Troppo precipitosamente
qualcuno disse con la morte di Bin Laden che il fenomeno terroristico era destinato ad
esaurirsi in breve tempo. A distanza di qualche mese, infatti, la situazione
smentiva le ottimistiche previsioni e si cominciò a parlare di ISIS come la Al Qaeda madre del
terrorismo del terzo millennio.
Lo Stato Islamico, nel
frattempo, consolida le proprie posizioni in Libia, Marocco, Tunisia e Algeria.
in Libia. In particolare, sembra avere il controllo di aree sempre più vaste.
Roma è stata da subito indicata come simbolo del cristianesimo, Capitale di una
nazione nemica e non soltanto perché sede del Vaticano.
Una struttura organizzativa quella
dell’ISIS che immediatamente ha dimostrato di essere
gestita da terroristi della terza generazione, gente colta ed esperta nell’uso
delle moderne tecnologie e dei moderni social, come Facebook e Twitter,
attraverso i quali da subito hanno iniziato a coordinarsi in tempo reale.
Le moderne piattaforme informatiche,
infatti, costituiscono per i nuovi terroristi il mezzo attraverso cui
concertare azioni e fungono la cassa di risonanza per acquisire consensi e collegare tra loro le
migliaia di cittadini occidentali di religione islamica che nel tempo si
arruolano nelle truppe del Califfato,
per poi rientrare dopo periodi più meno lunghi nelle Nazioni di residenza ,
preparati e pronti ad entrare in azione all’occorrenza.
Non lupi solitari o schegge impazzite
come troppe volte sono stati definiti con analisi semplicistiche, ma
rappresentanti di una nuova leadership strutturata, preparata militarmente ed
in grado di gestire in maniera coordinata azioni eversive articolate in
particolare con lo scopo di impegnare più fronti e contemporaneamente le forze
di sicurezza degli Stati.
Gente che fino a poco prima della fine
dello scorso anno, è stata in collegamento attraverso un network strutturato ed
articolato. Messaggi su Twitter, messaggi in codice scambiati su FB ed ospitati anche su
piattaforme occidentali come il sito italiano http://justpaste.it/,dove per decine
di giorni sono stati riportati proclami, filmati ed anche tecniche per la
costruzione di IED.
Un proliferare di messaggi
che improvvisamente si è attenuato quasi annullandosi. Una quiete preoccupante
che forse presagiva l’approssimarsi di una tempesta, che i fatti di Parigi rendono
quanto mai reale e che con ogni probabilità sarà
destinata ad allargarsi, superando i confini francesi.
I fratelli
Kouachi che hanno attuato il massacro
nella redazione parigina della rivista satirica Charlie Hebdo ed Amedy C. che ha ucciso poco dopo a
Montrouge la poliziotta parigina, hanno combattuto in Siria e fanno parte della
stessa cellula jihadista, la Buttes-Chaumont che prende il nome di un parco
parigino dove si radunavano gli jihadisti pronti a partire per la guerra in
Iraq.
I fratelli sono,
al momento in cui si scrive, asserragliati in una piccola fabbrica francese
e contemporaneamente Amedy ha preso ostaggi ebrei a sud di Parigi. Stanno
trattando impegnando contemporaneamente le forze di sicurezza e l’intelligence
francese, sicuramente non con un’azione improvvisata, piuttosto pianificata e
forse anche coordinata da qualcuno che non partecipa all’azione sul campo.
Continuare ad
ignorare segnali del genere
apparentemente casuali, potrebbe costare molto in termini di vite umane. I
fatti di Parigi dimostrano che la struttura terroristica si sta ricostituendo e
come era prevedibile non è più affidata alla gestione di estremisti islamici
“importati”, ma a cittadini europei che hanno sposato la jihad e che potrebbero
rappresentare i punti di riferimento per la manovalanza che sicuramente
affluisce attraverso i flussi migratori incontrollati.
Ormai l’analisi settoriale
non può più garantire una difesa alla minaccia terroristica che è globale,
piuttosto si deve procedere cercando di collegare fra loro anche eventi lontani
che possano accadere in contemporanea. A Parigi si sparava in città mentre a Sana esplodeva un’auto bomba ed i Boko Haram
distruggevano 19 villaggi i Nigeria con più di 2000 morti.
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