La maggior parte dei mezzi di comunicazione nazionale dimenticano di informare i cittadini dell’approvazione della legge sul prelevamento forzoso delle banche
Lecito domandarsi, quindi, se
siamo di fronte a non corrette analisi del problema o piuttosto ad una scelta
mirata per non disturbare il “manovratore”. Non si può, infatti, continuare a
definire emergenza un processo che ormai fa parte della routine quasi
giornaliera per fare breccia nell’immaginario collettivo coinvolgendo a
condividere decisioni istituzionali altrimenti improponibili. In emergenza,
infatti, è giustificato improvvisare per fronteggiare l’imprevisto e l’imprevedibile;
“modus operandi” improponibile nella gestione di un fenomeno ormai ben
configurata.
Una sana informazione non
dovrebbe più presentare la realtà come situazione imprevista ed improvvisa giustificabile
forse mesi orsono, piuttosto sottolineare carenze di previsione e
pianificazione che le soluzioni di accoglienza adottate evidenziano ogni
giorno. Una semplice simulazione sulla base di dati ormai concreti e
consolidati aiuterebbe, ad esempio, a programmare e gestire razionalmente il
problema. Perché non viene fatto ci si chiede ? La maggior parte di coloro che dovrebbero
denunciare queste inefficienze, invece, tacciono preferendo non evidenziare
carenze e scelte spesso ingiustificate.
I fatti dimostrano viceversa che
giorno dopo giorno siamo di fronte ad una gestione improvvisata attuata dagli Organismi
centrali e periferici preposti a gestire l’accoglienza dei migranti che si
accingono a sbarcare sulla nostre coste.
“Mandate” ormai prevedibili e comunque annunciate dalle fonti di
intelligence e dai monitoraggi dei Drone. E’ innegabile che i flussi siano ormai
prevedibili almeno nei grandi numeri e quindi non si tratta di emergenza ma di
un fatto contingente che meriterebbe più attente valutazioni e più accorte
gestioni. Proporli, quindi, come eventi
inaspettati sulla maggior parte della carta stampata e dai media televisivi
rappresenta una cattiva informazione e finanche un’offesa all’intelligenza dei
cittadini. Criticare, invece, il raffazzonato e confuso management potrebbe
sollecitare i responsabili ad un maggiore impegno razionale ed evitare di smistare,
ad esempio, 40 migranti, in comunità abitate da 40 cittadini.
Quello che una volta era definito
il ”quinto potere” sta perdendo invece la propria connotazione originaria, quella di denunciare le cattive
gestioni anche con toni provocatori per sollecitare risposte o chiarificazioni da
parte delle Istituzioni. La maggior parte preferisce, al contrario, ricorrere a circonlocuzioni piuttosto che a
sostantivi concreti che, sicuramente, potrebbero dare fastidio a chi sta
amministrando il problema. Scelte di cui ognuno è responsabile sul piano della
deontologia professionale e che personalmente non riesco a condividere.
Definire a luglio del 2015 ancora
emergenza i ricorrenti sbarchi dei migranti sulle nostre coste significa voler nascondere la testa sotto la sabbia. Decidere
di smistarli in Caserme dismesse come spesso viene dichiarato è una chiara
dimostrazione che chi sta gestendo il problema non conosce la realtà del territorio
e non si preoccupa nemmeno di constatarne lo stato attuale preferendo le parole
ai fatti. La maggior parte delle ex infrastrutture militari sono ormai
fatiscenti, assolutamente non appropriate per garantire nell’immediato
l’accoglienza del popolo di disperati senza radicali interventi di recupero. Piuttosto
significherebbe ghettizzare questa gente
in spazi ancora peggiori dei villaggi dell’Africa subsariana o dei campi di
smistamento sulle coste libiche del Mediterraneo. Soluzioni al limite accettabili a fronte dì
un’improvvisa calamità naturale ma non condivisibili quando sarebbe invece non
difficile programmare soluzioni meno traumatiche.
Fotografie della realtà che non
vengono invece proposte all’opinione pubblica preferendo oscurarle con la parola
emergenza, sicuramente foriera di alibi per coloro che invece dovrebbe
affrontare con razionalità il problema, anche con una semplice pianificazione
di emergenza da adeguare se del caso al bisogno del momento. In Italia questo è
possibile semplicemente ricorrendo all’expertise dei nostri militari, abituati
a pianificare e di conseguenza a trovare soluzioni adeguate da predisporre in
anticipo. Una cultura professionale dimostrata
in mille occasioni, all’estero ed in Italia quando la popolazione è stata colpita da importanti calamità
naturali.
A tale riguardo, infatti, è
incomprensibile il perché non sia stato ancora affidato il compito agli
specialisti del Genio Militare, dislocati arealmente sul territorio, di organizzare ed urbanizzare in pochissimo
tempo vaste aree, posizionando moduli abitativi, servizi igienici campali, distribuzione
dell’acqua e dell’energia elettrica ed organizzando la raccolta e smaltimento
dei rifiuti. E lecito pensare che non ci sia la volontà di farlo, forse per
timore di dare lustro ad una categoria più volte bistrattata da parte della
classe politica e da molti media nazionali.
Si preferisce, invece,
nascondersi dietro la parola emergenza per giustificare quelle che allo stato
attuale non possono che essere definite carenze gestionali ed organizzative. Abusando
del termine “imprevisto” si evidenzia la volontà di giustificare l’efficacia di
qualsiasi soluzione, come avvenuto nel tempo in Italia dopo che eventi inaspettati,
come terremoti ed alluvioni, costringono ancora moltissimi cittadini italiani a
vivere in moduli abitativi, in Belice, in Irpinia piuttosto che in Abruzzo ed in Emilia.
E’ emergenza o inefficienza
istituzionale ?
1 commento:
Che sia inefficienza istituzionale tanto quanto mancanza di previsione e prevenzione, e' un male storico. Ma per quanto riguarda il quinto potere, la risposta e': lo e' davvero? Quando, pur di vivere e/o sopravvivere, e' disposto a tutto pur di ottenere finanziamenti pubblici? Non ho alcun dubbio in merito.
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