetti, preceduta
anche dal deposito di puntuali
interrogazioni parlamentari. In Italia, invece, si continua a disquisire sulla
vicenda senza peraltro dire nulla di concreto ma continuando a ripetere
dichiarazioni di intenti prive di contenuto oggettivo.
Forse
i due Marò, oltre ad essere stati
venduti per trenta denari, sono anche “le
vittime sacrificali” a protezione di un sistema di interessi economici, politici
e personali di qualcuno che si cerca di proteggere con cicli di parole inutili
e ripetitive, mentre l’arbitrato internazionale potrebbe, invece, aprire il
“vaso di Pandora”.
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