L’anno
che volge al termine è segnato da segnali preoccupanti in quanto il terrorismo
sta superando i confini delle aree conflittuali del Medio Oriente e del Centro
Asia ed inizia a coinvolgere Paesi europei e l’occidente in generale.
Con
ogni probabilità le azioni eversive saranno destinate ad aumentare nel tempo
con un trend proporzionale ai successi militari che l’attuale Coalizione
internazionale sta ottenendo sull’ISIS. Una pianificazione che è lecito
supporre sia già iniziata con l’inserimento graduale di cellule eversive nei
“Paesi target”, in primis attraverso i flussi migratori e poi con il rientro di
occidentali simpatizzanti islamici, che stanno
combattendo nelle file dell’ISIS.
Probabilmente
a differenza delle azioni eclatanti portate a termine da Al Qaeda, saremo
destinati a fronteggiare atti di micro terrorismo affidati anche a residenti nei Paesi scelti come obiettivo. Vicini
di casa i cui figli magari frequentano le stesse scuole dei nostri ragazzi a
cui saranno affidate azioni sicuramente più difficili da individuare e da
fronteggiare rispetto ai classici atti eversivi che ci siamo abituati a
conoscere.
Forme
di terrorismo prepianificate, espressione di una lotta politico/religiosa ai danni di Nazioni, governi, gruppi etnici o
fedi religiose, attuate con lo scopo di ottenere effetti
mediatici immediati e nello stesso
tempo
alimentare
terrore
nella popolazione residente.
E’ innegabile che la minaccia dell’estremismo islamico torna ad essere attuale e forse più importante
rispetto al passato, in quanto potrebbe trovare terreno fertile nel malessere
sociale ed economico che sta coinvolgendo in particolare l’Europa, guadagnando collegamenti
territoriali sia con i gruppi eversivi a sfondo politico sia con la malavita. Nell ’immediato
futuro potrebbe essere difficile distinguere il pericolo esterno da quello
interno, finalizzato a scuotere coloro
che dalle strutture eversive vengono considerati “folla renitente e sottomessa”.
La
moderna tecnologia, peraltro, offre mezzi e risorse tecnologiche che consentono di sviluppare in tempo reale analisi approfondite
delle situazioni geopolitiche di interesse ed ottimizzare la scelta
e la tipologia del possibile target. Oggi, “l’analista del terrore” può, infatti, effettuare scelte mirate attraverso i motori
di ricerca di Internet, gestendo contemporaneamente le strutture operative e le risorse logistiche
precostituite
nel mondo.
L’
“information warfare” è, infatti, in continua evoluzione ed è destinata a
rappresentare sempre di più una realtà concreta destinata ad essere l’origine
di qualsiasi atto terroristico ed a sfociare anche nel “cyber- terrorismo”, ossia un atto terroristico
finalizzato ad intaccare la sicurezza
nazionale e mondiale a livello informatico. Una minaccia globale, tecnica,
transnazionale e soprattutto anonima che segnali provenienti da tutto il mondo
indicano come già iniziata, anche se la
maggior parte dei Governi sono impreparati ad affrontarla. Il moderno
terrorista, invece, avrà a disposizione mezzi
di comunicazione sempre più sofisticati ed evoluti che gli consentiranno di
colpire a “ragion veduta”, scegliendo il momento ottimale per portare a termine l’atto terroristico.
L’incubo del terrorismo, quindi, torna ad essere reale
anche se si pensava che con la morte di Bin Laden la minaccia sarebbe destinata
a scomparire. Un’ottimistica valutazione sconfessata da quando accade ogni
giorno per opera dello Stato Islamico di al- Baghdadi con le sue minacce ed atti
concreti contro l’Occidente ed il mondo cristiano, proposte come un “obbligo
etico” dell’Islam condiviso, peraltro, da centinaia di giovani occidentali pronti
ad arruolarsi per combattere sotto il vessillo del Califfato. Giovani
sicuramente esasperati dall’assenza di prospettive concrete che il mondo
industrializzato sta loro negando e che
vedono sempre di più allontanarsi una prospettiva di prosperità per l’azione
disgregante delle tecnocrazie mondiali, in particolare quella europea.
In questo scenario
sicuramente l’Italia è sotto osservazione degli jihadisti dell’ISIS ed è
diventata obbiettivo della strategia mediatica del Califfato perché Roma è la
Capitale anche del cattolicesimo mondiale e quindi un atto terroristico nella
Città Eterna avrebbe un’eco in tutto il modo cristiano con conseguenze
assolutamente non prevedibili.
Un Paese, il nostro,
che si è presentato agli occhi del Califfo Abu Bakr al-Baghdadi come uno Stato esitante, indeciso e poco
credibile sul piano internazionale. Oggi diventato meta incontrollata di
migliaia di migranti, dopo che a livello nazionale è stata sviluppata una
gestione fallimentare dei flussi migratori. Terra di approdo di disperati convinti
di poter in breve tempo raggiungere traguardi sognati per tutta la vita,
destinati, invece, ad essere disillusi in breve tempo ed entrare a far parte
della compagine degli scontenti, potenziali pedine del nuovo terrorismo.
Una situazione quella
italiana destinata a diventare ad alto rischio per il “buonismo” imperversante
e gli errori di valutazione commessi da chi ora guarda con timore le possibili
azioni di ipotetici jihadisti mescolati ai profughi. Un’Italia che non ha
esitato ad inneggiare alle varie “Primavere arabe” dimenticando che le realtà da
abbattere erano a ridosso dei propri confini, Paesi governati da dittatori che fino
al giorno erano stati aiutati e sponsorizzati dalle democrazie europee.
Un
pericolo che emerge da recenti affermazioni del Capo della Polizia e del
Ministro degli Interni. Pansa ammonisce che l’Italia rischia di importare con i
migranti il fondamentalismo destinato a sciamare su tutto il territorio
dell’Unione Europea. Alfano conferma che il migrante illuso nelle aspettative
diventa un soggetto altamente disponibile a farsi reclutare.
Un rischio eversivo e
non solo terroristico quello che l’Italia sta correndo, destinato a crescere
sempre di più per il disagio sociale ed economico che le giovani generazione italiane stanno
vivendo e che potrebbero sentirsi minacciate dalla presenza dei migranti, con una
conseguente reazione o contro costoro od insieme a costoro verso lo Stato.
Una situazione dove lo jihadista incaricato di fare
proseliti troverebbe facile manovalanza mentre quello incaricato di attuare
l’atto terroristico disporrebbe della complicità interna di gruppi estremisti
nazionali, insurrezionalisti con l’unico scopo di destabilizzare uno Stato
incapace di garantire loro un futuro diverso dalla malversazione e dal
malaffare.
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