Da oltre due anni due militari italiani sono in ostaggio
dell’India riconsegnati dalle Istituzioni al giudizio indebito di uno Stato
terzo, ma ormai nessuno ne parla. Sembra quasi che Massimiliano Latorre
e Salvatore Girone siano rientrati in Italia e tutto sia tornato nella
normalità come nulla fosse accaduto.
Il silenzio è assordante, rotto solo da sporadiche e sussurrate,
parole di circostanza.
Nel frattempo i due Fucilieri di Marina continuano ad essere
trattenuti in India senza alcun capo di imputazione e la Patria del Diritto di
lontane origini ciceroniane, mutuato in moltissimi altri Paesi, soggiace all’arbitrio
indiano, palesemente portato avanti nel dispregio più assoluto del Diritto
Internazionale e dei diritti umani.
Una situazione in cui la terra che ha dato i natali a Dante, a
Michelangelo, a Leonardo Da Vinci, a Garibaldi e Mazzini ed a tanti altri che
hanno gettato le basi culturali e politiche su cui, in parte, si fonda il mondo
moderno, perde quotidianamente di credibilità internazionale.
Un silenzio che induce a pensare che a livello istituzionale sia stato smarrito quel minimo di orgoglio nazionale che fa grande
una Nazione e la rende credibile in un modo ormai globalizzato, parametro
essenziale anche per la crescita economica di qualsiasi Paese.
Un Italia che tace a partire dal Capo dello Stato e delle Forze
Armate, a dire il vero sempre molto
silente sulla vicenda dei Marò, che, però, ricorda con tristezza e rammarico vicende
anche lontane. Non in ultimo la commemorazione del 34° anno della strage di
Ustica in occasione della quale ha richiamato la necessità di far luce su una
vicenda da lui vissuta a pieno titolo come parlamentare della Repubblica.
L’aereo fu abbattuto il 27 giugno 1980. Il Presidente Napolitano oggi
riscopre l’esigenza che venga fatta luce in ambito internazionale, nonostante
che negli anni '80 fosse probabilmente nella condizione di sollecitare
immediata chiarezza essendo impegnato ad
affrontare problemi di politica internazionale ed europea, e fosse membro della
Commissione Affari Esteri della Camera
dei Deputati e componente della delegazione italiana all'Assemblea
dell'Atlantico del Nord (1984-92 e 1994-96.
Fonte: sito del Quirinale).
Lo fa inviando un messaggio all’Associazione delle Vittime “Strage
di Ustica” scrivendo fra l’altro “Comprendo e condivido il rammarico per la
mancanza di una esauriente ricostruzione della dinamica e delle responsabilità
di quel tragico fatto, nonostante i lunghi anni di indagini e i processi
celebrati“, e precisando che occorre una “tenace sollecitazione a compiere ogni ulteriore sforzo possibile –
anche sul piano
internazionale – per giungere ad una esaustiva ricostruzione
di quello che avvenne nei cieli di Ustica impegna tutte le istituzioni a fare
la loro parte perché si giunga all’accertamento della verità“.
Parole che lasciano
intendere che forse le Istituzioni di allora di cui faceva parte mancarono in
qualcosa, se non altro di incisività in ambito internazionale.
Un Italia in cui il Ministro degli Affari Esteri partecipa a
lavori della NATO trattando rilevanti problematiche internazionali, ma non accenna per quanto noto alla abnorme
situazione dei due Marò, forse perché condizionata dalla prospettiva di prendere
il posto della Asthon come Alto Rappresentante della Politica Estera Europea ed
intenzionata, probabilmente, a seguirne la strada di completa disattenzione per
i due Fucilieri di Marina.
Ancora, un
Italia in cui il Ministro della Difesa intende coinvolgere i cittadini italiani per proposte sul nuovo
modello di Difesa ma non li tiene informati su quanto in itinere per
oggettivare l’internazionalizzare del caso, come più volte da lei stessa
affermato. Solo una rassicurazione attraverso un’Agenzia stampa di ieri dove
afferma di aver incontrato a Washington il capo del Pentagono Chuck Hagel,
ottenendo dagli Usa il "massimo
sostegno" per il caso dei due marò.
"Ho parlato della questione con Hagel e per gli Usa quello dei
maro' - ha detto il ministro - non e' un problema solo dell'Italia……”.
Un Paese in
cui per affrontare lo specifico problema si è sentita l’esigenza di nominare un
“commissario di Governo”, l’italo - svedese dott. Staffan de Mistura che
nonostante le rassicurazioni non è riuscito a riportare a casa i due militari, ma
è stato premiato assegnandolo alla presidenza di un costoso apparato europeo
destinato ad occuparsi di Pace laddove la diplomazia non riesca e destinato a presiedere anche una Scuola di
diplomazia che dovrebbe operare a Capri.
Una Nazione
dove operano Accademici di fama, esperti
in Diritto Internazionale e marittimo, che vengono lasciati da parte preferendo
a loro figure anglosassoni di non chiara struttura professionale.
Alla luce di
tutto ciò, quindi, non è azzardato affermare
che l’Italia langue, pronta solo ad accettare gli atti di imperio di un’Europa
dove l’eguaglianza democratica fra Stati sembra allontanarsi sempre di più.
Un’Italia passiva pronta a sobbarcarsi oneri anche pericolosi come il trasbordo
nel porto di Gioia Tauro delle armi chimiche provenienti dalla Siria.
L’accettazione di un rischio molto elevato quando altri, come la Germania, pur disponendo
di strutture NATO attrezzate anche per
la distruzione di materiale della fattispecie, hanno preferito non occuparsi
del problema.
Una situazione
che è sotto gli occhi del mondo e che il mondo giudica in tempo reale in un’era
in cui l’informazione viaggia oltre i fusi orari e gli emisferi, che coinvolge
purtroppo due militari italiani e le loro famiglie e di cui qualcuno prima o
poi dovrà darne conto per evitare che fra decenni un altro Capo dello Stato sia
costretto a parlarne esprimendo parole di vicinanza tardiva a cittadini
italiani che oggi lo Stato sembra aver dimenticato .
1 commento:
Penso che il mondo, e anche gli Italiani, tolto il momento immediato di rabbia e frustrazione, non abbiano molta voglia di perdere tempo per un problema che è stato generato da una congrega di incapaci che ora pensano solo di eludere le loro responsabilità.
Sono prevalenti altri interessi che impediscono di alzare la voce e battere i pugni sul tavolo.
Sono quasi certo che anche l'esposto presentato subirà l'ingloriosa fine di un cassetto a nome dimenticatoio.
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