Il 15
febbraio 2012 è iniziata la triste vicenda che vede due militari italiani da
circa 900 giorni abbandonati dallo Stato al giudizio indebito di uno Stato
terzo.
Più di
due anni e mezzo durante i quali è
successo di tutto, soprattutto fatti che
hanno visto protagonisti rappresentanti istituzionali e che non sono mai
chiariti né tantomeno motivati nonostante la mancanza di trasparenza che li
contraddistingueva.
Ripercorriamoli
insieme per fissarli nella memoria e perché un giorno sia fatta chiarezza.
Sarebbe disonesto, infatti, lasciare cadere nell’oblio tutta la vicenda
facendola entrare a far parte dei tanti “misteri italiani” ancora oggi non
risolti.
La Lexie rientra in acque territoriali indiane
Il 15 febbraio
2012 la Marina
Militare emana un comunicato ufficiale, il numero 04, con il
quale annuncia : “I Fucilieri del Battaglione S. Marco, imbarcati come nucleo
di protezione militare (NPM) su mercantili italiani sono intervenuti oggi alle
12,30 indiane, sventando un ennesimo tentativo di abbordaggio. La presenza dei
militari della Marina Militare ha dissuaso cinque predoni del mare che a bordo
di un peschereccio hanno tentato l’arrembaggio della Enrica Lexie a circa 30 miglia ad Ovest della
costa meridionale indiana …..”. Subito
dopo la Lexie viene indotta con
l’inganno dalla Guardia Costiera di Mumbai a rientrare in acque territoriali
indiane ed attraccare nel porto di Koci ed inverte la rotta rientrando nelle acque territoriali indiane dopo
l’assenso delle Autorità italiane.
Si deve, però, aspettare il 17 ottobre 2012 per
sapere con certezza chi in Italia avesse dato l’OK. Dopo otto mesi, infatti, l’allora
Ministro Di Paola rispondendo ad un’interrogazione parlamentare scritta, ammise
che la Difesa aveva dato il proprio
consenso all’Armatore. In quella occasione, però, l’ex Ministro dimenticava di
riferire chi della Difesa avesse dato il consenso. Personale di servizio al COI
(Centro Operativo Interforze) a più probabilmente a CNCINAV (Comando in Capo
della squadra Navale) da cui dipendevano i Fucilieri di Marina imbarcati ?
Comandanti di Vertice delle due strutture di Comando ? Lui stesso in qualità di
Ministro della Difesa ?
Aprile - Maggio
2012
Due mesi densi di fatti non chiari in cui non è
azzardato affermare che ha avuto inizio
una precisa pianificazione di quanto sarebbe avvenuto in futuro. L’inizio di
una tacita configurazione dei fatti in un evento colposo per ridurre il rischio
dei due Marò e nello stesso tempo evitare di dover dare risposte domande
imbarazzanti.
Il 20 aprile il quotidiano The Times of India,
riferiva che il Ministro della difesa Di Paola dopo aver raggiunto un accordo
extragiudiziale con i legali delle famiglia dei pescatori uccisi versava alle
famiglie per conto dello Stato italiano ”a titolo di indennizzo” 10 milioni di
rupie, pari a circa 146mila euro. Successivamente con circa 75.000 Euro veniva risarcito
anche il proprietario del peschereccio indiano Sant Antony.
Un’ammissione di responsabilità quella di Di Paola che non
è stato mai chiarito da chi fosse stata decisa o consigliata. Il pagamento di una
cifra sicuramente attinta da fondi riservati in quanto non imputabile a
capitolo di spesa, autorizzata da chi non è dato da sapere. Il Ministro di
propria iniziativa o l’allora Presidente del Consiglio?
Poche settimane dopo, il 18
maggio, l’allora Sottosegretario agli Esteri Staffan de Mistura incaricato di tutelare
in India i nostri militari in prigione in India, “accompagnava” la donazione
del 10 aprile rilasciando una dichiarazione alla
televisione indiana sicuramente non coerente al mandato diplomatico ricevuto : “la
morte dei due pescatori è stato un incidente fortuito, un omicidio colposo. I
nostri due Marò non hanno mai voluto che ciò accadesse, ma purtroppo è
successo”.
L’11
maggio del 2012 la
Marina Militare entrava in possesso, secondo quanto riportato
dal quotidiano La Repubblica, del rapporto di un’inchiesta sommaria svolta
dall’Ammiraglio Alessandro Piroli dalla quale risulterebbe che “….Il proiettile
tracciante estratto dal corpo di Valentine Jelestine è stato esploso dal fucile
con matricola assegnata al sottocapo Andronico. Il proiettile estratto dal
corpo di Ajiesh Pink è stato esploso dal fucile con matricola assegnata al
sottocapo Voglino".
Non si conosce, però, come l’Ammiraglio possa essere giunto a queste
conclusioni ed a seguito di quali accertamenti tecnici, considerando che le
armi del Nucleo di Protezione imbarcato sulla Lexie erano state sequestrate
dagli indiani che avevano, peraltro, proibito ai tecnici italiani dei
Carabinieri del ROS di assistere alle prove balistiche comparative.
La notizia verrà pubblicata, nonostante il
documento fosse riservato, solo il 6
aprile 2013, un anno dopo. Una relazione che confermava la teoria del reato
colposo, logica continuazione di quanto dichiarato da de Mistura e dell’indennizzo
saldato da Di Paola.
Dicembre 2012
Il MAE attraverso la capillare azione diplomatica
svolta dall’allora Ministro degli Esteri Giulio Terzi , riusciva a
riportare in Italia i due Marò per fare trascorrere loro due settimane in
famiglia in occasione del Natale. Poco prima del loro rientro in India la Procura Militare di Roma li sentiva in quanto
inscritti nel registro degli indagati per “omicidio volontario”, come riportato
dalla stampa. In quell’occasione nessuna misura cautelare, nemmeno il divieto
di espatrio. Perché questa inusuale prassi giudiziaria ?
Gennaio 2013
Il 18 gennaio 2013 la Suprema Corte
indiana riconosceva che i fatti addebitati ai due Marò erano avvenuti in acque
internazionali e stabiliva che i due dovessero essere giudicati da un Tribunale
Speciale.
In Italia ed in Europa la sentenza veniva
considerata favorevole, ma nessuno pretendeva che l’India rispettasse il
Diritto Internazionale. Non lo fece il Presidente della Repubblica Capo Supremo
delle Forze Armate per mandato Costituzionale e nemmeno il Presidente del
Consiglio di allora.
L’Europa continuava a tacere a meno di un sommesso
sussurro della responsabile della fantomatica politica estera Europea,
Catherine Asthon che peraltro confondeva i due militari italiani con
contractors privati !
Febbraio - Marzo
2013
Un’altra azione diplomatica di
pregevole contenuto veniva portata avanti dal Ministro Terzi che otteneva che i
due militari rientrassero in Italia per assolvere agli impegni elettorali. Un
segnale di chiara accondiscendenza indiana di cui si doveva approfittare, ma
così non è stato.
L’11 marzo del
2013 alle ore 17,53 l’AGI “lanciava” un’Agenzia con una dichiarazione del Sottosegretario
de Mistura che dichiarava testualmente
“La decisione di non far rientrare i maro’ in India “e’ stata presa in
coordinamento stretto con il presidente del Consiglio Mario Monti e d’accordo
tutti i ministri” coinvolti nella vicenda, “Esteri, Difesa e
Giustizia”. Aggiungeva che “siamo tutti nella stessa posizione, in maniera
coesa e con il coordinamento di Monti”. Aggiunge
anche che “a questo punto la divergenza
di opinioni” tra l’Italia e l’India sulle questioni della giurisdizione e
dell’immunità richiede un arbitrato internazionale…..”.
Il 22 marzo i due fucilieri di Marina venivano fatti
rientrare in tutta fretta in India dopo un lungo colloquio con il Ministro
della Difesa di cui però non si conoscono nè i toni nè i contenuti, per cui non
è possibile esprimersi se sui due militari fosse stata esercitata un’azione di
convincimento riconducibile ad una possibile “coercizione gerarchica”.
Il 26 marzo 2013 il Ministro Terzi si dimetteva per divergenze con il Premier Monti nella
gestione della vicenda dei due marò, dimostrando di essere custode di pregevoli
valori etici e di un alto senso dello Stato. Quello stesso giorno invece il
Ministro della Difesa Di Paola dichiarava “di non voler abbandonare la nave”
nel rispetto della più altra tradizione marinaresca ma dimenticando di
precisare che rimaneva su un battello alla deriva che di lì a poco avrebbe
terminato la sua vita operativa e che la sua decisione seguiva quella di aver
abbandonato due militari italiani in “mani ostili” .
Nessuno si poneva il problema se esistessero responsabilità nell’aver dato ad un’estradizione
passiva di due cittadini italiani imputati da uno Stato terzo di un reato per
cui era prevista la pena di morte. Si faceva solo riferimento ad una
dichiarazione dell’Addetto di Affari indiano a Roma senza alcun valore per la
Legge italiana. Infatti, la lettera riportava solamente “According to well settled Indian jurisprudence this case wouldn’t fall in the category of matters which attract the death penalty, that is to say the rarest of rare cases. Therefore there need not be any apprehension in this regard»( Secondo una
giurisprudenza
indiana ampiamente consolidata, questo caso non ricadrebbe nella
categoria di fattispecie che comportano
la pena di morte, cioè i più rari tra i casi rari. Di conseguenza, non si deve avere alcuna preoccupazione a questo riguardo ».
28 Aprile 2013 - 22 Febbraio 2014
Letta
insediava il suo Governo e la vicenda dei due Marò scivolava lentamente
nell’oblio dei media. Solo poche scarne azioni e dichiarazioni istituzionali con
un Ministro della Difesa esitante e poco risolutivo e quello degli Esteri che per
tutto il suo mandato non ha mai smesso di confermare il suo quarantennale profondo antimilitarismo.
Una Bonino che dichiarava, dimenticandosi che l’italia
fosse uno Stato di diritto, ”non è accertata l’innocenza dei nostri marò”
(Repubblica 19/09/2013), escludendo dai suoi viaggi istituzionali l’India
disertata anche in occasione della Conferenza dei Ministri degli Esteri Europa
- Asia (11 nov. 2013) forse perché troppo impegnata nell’appoggiare la
liberalizzazione delle droghe leggere come confermato nel corso della sesta
Conferenza Italia - America Latina - Caraibi quando rispondeva ai giornalisti e
riferendosi alla liberalizzazione delle droghe leggere in Uruguay affermava: “Va
benissimo- non è totale ma va benissimo. Vado in Uruguay a marzo».
Anche il suo Vice Ministro Lapo Pistelli dichiarava che con l’India erano state concordate regole
di ingaggio e soluzioni condivise, ma non altrettanto pronto a chiarirci cosa
intendesse dire e quale fosse la condivisione italiana con l’India per la
vicenda dei due Marò.
Il 22 febbraio 2014 si è insediato il Governo Renzi.
Improvvisamente si è accesa la speranza che si stesse aprendo un’altra fase per
i nostri militari in ostaggio dell’India. Un auspicio, però, destinato a svanire presto come tante altre
che hanno contraddistinto questa vicenda.
Renzi telefonava immediatamente a Massimiliano e Salvatore per poi non parlarne
più né in Italia né tantomeno nei contesti internazionali. Li Ministro della
Difesa Pinotti e degli Esteri Mogherini da quel giorno continuano a parlare di
internazionalizzazione della vicenda ma nulla dicono su come intendano avviare
gli atti di internazionalizzazione.
Questa la sintesi cronologica di azioni che forse
meriterebbero un’attenta valutazione politica e giuridica in modo che sia resa
giustizia all’Italia la cui credibilità internazionale è stata pesantemente
intaccata dagli accadimenti. Una storia oscura in cui si inseriscono anche
fantasiose teorie balistiche o personali interpretazioni sul diritto del mare sviluppate
anche da militari ed ex militari di elevato rango che vanno a chiudere il
cerchio sulla colposità degli eventi iniziato a maggio 2012.
Ci troviamo quindi di fronte ad una triste vicenda che intacca
la credibilità internazionale italiana guadagnata nel tempo proprio da coloro
che come Massimiliano Latorre
e Salvatore Girone, ogni giorno rischiano la propria vita per difendere la
garanzia all’esistenza pacifica di popolazioni sparse nel mondo.
Soldati, Marinai, Avieri e Carabinieri che lo Stato non può
permettersi di dimenticare ed abbandonare per privilegiare altri interessi, non
in ultimo quello economico di lobby e di privati.
Una vergognosa vicenda che non può entrare a far parte dei
“segreti” italiani, ma deve essere sezionata per individuare responsabilità a
qualsiasi livello, in particolare di chi decise quel 22 marzo 2013 di
riconsegnare due militari ad uno Stato senza che ne avesse diritto.
Verità che non possono essere sottaciute altrimenti
l’Italia sarà destinata ad una decadenza culturale e di immagine, premesse di un
inesorabile declino economico.
4 commenti:
se lo cancellate, è chiaro che non c'è nessun commento
L'acusa di omicidio volontario della Procura Militare era in realtà un colpo di genio. Nelle intenzioni di chi lo aveva ordito, i due marò avrebbero dovuto venire arrestati al loro reimbarco per l'India, avendo evidentemente l'accusa e la Procura Militare la precedenza su altre giusrisdizioni. I due no sarebbero quindi potuti tornare in India per legittimo impedimento, per poi venire assolti con formula piena, fatto ceh avrebbe comunque costituito un precedente.
O il primo ministor Monti non ne era a conoscenza, o è stupido. Fatto sta che la sua dichiarazione che i due Fucilieri sarebbero rimasti in Italia, ha impedito l'attuazione del piano
L'annuncio che non sarebbero rientrati in India è del 11 Marzo. L'interrogatorio è di gennaio 2013. Personalmente ho presentato un esposto chiedendo che fosse applicato il divieto di espatrio. Forse Monti non ha voluto ?
Monti o il COMANDANTE SUPREMO dell FFAA? lo scaricabarile che ha portato alle dimissioni del ministro Giulio Terzi lascia perplessi e forti dubbi sulla lealtà dei nostri governanti.
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