La
calura estiva, seppure non soffocante, ha aiutato a distogliere l’attenzione
degli italiani sulla vicenda di Massimiliano Latorre
e Salvatore
Girone abbandonati dall’Italia all’indebito giudizio di uno Stato terzo.
Una
storia senza fine che ha del farsesco. Nulla di concreto viene avviato nonostante
le “roboanti” dichiarazioni a livello istituzionale. Un Presidente del
Consiglio che telefona con palese scarso
successo al Presidente indiano Modi, un Ministro degli Esteri impegnato a farsi
conoscere in Europa per conquistare una poltrona altrimenti negata anche per motivi sostanziali sul piano diplomatico, come le sue espressioni di vicinanza a Putin ed
ad Hamas. Una giovane Ministro che forse ha mutuato l’approccio diplomatico di
un suo predecessore, Massimo D’Alema quando passeggiava il 15 agosto del 2006 a braccetto con il
leader Hezbollah per le vie della capitale libanese bombardata, evidenziando
una posizione sbilanciata a favore dei
miliziani libanesi, sicuramente non propria per un Ministro degli Esteri.
Una
Ministro della Difesa che come l’ex
inviato speciale de Mistura continua ad andare in India per esprimere
solidarietà ai due Marò, ma nulla fa per portare avanti gli atti di
quell’internazionalizzazione annunciata da tempo.
Un silenzio rotto,
invece, da gossip riportato da molti
canali di informazione sul rimborso che sembrerebbe sia stato chiesto al MAE
dall’Ambasciatore Mancini per i danni subiti alla recinzione della propria
residenza a Delhi, rovinata dalla scolatura di acqua di panni messi ad
asciugare da Massimiliano e Salvatore. Qualcosa che se confermato (non risulta,
comunque, per quanto dato da sapere che
la Farnesina l’abbia smentita) avrebbe del farsesco a fronte della tragedia che
i due Fucilieri di Marina stanno vivendo da due anni e mezzo lontani dalle loro
famiglie, per una decisione italiana la
cui correttezza andrebbe attentamente valutata. Una richiesta di indennizzo,
sembra di 400 Euro , circa 1/3 del reddito annuale di un operaio indiano per
dipingere una porzione di recinzione.
Oltre a queste amenità, solo una
notizia significativa ma avvilente per il nostro Paese. Un’Agenzia, infatti, ci
dice che la Corte
Suprema indiana ha autorizzato il rinnovo della cauzione per
trattenere in "libertà condizionata" in India Massimiliano Latorre
e Salvatore Girone. Un’altra umiliazione all’Italia ed alle Forze Armate in
quanto evidenzia l’atto di accettazione italiano di un provvedimento
assolutamente illegale quale quello di un fermo giudiziario senza che siano
stati ufficializzati atti di accusa. Un’abitudine di accettazione di
colpevolezza quella italiana non nuova. Già evidenziata, infatti, dall’ex
Ministro della Difesa Di Paola quando a maggio del 2012 pagò i danni alle
famiglie dei poveri pescatori morti ed al proprietario del peschereccio Sant.
Antony accompagnata dalle dichiarazioni del dott. de Mistura alla televisione
indiana che attribuivano ad un increscioso evento colposo tutta la vicenda.
Oltre a questo solo parole che
si sommano alle tantissime dichiarazioni di intenti istituzionali rimaste tali.
Il 7 agosto da un’agenzia sappiamo che il Premier Renzi abbia detto, "Stimo molto il nuovo
premier indiano e credo che l'India e l'Italia insieme abbiamo il dovere e il
diritto di riconoscersi partner e lavorare insieme". Frase riportata in un
intervista pubblicata dal Messaggero nella parte in cui Matteo Renzi commenta
la trattativa per la liberazione dei marò. Cosa però intenda fare sul piano
concreto e giudiziario internazionale non ce lo dice.
Un solo annuncio importante,
quello dell’11 agosto, quando gli italiani vengono informati che il Premier
italiano ha chiamato “finalmente” Modi per aprire un "canale
comunicazione".
Anche in questa occasione, però,
rileggiamo ancora una volta gli stessi
concetti del passato. Una soluzione "rapida e positiva" al lungo e
complicato caso che vede al centro i due fucilieri di Marina Massimiliano
Latorre e Salvatore
Girone ci dice un’Agenzia, informandoci che questo è “
l'auspicio espresso oggi dal premier Matteo Renzi al primo ministro indiano
Narendra Modi nel corso di una telefonata che al di là dei contenuti, su cui
non trapela molto, e' un altro passo in direzione di quel canale di
comunicazione tra Roma e New Delhi ….., un altro affondo diplomatico premendo
sull'esecutivo indiano perche' affronti la vicenda dei due militari italiani,
bloccati in India dal febbraio del 2012…..”.
La “pressione” sull’Esecutivo di
Delhi è però tale che lo stesso giorno il Premier Modi precisa, che
"la giustizia indiana è libera, giusta e indipendente" e
"considererà tutti gli aspetti" del caso, ricordando che la questione
relativa all'incidente al largo del Kerala del 15 febbraio 2015 in cui sono morti due
pescatori "e' sub judice" davanti alla Corte Suprema che esamina
ricorsi presentati dai due maro'. "Noi siamo convinti - ha concluso - che
"essa considererà tutti gli aspetti nel giudicare il caso".
Una risposta molto simile a
quella data dall’allora Presidente Singh al Senatore Monti dopo che costui
aveva deciso di rimandare i marò in India considerando esclusa l’applicazione
della pena di morte sulla base di un irrilevante documento indiano che
affermava “According to well settled Indian
jurisprudence this case wouldn’t fall in the category of matters which attract
the death penalty, that is to say the rarest of rare cases. Therefore there need not
be any apprehension in this regard». Tradotto
«Secondo una giurisprudenza indiana ampiamente consolidata, questo caso non
ricadrebbe nella categoria di fattispecie che comportano la pena di morte, cioè
i più rari tra i casi rari. Di conseguenza, non si deve avere alcuna
preoccupazione a questo riguardo ». (dal settimanale Panorama 14 aprile 2013).
Singh,
infatti, si preoccupò di dire a Monti “… in vista delle indagini in
corso, sarebbe prematuro esprimere un parere su aspetti specifici. Questo,
dicono le fonti, era un riferimento ai timori italiani oltre l'accusa chiede
pena di morte per i marines…” (http://www.thehindu.com/news/national/italian-pm-calls-manmohan-singh-over-marines-issue/article4598823.ece?homepage=true)
Sono trascorsi due anni e mezzo,
le parole ci sommergono come i temporali di questi giorni, ma non dicono nulla.
Nessun atto è stato compiuto per attivare le tanto declamate iniziative di internazionalizzazione
della vicenda, primo fra tutti l’arbitrato internazionale.
Il giovane Premier Renzi ci dice di stimare il vecchio politico
indiano Modi che tuttavia risponde, in buona sostanza e con saggia
diplomaziaorientale, di non farsi illusioni su soluzioni diverse da quelle
giudiziarie.
Intanto il tempo trascorre ed i
nostri Marò restano alla mercè delle “bizze” indiane anche con l’incertezza di
dover far riferimento ad un Ambasciatore che attribuisce alla loro modesta
esperienza di massaie danni subiti alla recinzione della propria residenza per “panni
appesi a sciorinare al sole”.
Non credo che questa sia l’Italia
che ci aspettiamo .
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