L’autore trova spunto dalle parole del Presidente Napolitano che durante
la celebrazione del 25 aprile ha coniugato momenti della Resistenza alla
vicenda dei Marò, scrivendo “Poi ha salutato "i familiari dei 103
ufficiali del reggimento Regina trucidati nell'isola di Kos per non essersi
piegati ai tedeschi". Infine ha virato sul giusto tributo alle missioni in
Kosovo e Libano che "fanno onore all'Italia" ed è a questo punto che,
legando idealmente la forza giusta di ieri (della Resistenza) alla forza giusta
di oggi (le missioni di pace) ha ricordato i fucilieri. Così poco prima di
"Viva la Resistenza, Viva le Forza Armate, Viva la Repubblica" ha
scandito: "Desidero non far mancare una parola per come fanno onore
all'Italia i nostri due marò a lungo ingiustamente trattenuti lontano dalle
loro famiglie e dalla loro patria".
Meraviglia anche leggere “il richiamo di ieri all'onore dei
fucilieri nel discorso della Liberazione è un grave errore storico, politico e
diplomatico? Si può dire che Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, anche se
devono essere liberati perché erano in missione in acque internazionali, non
c'entrano nulla con i 103 ufficiali di Kos?
Sicuramente dott. Lillo in democrazia si può dire di tutto ma a
mio modesto parere è forzato il Suo invito al Presidente Napolitano “Prima di
dire che i due fucilieri italiani fanno onore all'Italia, Napolitano dovrebbe
provare a vedere la storia con gli occhi dell'India e della comunità
internazionale. Tutti gli italiani dovrebbero provare a pensare alla reazione
che può suscitare in India, un Paese che va alle elezioni a maggio, questo
atteggiamento”.
Le chiedo e mi chiedo infatti perchè il Capo delle Forze Armate e gli italiani dovrebbero
preoccuparsi delle elezioni indiane nel rivendicare diritti contemplati dalle
convenzioni internazionali.
Le farà, comunque, piacere di sapere che io sono fra coloro che oltre ad informarsi su
“Libero o Il Giornale” (spero che non ne abbia a male) lo fa anche leggendo il
Corriere, Repubblica, Avvenire ed anche il Fatto Quotidiano. Forse proprio per
questo vedo la vicenda di quanto avvenuto in India non solo “con gli occhi di Latorre e Girone” ma anche “con
quelli di Ajeesh Pink, un pescatore di 25 anni del villaggio di Eraiyumanthurai
nel sud del Tamil Nadu. Suo padre, dopo un incidente che gli portò via due arti
nel 2003, morì”.
Proprio per questo invoco il diritto degli uomini di essere
giudicati dal loro giudice naturale e non da quello imposto da Delhi o dalle
correnti politiche dominanti in Kerala, e lo faccio - mi permetta - con la lucidità di pensiero comune a chi si
informa su 360° non limitandosi a leggere racconti di parte.
Apprezzo il suo senso umano nel parlare dei morti e delle famiglia
e ne condivido lo spirito, ma non posso apprezzare il suo approccio
colpevolista che peraltro deriva dall’affermazione “Su quello che è accaduto il
15 febbraio del 2012 esistono due versioni. Per il Governo italiano: "Alle
ore 12 la petroliera italiana Enrica Lexie veniva avvicinata da un'imbarcazione
da pesca, con a bordo cinque persone armate con evidenti intenzioni di attacco.
I militari del battaglione San Marco in accordo con le regole d'ingaggio in
vigore, mettevano in atto graduali misure di dissuasione con segnali luminosi
fino a sparare in acqua tre serie di colpi d'avvertimento, a seguito dei quali
il natante cambiava rotta".
Secondo i pescatori indiani sul St Anthony dormivano tutti dopo
una notte di pesca…….Il capitano Freddy Louis, ha raccontato di essere stato svegliato
dal suono della sirena e di avere scoperto il timoniere Jelestine già morto.
Poi un ‘fuoco continuo a distanza di circa 200 metri ' avrebbe ucciso
anche Ajesh”.
Proprio per questo dovremmo essere cauti nelle conclusioni anche
in considerazione che la versione indiana come noto è confutata da
controanalisi di esperti italiani (www.seeninside.net/piracy)
mentre gli investigatori indiani ancora
devono produrre prove certe.
La inviterei anche ad approfondire le sue affermazioni quando
scrive che le perizie indiane sono state fatte davanti ai nostri Carabinieri. Sarebbe
opportuno, infatti che a tale riguardo ripercorra i fatti, perché agli esperti
del RIS fu proibito di assistere alle analisi balistiche comparative .
Concludo pregandola di non ricorrere ad Einstein: "Il
nazionalismo è una malattia infantile. È il morbillo dell'umanità", per
contestare parole del Capo delle Forze Armate che da tempo invece in moltissimi
ci aspettavamo. Personalmente sono immune, mi creda, dal “morbillo” a cui
faceva cenno Einstein, ed a differenza di altri forse a Lei più simpatici, rigetto
ogni forma di antimilitarismo ed il rinnegare preconcetto dei valori che hanno
fatto grande il nostro Paese.
Lo affermo con la convinzione personale che il senso dello Stato e
della Patria come terra che conserva le spoglie di chi ci ha preceduto e ne
tramanda le tradizioni, non è una malattia infettiva, bensì la molla per
continuare ad impegnarsi per la crescita della nostra Nazione.
Lo sottoscrivo in base all’esperienza che ho condiviso in passato
con coloro che in Kosovo, in Bosnia, in Kuwait in Libano, in Afghanistan, hanno fatto onore all’Italia garantendo agli altri i diritti umani, senza paura di
contrarre malattie contagiose.
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