giovedì 24 febbraio 2011

I Ministri europei pensano ed in Libia si muore

La storia si ripete. L’Europa sta pensando, come avvenuto in passato per i Balcani durante l’assedio di Sarajevo ed il genocidio in Kosovo. Ora, i Ministri europei stanno valutando le possibili ipotesi di intervento in Libia a favore della popolazione e l’Unione e gli USA si limitano a lanciare avvertimenti al governo libico con scarsi risultati. Dall’inizio dell’anno è scoppiata la rivolta in tutta l’Africa settentrionale, a ridosso dei confini meridionali italiani, spagnoli, maltesi e greci, che, interpretando Schengel, dovrebbero coincidere con quelli dell’Unione Europea. Moti di piazza sicuramente non improvvisati che hanno evidenziato un’organizzazione ed un coordinamento di tutto rispetto se non altro perché in due Paesi nell’arco di una, due settimane sono riusciti a costringere all’esilio potenti al governo da trenta anni. Unione Europea e Stati Uniti sono sembrati quasi sorpresi per quanto accaduto e per come è avvenuto. Forse temendo intrusioni di Wikileaks sono venute a mancare le comunicazioni diplomatiche o di intelligence da Tunisi, da Algeri, e dal Cairo ed il castello di carte è improvvisamente crollato. Nemmeno le Delegazioni Europee con i loro uffici al Cairo, a Tunisi ed ad Algeri hanno fornito all’Unione spunti di pensiero premonitori. L’onda anomala, invece, si è immediatamente propagata più a sud ed anche i questo ha colto tutti di sorpresa, nonostante che molti analisti fin dagli inizio di gennaio lo avevano previsto e scritto. Dal 17 febbraio la Libia è a ferro e fuoco, a Bengasi, a Tripoli, sulle sponde meridionali del Mediterraneo si muore ed i Ministri europei hanno cominciato a pensare solo ora. Devono decidere senza fare riferimento ad una benché minima pianificazione di contingenza che se disponibile avrebbe, invece, potuto immediatamente mettere in moto iniziative importanti. Nulla nemmeno per affrontare il problema di prevedibili flussi migratori sulle coste europee e non solo italiane piuttosto che greche, maltesi o spagnole, nonostante che dal 2007 esista il Fondo Europeo per le Frontiere Esterne che prevede, tra l’altro, di assicurare l’organizzazione efficiente delle attività di controllo e sorveglianza dei confini esterni. Nemmeno una pianificazione di base per l’evacuazione di cittadini dell’Unione residenti in regioni sicuramente “non tranquille”, molti espatriati per curare interessi europei oltre che nazionali. La NATO e Clinton si fecero carico dei Balcani fermando una guerra civile ed appropriandosi di un ruolo che sarebbe dovuto essere dell’Europa, ma la “Holding europea” anche in quel momento aveva bisogno di tempo per pensare. Obama oggi più impegnato forse a gestire gli sciiti iraniani piuttosto che gli avvenimenti dell’Africa settentrionale sta dimostrando di non voler farsi carico, almeno per il momento, di problemi oltre oceano. L’Europa seguita a pensare, mentre a Tripoli si muore e quasi 5000 europei sono in attesa di essere evacuati. Speriamo che almeno si stia almeno valutando l’ipotesi che ai confini europei potrebbe addensarsi la nube di una possibile radicalizzazione islamica.

24 febbraio 2011 - 21,00

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