Ieri
La
decretazione non può essere considerata come un obiettivo finale, ma solo un
traguardo intermedio. Un successo importante nel lungo braccio di ferro fra
Italia ed India iniziato praticamente il 22 marzo 2013 quando l'ex Premier
Monti aveva definitivamente delegato l'azione giudiziaria a Delhi, in completa
autonomia decisionale e senza il pronunciamento di un Tribunale italiano dovrebbe
valutare le prove a carico di possibili imputati destinati ad essere consegnati
ad uno Stato Terzo per essere giudicati per reati in cui è prevista la pena di
morte.
Il successo di
ieri conferma che se non fosse stata tenuta nascosta in un cassetto la
richiesta dell’arbitrato internazionale, forse ora i due Fucilieri di Marina
sarebbero in Italia da tempo, anche se probabilmente in attesa di valutazioni
del loro Tribunale naturale, quello italiano e non sicuramente indiano.
Più di
qualcuno si è opposto a questa fondamentale azione giuridica prevista in ambito
internazionale, non in ultimo proprio il dott. de Mistura già ex
Sottosegretario agli Esteri e poi nominato Commissario di Governo per la
vicenda in essere, adducendo come motivazione i tempi lunghi che sarebbero
stati necessari a fronte di un processo equo e rapido che lui stesso stava
concertando con i suoi contatti indiani.
Solo l’Ambasciatore
Terzi con determinazione e convinzione fondata sulla sua professionalità e sul
suo alto senso dello Stato, dall’11 marzo dello scorso anno ha parlato di
arbitrato come soluzione idonea a sbloccare la vicenda ma non è stato ascoltato
nemmeno dal Premier del Governo di cui faceva parte e costretto, invece, a dimettersi non condividendo la decisione di
rimandare i due Marò in India, dopo che per ben due volte, lui Ministro degli
Esteri, era riuscito a gestire una
sottile e costruttiva azione diplomatica per riportarli in Italia.
Non si deve abbassare la guardia ed abbandonare la strada maestra appena
imboccata per ritornare a decisioni del passato. Danilo Taino in un editoriale pubblicato oggi dal Corriere della Sera, torna a dubitare dell’efficacia
dell’arbitrato internazionale. Riporta fra l’altro “….lo
scorso 6 marzo, Girone e
Latorre - probabilmente consigliati dal team dei loro
legali indiani - hanno presentato alla Corte un ricorso contro l’utilizzo della
Nia (National Investigation Agency) nel processo. Con ciò riconoscendo
ovviamente la legittimità della giustizia indiana, alla quale si sono
appellati, a procedere nel caso. È a questo punto che il massimo tribunale del
Paese non ha fatto altro che ammettere la legittimità del ricorso e dare il via
a una procedura - prossimo appuntamento tra un mese - per entrare nel merito
delle loro eccezioni. Difficile, in questa situazione, sostenere da parte
dell’Italia che l’India non ha giurisdizione mentre la Corte Suprema di
Delhi si appresta a discutere un caso sollevato dai due marò stessi……” . “…… A questo punto ricorrere a un arbitrato
internazionale per l’Italia è molto rischioso. È che Roma non si è mossa in
modo coordinato come avrebbe dovuto. Nella vicenda è mancata la guida decisa
del governo….”.
Un’analisi di tutto rispetto che però non chiarisce, forse per obbligo di sintesi, che la
procedura legale è stata decisa sicuramente perché condivisa dal dott. de
Mistura il quale con buona certezza si è confrontato con i legali italiani
dell’Avvocatura dello Stato e con lo stesso Governo da cui è delegato a gestire
Piuttosto sarebbe stato meglio specificare le esitanti e contraddittorie linee guida governative riferendosi a precedenti Esecutivi. In primis a quello che ha deciso il 22 marzo 2013 il rientro dei due marò a Delhi e chiuso in cassaforte le carte per avviare l’arbitrato ed al successivo che ha mantenuto ben chiuso
L'attuale
Governo, invece, non deve lasciar sfumare questo primo successo. Piuttosto è
opportuno che metta da parte i sofismi machiavellici fino ad ora applicati dal
dott. de Mistura sostituendoli con
un’azione incisiva a livello internazionale per avere riconosciuto il diritto
della giurisdizione italiana sulla vicenda e chiedere l'immediato ritorno dei
nostri militari in Italia, volontà espressamente riportata in una nota di
Palazzo Chigi.
Per ottenere
che l'India riconosca tutto ciò non può
essere abbandonata la strada della " l'internalizzazione della
vicenda" come ci ricorda il Sottosegretario alla Difesa Onorevole Domenico
Rossi. "L'aver sospeso il processo
presso il tribunale speciale e l'esclusione della NIA è un primo segnale
della giustizia indiana verso i nostri marò afferma Rossi. Una notizia positiva
che però non basta a risolvere il caso. l'India non ha nessun diritto di
giudicare i nostri marò, prosegue il Sottosegretario, e quindi é necessario
continuare a seguire la strada dell'internazionalizzazione della vicenda.
Il momento é
sicuramente delicato anche perché si avvicinano le elezioni indiane i cui
risultati potrebbero consegnare il Paese a Modi, leader del partito
nazionalista, che non é stato mai indulgente con Massimiliano e Salvatore o a qualsiasi
altra corrente più moderata che pur di uscire da loop in cui si é infilata
l'India da due anni, potrebbe suggerire una modesta condanna per i nostri
militari e rimandarli in Italia per scontare la pena come previsto in un
accordo bilaterale dell'agosto del 2012.
Il Governo
dovrebbe, quindi, sfruttare le 4 settimane che ancora ci separano dall'inizio
del processo, per aumentare la pressione internazionale come sottolinea anche l'Ambasciatore Terzi, "Una forte
pressione internazionale - ha detto - e' l'unica condizione per riportare
Latorre e Girone con onore in Italia", anche perché precisa l'Ambasciatore
“Che si fosse in acque internazionali quando ci fu la sparatoria non c’è
dubbio: lo conferma la sentenza del 18 gennaio del 2013 della corte suprema
indiana”.
Quattro settimane non sono molte per cui é
necessario accelerare i tempi con un’azione dell'Esecutivo ancora più incisiva
dell'attuale per portare l’India ad accettare l’arbitrato internazionale e non
ricadere nell’errore commesso a marzo dello scorso anno quando per tutelare
interessi economici e di lobby si decise di rimandare i due Marò in India.
Una decisione presa sicuramente non per
difendere l’onorabilità italiana che sarebbe stata compromessa se non si fosse
rispettato l’impegno di rimandare a Delhi i due militari al termine della
licenza elettorale. Un affidavit i cui contenuti erano stati vanificati dalla
mancata risposta da parte indiana ad una nota verbale italiana con la quale l’Italia
comunicava all’India “la propria disponibilità di giungere ad un accordo per
una soluzione amichevole della controversia, anche attraverso un arbitrato
internazionale o una risoluzione giudiziaria, chiedendo all’India di attivare
le consultazioni previste dalla Convenzione UNCLOS”.
Un documento ufficiale troppe volte
dimenticato per giustificare decisioni non sempre condivisibili e perché
convinti che la vicenda si sarebbe risolta in maniera “rapida ed equa” come
ripetuto dal dott. de Mistura ad ogni rientro delle sue missioni in India.
Invece è assolutamente necessario
accelerare i tempi e procedere con determinazione come raccomanda
l’Ambasciatore Terzi che aggiunge dovrebbe essere affrontato anche dal
Consiglio di Sicurezza dell'Onu. “L’Italia deve sollevare la questione anche in
questo consesso: quest’organo ha spesso trattato, ha il dovere di farlo, il
tema dell’anti pirateria”. E quindi avrebbe il diritto di valutare anche la
vicenda dei marò.
Massimiliano e Salvatore sono giá
stati sacrificati per trenta denari, l'immagine internazionale dell'Italia non
ha sicuramente guadagnato da questa situazione, si é aperta una strada per
riguadagnare il tempo perso, non abbandoniamola !
http://www.corriere.it/editoriali/14_marzo_29/spiraglio-ingannevole-af50460c-b70c-11e3-ba7c-41adf96a3a3a.shtml
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