sabato 24 gennaio 2015

Fucilieri di Marina, quattro domande alla Marina Militare


Il dramma che coinvolge Massimiliano Latorre e Salvatore Girone  si avvicina al giro di boa del terzo anno e la vicenda si complica sempre di più con sfaccettature che devono assolutamente essere chiarite.

Misteri che non possono rimanere tali a partire dal perché l’allora Ministro della Difesa Gianpaolo Di Paola non senti l’esigenza morale di informare immediatamente il Parlamento che tutta la linea di Comando dei due Fucilieri di Marina era stata immediatamente avvertita su quanto accaduto  dall’Armatore della Lexie e aveva dato l’assenso perché la nave e l’equipaggio si consegnasse in mani ostili,  rientrando in acque territoriali indiane.

Il Ministro, invece, ne dette notizia ufficiale solo il 18 ottobre 2012, 8 mesi dopo i fatti, perché sollecitato da un’interrogazione scritta. In quell’occasione (è agli atti parlamentari) ammise che la Difesa era stata informata che la Lexie sarebbe rientrata in acque indiane.
 
Esaminando  la vicenda nella sua completezza, traspare, inoltre, che nella migliore tradizione italiana, chiunque a livello decisionale sia stato coinvolto più o meno direttamente negli eventi ha progredito nelle sue funzioni professionali come, ad esempio,  il dott. Staffan De Mistura e l’Ambasciatore Mancini prossimo ad assumere la prestigiosa carica di responsabile della Rappresentanza diplomatica italiana presso la Santa Sede.  

Inoltre, notizie di questi giorni ci confermano,  seppure ce ne fosse stato bisogno,  che i paventati interessi economici che avevano indotto a riconsegnare all’India i due Marò il 22 marzo 2013, con ogni probabilità non erano ipotesi ma certezze che meriterebbero di essere approfondite (http://fernandotermentini.blogspot.it/2015/01/caso-maro-urge-commissione-parlamentare.html).

Ieri l’ultima ciliegina sulla torta ! Vari quotidiani e riviste nazionali ci informano di una comunicazione del Comandante della Lexie, a cui, peraltro,  in passato avevamo accennato seppure superficialmente nelle pagine di questo blog, e lo fanno con precisazioni davvero interessanti quando scrivono che la email con la narrazione dell’accaduto era stata spedita alle 19.15 del 15 febbraio 2012 mentre l’armatore del peschereccio S. Antony ha sempre dichiarato che i suoi pescatori furono uccisi alle 21.30 (orari locali ndr).  

Gli stessi organi di informazione ci dicono anche che la email fu inviata anche alla nave militare Grecale, Ammiraglia dell’Operazione anti pirateria Atlanta, ed  al marittime Security Centre Horn of Africa e all’United Kingdom Marine Trade operations e quindi atto ufficiale internazionale.
Dovrebbe, inoltre,  esistere anche un altro documento, fatta salva ogni possibile smentita o chiarimento della Marina Militare, il comunicato 04 del  15 febbraio 2012,  che informava : “I Fucilieri del Battaglione S. Marco, imbarcati come nucleo di protezione militare (NPM) su mercantili italiani sono intervenuti oggi alle 12,30 indiane, sventando un ennesimo tentativo di abbordaggio. La presenza dei militari della Marina Militare ha dissuaso cinque predoni del mare che a bordo di un peschereccio hanno tentato l’arrembaggio della Enrica Lexie a circa 30 miglia ad Ovest della costa meridionale indiana …..”.
A questo punto il condizionale è d’obbligo, troppi i dubbi e le incongruenze che dovrebbero essere chiarite,  almeno dalla FA di appartenenza dei due Fucilieri di Marina a cui proponiamo quattro quesiti.  

  1. Se è confermato che la nave Grecale abbia ricevuto la comunicazione dell’Armatore della Lexie, perchè solo ora se ne ha conoscenza pur trattandosi di un documento di estrema importanza per la difesa dei due Marò e fornire ai cittadini italiani un’informazione che potesse sgomberare ogni dubbio sull’operato di Latorre e Girone, riconsegnando ai due militari l’onore che loro compete ?
  2. I contenuti del “Rapporto Piroli” seppure segretato sono stati resi noti da un quotidiano italiano che ne è entrato in possesso. Sicuramente una fuga di notizie che forse andava immediatamente chiarita.
  3. Il comunicato 04 del 15 febbraio 2012 è confermato ? In caso affermativo sarebbe opportuno chiarire il perché ci troviamo di fronte ad una serie di comunicazioni non sempre congrue fra loro.
  4. Perché la FA Marina Militare non ha mai preteso che ai Sottufficiali Massimiliano Latorre e Salvatore Girone fosse garantito il diritto dell’immunità funzionale ?
La situazione è sicuramente complicata e forse una volta per tutte  sarebbe eticamente auspicabile che da parte della  Difesa fosse avviata un’indagine interna e dal Parlamento fosse nominata una Commissione di inchiesta.


Fernando Termentini, 24 gennaio 2015 - ore 09,00

giovedì 22 gennaio 2015

Attentati a Parigi, fatto isolato o anteprima di un dramma futuro ?


 
Con il trascorrere dei giorni gli attacchi terroristici avvenuti a Parigi più che rappresentare un vero e proprio successo di un gruppo di jihadisti più o meno strutturati, evidenzia macroscopiche carenze dell'intelligence francese ed europea erroneamente convinte che il Vecchio Continente fosse immune da qualsiasi rischio.

Palesemente, infatti, é venuta a mancare un’azione di monitoraggio preventivo quanto mai opportuna dopo che da mesi i simpatizzanti di un Islam sicuramente non moderato inondavano  i social network con messaggi inneggianti alla jihad. Un’azione che avrebbe permesso di circoscrivere la minaccia e forse anche di eliminarla prima che i fatti accadessero.

Da mesi, infatti,  Facebook e Twitter ospitano messaggi o post da cui non è difficile desumere che le Principali Capitali europee fossero ad alto rischio di attentati terroristici. Messaggi “aperti” attraverso i quali gli attivisti dell’estremismo islamico si scambiavano informazioni ed, addirittura, preannunciavano la successione delle possibili priorità degli attentati. Prima in Inghilterra ed a seguire in Francia,  in Italia, in  Belgio, in Olanda ed in Germania.

A Londra ed a Parigi quanto preannunciato è accaduto. Il Belgio risulta che sia stato sfiorato da un tentativo di attacco per fortuna sventato e qualcosa di simile sia accaduto in Germania. Se la pianificazione annunciata continuasse ad essere rispettata l’Italia ed in particolare Roma potrebbe rappresentare il prossimo obiettivo, ipotesi peraltro suffragata anche dalle quotidiane dichiarazioni di massima allerta dei responsabili istituzionali italiane.

 Una realtà peraltro nota da tempo, da quando il Califfo Abdullah Rashid al-Baghdadi annunciava che l'ISIS sarebbe arrivato a Roma conquistando la Capitale del Cristianesimo. Vecchi proclami che recentemente sono stati  confermati da una recentissima intervista rilasciata alla televisione di Stato italiana da uno degli Iman più vicini all'eversione islamica, Anjem Choudary.

Dopo i fatti di Parigi e la reazione seppur tardiva delle varie intelligence europee, l’utilizzo di Internet da parte degli fautori di azioni terroristiche è notevolmente diminuito anche se ancora circolano messaggi che sembrano confermare l’eventualità di nuovi eventi terroristici che coinvolgeranno l'Europa. Il network comunicativo, comunque, sta trasferendosi sulle storiche  riviste di matrice islamica  "Inspire Magazine, Dabiq Magazine e Al-Hayat Media Center.

Un’analisi più generale, comunque, porta ad ipotizzare che qualcosa stia cambiando rispetto al passato quando prevaleva la teoria dell’efficacia dell’attentato su larga scala tipo quello dell’11 settembre 2001. Oggi, sembra invece che si stia affermando la teoria di affidare la gestione dell’attacco terroristico ad unità minimali. Piccoli gruppi di “lupi solitari”, possibilmente composti da mussulmani di seconda o terza generazione, ossia cittadini europei liberi di muoversi sul territorio ed applicare la tecnica del “mordi e fuggi”.
 
Azioni non eclatanti ma sicuramente efficaci per esaltare il livello di paura nella popolazione, sviluppate in contemporanea in più punti della stessa città in modo da costringere una frammentazione delle forze di sicurezza. Il tutto gestito “da cellule madri” difficili da individuare e controllare proprio perché cittadini legalmente residenti nei Paesi target.

Non è quindi azzardato affermare che forse ci troviamo di fronte ad un nuovo modello terroristico in cui diminuiscono i martiri da sacrificare alla causa per essere sostituiti da esperti comunicatori e combattenti con esperienze operative maturate sul campo, pronti ad affinare la loro “professionalità terroristica” gestendo in successione  più attentati, in differenti Paesi ed anche sfruttando come manovalanza le decine di disperati che raggiungono l’Europa dal Mediterraneo o dai Balcani.

Una situazione in evoluzione più difficile da controllare rispetto al passato e che propone anche un nuovo rischio, quello che i potenziali terroristi possono disporre di materiale radioattivo e quindi utilizzare "bombe sporche" come annunciato qualche settimana fa da da Hamayun Tariq, jihadista britannico che su twitter utilizzava il nome di battaglia di Muslim-Al-Britani.

La minaccia è quindi complessa e variegata per cui è impensabile che possa essere affrontata applicando regole di polizia "convenzionali"  . Auspicabile, invece, il ritorno alle vecchie tradizioni dell'Intelligence,  ricorrendo ad infiltrati liberi di agire anche oltre “le regole”. Soluzioni che nel passato hanno permesso di sconfiggere le organizzazioni eversive di matrice politica che operavano, ad esempio, in Italia ed il Germania.

Nello stesso tempo gestire l’informazione in maniera attenta per  non  dare visibilità a chi attraverso messaggi personali tende ad amplificare il successo di un possibile atto eversivo. Una gestione del flusso comunicativo che per taluni aspetti potrebbe andare a discapito di un’informazione “aperta” ma che sicuramente concorrerebbe a ridurre l’amplificazione mediatica che i vari Imam cercano quotidianamente per fare proseliti.
 
Evitare, per esempio, di concedere il “video” a personaggi come Anjem Choudary che ai microfoni del Tg1 della RAI il 18 gennaio u.s. ha rilasciato un’intervista minacciando più volte l'Italia e riscuotendo l’approvazione di una larga componente del mondo islamico estremista,  come si può dedurre dai successivi twitter scambiati fra i vari soggetti.

 
 
Fernando Termentini, 22 gennaio 2015 - ore 12,00
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 

 

 

Fernando Termentini, 22 gennaio 2015 - ore 12,00

venerdì 16 gennaio 2015

Caso Marò, urge Commissione Parlamentare

Fra pochi giorni  saranno tre anni da quando  due nostri Sottufficiali Fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, sono in ostaggio  dell'India per delega dell'Italia.

Ieri per la prima volta il Parlamento europeo a larga maggioranza ha ammesso che la competenza giuridica è un diritto  dell’Italia  italiana ed ha ammesso l'opportunità dell'avvio dell'Arbitrato internazionale.

Tre anni durante i quali è stata più volte lamentata l’assenza di informazione da parte dei  principali media nazionali molto restii a parlare della vicenda, degli eventi che l’avevano provocata, degli eventuali motivi che potevano condizionarne la soluzione soprattutto per la palese cessione della sovranità nazionale italiana, nonostante che il Diritto Internazionale e quello del mare concedessero all’Italia ampie prerogative per la gestione della sorte di due nostri concittadini.

Tre Presidenti del Consiglio, quattro Ministri degli Esteri si sono succeduti in questi tre anni, ma nessuno ha proposto soluzioni chiare nel pieno rispetto delle Norme Internazionali come invece ieri inequivocabilmente affermato dal Parlamento europeo. Mai un chiarimento od una motivazione politica sul perchè dell'ostinazione a non avviare un Arbitrato internazionale, piuttosto frequenti sollecitazioni dai vertici Istituzionali a fare silenzio.

Lecito, quindi, un dubbio. Forse una controversia internazionale avrebbe potuto far emergere intorno al caso verità scomode proprio per quelle lobby economiche che forse contribuirono quel famoso  22 marzo 2013 alla decisione di rimandare i Marò in India. Ipotesi si ritiene non troppo fantasiose se venisse confermata l’esistenza, come riportato e non smentito da un noto quotidiano nazionale, di una lettera datata 15 marzo 2013, spedita al premier Mario Monti e firmata dal presidente di  Confindustria Giorgio Squinzi,. Lettera che potrebbe avere rappresentato un motivo piuttosto convincente per rispedire Girone e Latorre a New Delhi, se non altro, come si diceva in quei giorni,  per «evitare gravi ripercussioni economiche» sul made in Italy.

Non solo interessi economici ma anche fatti personali forse del tutto casuali ma comunque legati temporalmente agli avvenimenti in questione. Avanzamenti di carriera di funzionari con un  ruolo decisionale ben preciso e per taluni aspetti determinante al momento degli eventi; l’ex Premier di allora che potrebbe essere in corsa per il Quirinale; ex Ministri in procinto di avviare nuove esperienze attraverso aggregazioni politiche che potrebbero comprendere qualcuna delle lobby economiche coinvolte quel famoso marzo 2013.

Vicende personali, intrecci internazionali come quella degli elicotteri di Finmeccanica,  ma anche altri interessi economici con l'India, rimasti nell'ombra finora, che lentamente emergono dal buio della cattiva informazione che ha caratterizzato il caso.

Fra le tante una scoperta sorprendente ed inquietante : nonostante i divieti vigenti dal 1992, l’Italia ha importato - guarda caso proprio nel 2012 - ingenti quantità di amianto dall’India, addirittura come maggiore importatore con 1040 tonnellate. È tutto scritto in documenti ufficiali. Il dato è stato anche confermato dall’Agenzia delle Dogane.(Fonte La Stampa : http://www.lastampa.it/2015/01/11/italia/cronache/torino-il-giallo-dellamianto-importato-in-italia-dallindia-LNu8Abv4b3K3AqpHDEy37O/pagina.html).

Un’importazione che la legge 257 del 27 marzo 1992 vieta, pur prevedendo delle limitate deroghe che vanno autorizzate dal ministero. Forse il Ministro dello Sviluppo economico di allora, dott. Corrado Passera, potrebbe chiarirci qualcosa.

Peraltro amianto è stato utilizzato in componenti di elicotteri da combattimento costruita dall’Augusta del Gruppo Finmeccanica e sembra anche su navi della Marina Militare. Su questo aspetto dovrebbe  sapere tutto l’ex Ministro della Difesa del Governo Monti, Ammiraglio Gianpaolo Di Paola già ex Segretario Generale della Difesa e Direttore degli Armamenti e come tale  responsabile delle attività di ricerca e sviluppo tecnologico, nonché dell’approvvigionamento dei sistemi d’arma e Presidente del Comitato Consultivo per l’esame dei contratti più importanti in materia di armamenti.. Successivamente anche  Capo dello Stato Maggiore della Difesa.     

 Non solo. Il Ministero indiano della Difesa (MoD) ha recentemente approvato una fornitura da 243.5 milioni) di dollari per l’ acquisto di mitragliere navali dalla italiana OTO MELARA, unico offerente. Un ‘offerta che risale al novembre 2913.

Affari nuovi ed affari vecchi fra Italia ed India come quello di  Colaninno che nel 2011 è riuscito a piazzare ben 200mila veicoli della Piaggio, apprezzati soprattutto dal pubblico femminile e dai poveri indiani costretti a tirare i risciò tra le mucche sacre.

Questi in sintesi alcuni dei punti importanti che ruotano intorno alla vicenda dei due Marò e che dopo tre anni un Paese democratico dovrebbe  chiarire al popolo sovrano,  magari attraverso l’istituzione di una Commissione di inchiesta parlamentare.

Fernando Termentini 16 gennaio 2015, ore 16,00

giovedì 15 gennaio 2015

Il mondo islamico è in evoluzione \


La realtà musulmane ospitano ciclicamente momenti storici ripetitivi, che ormai fanno parte integrante di quelle culture.  Gli eventi parigini, preceduti da quelli di Londra e con ogni probabilità destinati a ripetersi  in altri Paesi occidentali,  rappresentano l’oggettiva espressione di  un mondo dove la religione condiziona la gestione dello Stato e manovra le folle esasperandole fino all'estremo.
 
Ancora una volta, si è conferma e risulta vincente il fanatismo religioso che in molte realtà islamiche condiziona ancora in maniera prevalente  la politica. Un fenomeno, purtroppo, in crescita dopo gli interventi dell'Occidente sui  governi sovrani che seppure "dittatoriali" secondo l'ottica occidentale, riuscivano comunque a mantenere gli equilibri interni e quindi a garantire una certa stabilità e sicurezza anche in tutta l’area circostante.  Iniziative, peraltro, iniziate e portate avanti senza predisporre adeguate soluzioni politiche per il “dopo” individuate attraverso un’attenta analisi e  pianificazione strategica.
  
Un'azione  dell'Occidente  che si è concentrata su alcuni Paesi mussulmani escludendo altri. Un  Ben Alì  dominava in Tunisia in modo non troppo diverso da quello dell'Emiro in Arabia  Saudita. Forse lo faceva anche in maniera meno coercitiva, considerando che a Tunisi le donne erano autorizzare a guidare e non tutte indossavano il velo mentre a Riad tutto ciò era ed è proibito.  Ben   Alì, , Mubarac e Gheddafi sono stati deposti con la violenza, l'Emiro dell'Arabia Saudita, del Kuwait, dello Yemen o del Qatar ancora gestiscono le proprie dittature, anche se qualcuno è finanche  sospettato di finanziare gruppi eversivi.
 
La Primavera Araba, da moltissimi analisti considerata come la panacea di tutti i problemi islamici, ha dimostrato invece di essere stata uno dei più grossolani errori della politica internazionale dell'Occidente che ancora una volta si è lasciato sfuggire l'occasione di portare avanti nei confronti delle popolazioni islamiche una costruttiva azione di "Capacity Building" nell'assoluto rispetto delle tradizioni e realtà locali. Invece, ha contribuito a complicare, almeno in alcune aree,  situazioni di per se già complesse, accelerando i processi di esasperazione politica e di antiche controversie etniche come quelle fra Sunniti e Sciiti in Siria ed in Iraq.
 
Non ci si deve meravigliare, quindi, dell'auto proclamazione del Califfato islamico, un ISIS che attraverso le moderne tecnologie comunicative ha rapidamente esteso il proprio network, riscuotendo il consenso di moltissimi giovani mussulmani ormai cittadini occidentali  ma pronti ad immolarsi per i fratelli meno fortunati,  nel pieno rispetto della solidarietà coranica.
 
Lo "Stato Islamico” si  sta consolidando in Occidente, proprio facendo leva sui mussulmani di seconda e terza generazione, cittadini francesi piuttosto che inglesi, svedesi o norvegesi integrati nelle rispettive nazioni,  ma sempre e comunque facile preda degli Imam. Il consenso si sta pericolosamente allargando anche nei Paesi africani ed arabi in generale. Formazioni che guardano con simpatia al Califfato germogliano e crescono in Libia, Tunisia (Ansar Al Shaaria), in Nigeria con i Boko Haram, Somalia e Kenia con gli Sharab mentre Al Qaeda del Magreb giorno dopo giorno nel nome del Califfato occupa aree sempre più vaste in Mali.
 
Il cancro del fondamentalismo sta quindi "lanciando le proprie metastasi" attraverso il passaggio all'indipendenza attraverso l'autodeterminazione, peraltro favorita dall’Occidente quando in occasione della Primavera Araba ha dimenticato di valutare tutte le possibili implicazioni  che si sarebbero innescate sul piano sociale, in realtà culturali abituate  ad essere gestite piuttosto che autogestirsi.
 
Quello stesso Occidente che ora guarda spaventato alla minaccia ma che avventatamente ha accettato di ospitare la proliferazione di Moschee e Centri islamici clandestini e non ha monitorato il flusso dei propri cittadini di religione islamica verso la Siria per arruolarsi nell’ISIS. Prima fra tutti l’Italia che ha atteso solo “dopo Parigi” di inscrivere 20 persone nel registro degli indagati per terrorismo, quando sono mesi che si parla del rischio di un nuovo fondamentalismo.
 
Fernando Termentini, 14 gennaio 2015, ore 16,00

martedì 13 gennaio 2015

l baratto dei due fucilieri di Marina

(pubblicato da www.interris.it, il 12 gennaio 2015)

Il 15 febbraio 2012, è iniziato il calvario dei due Sottufficiali Fucilieri della Marina Militare Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Un lungo periodo che rappresenta uno dei momenti più oscuri della storia del nostro Paese. Tre anni durante i quali l’Italia ha continuato a cedere sovranità delegando le proprie funzioni ad uno Stato Terzo, come mai è avvenuto e forse mai avverrà nella storia del mondo moderno, che non ci tramanda casi in cui una Nazione abbia negato ai suoi cittadini il diritto della tutela funzionale.

Ai due Sottufficiali della Marina Militare italiana, fucilieri della prestigiosa Brigata S.Marco, invece, questo diritto è stato tolto nonostante stessero operando perché incaricati dal Parlamento, ad assicurare sicurezza anti pirateria marittima a una nave battente Bandiera italiana. Nella fattispecie, infatti, il Belpaese ha preferito delegare ad uno Stato Terzo il diritto di giudicare l’operato di questi uomini, senza che, a distanza di tempo, fossero state ancora prodotte prove e formalizzati atti di accusa nei loro confronti.

Una storia peculiarmente italiana nel momento in cui improvvisamente si sono accavallati agli eventi notizie di tangenti internazionali e coinvolgimenti di lobby affaristiche che hanno indotto a considerare Massimiliano Latorre e Salvatore Girone “merce di baratto” con l’India.

Una vicenda in cui lo Stato continua a “mercanteggiare” la sorte dei due nostri militari, ricorrendo a infinite ed inconcludenti iniziative politiche, piuttosto che attivare immediatamente l’Arbitrato Internazionale e rimettere la valutazione dei fatti ad una Corte Internazionale. Un’esitazione incomprensibile e che induce a pensare che l’incertezza nel decidere è forse suggerita dal timore che possano emergere verità scomode per qualcuno che in passato ha preferito percorrere la strada delle cessione di sovranità riconsegnando i due all’India.

Un evento in cui esiste solo una certezza: qualsiasi cosa sia accaduta si è verificata durante lo svolgimento di un compito istituzionale affidato a due rappresentanti dello Stato incaricati di garantire sicurezza a una porzione di territorio nazionale. Per il resto solo un susseguirsi di congiunture a cui si sovrappongono interessi personali ed economici che hanno prevalso sulle garanzie che uno Stato di Diritto dovrebbe assicurare.

Lo stesso Premier indiano ha, recentemente pubblicamente affermato che nel contrasto alla pirateria devono essere applicate le leggi internazionali, ma l’Italia sembra non voler seguire questa strada. Preferisce, invece, continuare a mercanteggiare a danno della sovranità nazionale, proponendo al mondo un Paese sempre più timido nell’affermare i propri diritti ed a tutelare quelli dei propri cittadini.

Peraltro, continuiamo a contrattare con uno Stato il cui Ministro degli Interni ha ammesso che Girone rappresenta per l’India un ostaggio, qualora Latorre rimanesse in italia per continuare le cure mediche di cui ha bisogno. Un’affermazione grave per una “grande democrazia”, in quanto gli Stati semmai fanno prigionieri e gli ostaggi, sono invece, appannaggio di fazioni eversive o di pirati.

I due Marò sono lontani dalla loro Patria e dalle loro famiglie, colpevoli solo di aver detto “Obbedisco” quel famoso 22 marzo 2013 quando fu loro assicurato che una volta rientrati a Delhi tutto sarebbe stato risolto in tre, quattro settimane.

La grande vergogna, invece, continua e l’Italia prosegue a trattare, forse perché così – forse – ha stabilito qualche esponente del Club Bilderberg o della Trilaterale.
Fernando Termentini 12 gennaio 2015
(Fonte: pubblicato dallo stesso autore il 12 gennaio 2015 su www.interris.com

venerdì 9 gennaio 2015

Islam fondamentalista : la situazione sfugge di mano


Troppo precipitosamente qualcuno disse con la morte di Bin Laden che  il fenomeno terroristico era destinato ad esaurirsi in breve tempo. A distanza di qualche mese, infatti, la situazione smentiva le ottimistiche previsioni e si cominciò a parlare di ISIS come la Al Qaeda madre del terrorismo del terzo millennio.
Lo Stato Islamico, nel frattempo, consolida le proprie posizioni in Libia, Marocco, Tunisia e Algeria. in Libia. In particolare, sembra avere il controllo di aree sempre più vaste. Roma è stata da subito indicata come simbolo del cristianesimo, Capitale di una nazione nemica e non soltanto perché sede del Vaticano.

Una struttura organizzativa quella dell’ISIS   che immediatamente ha dimostrato di essere gestita da terroristi della terza generazione, gente colta ed esperta nell’uso delle moderne tecnologie e dei moderni social, come Facebook e Twitter, attraverso i quali da subito hanno iniziato a coordinarsi in tempo reale.

Le moderne piattaforme informatiche, infatti, costituiscono per i nuovi terroristi il mezzo attraverso cui concertare azioni e fungono la cassa di risonanza per  acquisire consensi e collegare tra loro le migliaia di cittadini occidentali di religione islamica che nel tempo si arruolano nelle  truppe del Califfato, per poi rientrare dopo periodi più meno lunghi nelle Nazioni di residenza , preparati e pronti ad entrare in azione all’occorrenza.

Non lupi solitari o schegge impazzite come troppe volte sono stati definiti con analisi semplicistiche, ma rappresentanti di una nuova leadership strutturata, preparata militarmente ed in grado di gestire in maniera coordinata azioni eversive articolate in particolare con lo scopo di impegnare più fronti e contemporaneamente le forze di sicurezza degli Stati.

Gente che fino a poco prima della fine dello scorso anno, è stata in collegamento attraverso un network strutturato ed articolato. Messaggi su Twitter, messaggi in codice scambiati su FB ed ospitati anche su piattaforme occidentali come il sito italiano http://justpaste.it/,dove per decine di giorni sono stati riportati proclami, filmati ed anche tecniche per la costruzione di IED.

Un proliferare di messaggi che improvvisamente si è attenuato quasi annullandosi. Una quiete preoccupante che forse presagiva l’approssimarsi di una tempesta, che i fatti di Parigi rendono quanto mai reale e che con ogni probabilità sarà destinata ad allargarsi, superando i confini francesi.

I fratelli Kouachi  che hanno attuato il massacro nella redazione parigina della rivista satirica Charlie Hebdo ed Amedy C. che ha ucciso poco dopo a Montrouge la poliziotta parigina, hanno combattuto in Siria e fanno parte della stessa cellula jihadista, la Buttes-Chaumont che prende il nome di un parco parigino dove si radunavano gli jihadisti pronti a partire per la guerra in Iraq.

I fratelli sono,  al momento in cui si scrive,  asserragliati in una piccola fabbrica francese e contemporaneamente Amedy ha preso ostaggi ebrei a sud di Parigi. Stanno trattando impegnando contemporaneamente le forze di sicurezza e l’intelligence francese, sicuramente non con un’azione improvvisata, piuttosto pianificata e forse anche coordinata da qualcuno che non partecipa all’azione sul campo.

Continuare ad ignorare segnali  del genere apparentemente casuali, potrebbe costare molto in termini di vite umane. I fatti di Parigi dimostrano che la struttura terroristica si sta ricostituendo e come era prevedibile non è più affidata alla gestione di estremisti islamici “importati”, ma a cittadini europei che hanno sposato la jihad e che potrebbero rappresentare i punti di riferimento per la manovalanza che sicuramente affluisce attraverso i flussi migratori incontrollati.

Ormai l’analisi settoriale non può più garantire una difesa alla minaccia terroristica che è globale, piuttosto si deve procedere cercando di collegare fra loro anche eventi lontani che possano accadere in contemporanea. A Parigi si sparava in città mentre  a Sana esplodeva un’auto bomba ed i Boko Haram distruggevano 19 villaggi i Nigeria con più di 2000 morti.

Fernando Termentini, 9 gennaio 2015 - ore 15,00