sabato 26 aprile 2014

I due Marò: anche Napolitano sbaglia ?

Marco Lillo oggi pubblica su “Fatto quotidiano” un articolo che di fatto rinnega le tradizioni garantiste della corrente politica del giornale a cui il quotidiano fa riferimento, tracciando una disamina dei fatti che partono - in assenza di prove certe e di una sentenza - da affermazioni di colpevolezza e non di presunta innocenza come invece uno Stato di Diritto vorrebbe. (http://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/non-rompete-maro-mentre-italia-napolitano-giu-76119.htm, Non rompete i Marò - mentre in Italia, da Napolitano in giù, tutti a fare retorica sui Fucilieri “trattenuti” o “Prigionieri” in India la fanno facile: hanno ammazzato due pescatori …..

L’autore trova spunto dalle parole del Presidente Napolitano che durante la celebrazione del 25 aprile ha coniugato momenti della Resistenza alla vicenda dei Marò, scrivendo “Poi ha salutato "i familiari dei 103 ufficiali del reggimento Regina trucidati nell'isola di Kos per non essersi piegati ai tedeschi". Infine ha virato sul giusto tributo alle missioni in Kosovo e Libano che "fanno onore all'Italia" ed è a questo punto che, legando idealmente la forza giusta di ieri (della Resistenza) alla forza giusta di oggi (le missioni di pace) ha ricordato i fucilieri. Così poco prima di "Viva la Resistenza, Viva le Forza Armate, Viva la Repubblica" ha scandito: "Desidero non far mancare una parola per come fanno onore all'Italia i nostri due marò a lungo ingiustamente trattenuti lontano dalle loro famiglie e dalla loro patria".

Meraviglia anche leggere “il richiamo di ieri all'onore dei fucilieri nel discorso della Liberazione è un grave errore storico, politico e diplomatico? Si può dire che Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, anche se devono essere liberati perché erano in missione in acque internazionali, non c'entrano nulla con i 103 ufficiali di Kos?

Sicuramente dott. Lillo in democrazia si può dire di tutto ma a mio modesto parere è forzato il Suo invito al Presidente Napolitano “Prima di dire che i due fucilieri italiani fanno onore all'Italia, Napolitano dovrebbe provare a vedere la storia con gli occhi dell'India e della comunità internazionale. Tutti gli italiani dovrebbero provare a pensare alla reazione che può suscitare in India, un Paese che va alle elezioni a maggio, questo atteggiamento”.

Le chiedo e mi chiedo infatti perchè  il Capo delle Forze Armate e gli italiani dovrebbero preoccuparsi delle elezioni indiane nel rivendicare diritti contemplati dalle convenzioni internazionali.

Le farà, comunque, piacere di sapere che  io sono fra coloro che oltre ad informarsi su “Libero o Il Giornale” (spero che non ne abbia a male) lo fa anche leggendo il Corriere, Repubblica, Avvenire ed anche il Fatto Quotidiano. Forse proprio per questo vedo la vicenda di quanto avvenuto in India non solo  “con gli occhi di Latorre e Girone” ma anche “con quelli di Ajeesh Pink, un pescatore di 25 anni del villaggio di Eraiyumanthurai nel sud del Tamil Nadu. Suo padre, dopo un incidente che gli portò via due arti nel 2003, morì”.

Proprio per questo invoco il diritto degli uomini di essere giudicati dal loro giudice naturale e non da quello imposto da Delhi o dalle correnti politiche dominanti in Kerala, e lo faccio - mi permetta -  con la lucidità di pensiero comune a chi si informa su 360° non limitandosi a leggere racconti di parte.

Apprezzo il suo senso umano nel parlare dei morti e delle famiglia e ne condivido lo spirito, ma non posso apprezzare il suo approccio colpevolista che peraltro deriva dall’affermazione “Su quello che è accaduto il 15 febbraio del 2012 esistono due versioni. Per il Governo italiano: "Alle ore 12 la petroliera italiana Enrica Lexie veniva avvicinata da un'imbarcazione da pesca, con a bordo cinque persone armate con evidenti intenzioni di attacco. I militari del battaglione San Marco in accordo con le regole d'ingaggio in vigore, mettevano in atto graduali misure di dissuasione con segnali luminosi fino a sparare in acqua tre serie di colpi d'avvertimento, a seguito dei quali il natante cambiava rotta".

Secondo i pescatori indiani sul St Anthony dormivano tutti dopo una notte di pesca…….Il capitano Freddy Louis, ha raccontato di essere stato svegliato dal suono della sirena e di avere scoperto il timoniere Jelestine già morto. Poi un ‘fuoco continuo a distanza di circa 200 metri' avrebbe ucciso anche Ajesh”.

Proprio per questo dovremmo essere cauti nelle conclusioni anche in considerazione che la versione indiana come noto è confutata da controanalisi di esperti italiani (www.seeninside.net/piracy)  mentre gli investigatori indiani ancora devono produrre prove certe.

La inviterei anche ad approfondire le sue affermazioni quando scrive che le perizie indiane sono state fatte davanti ai nostri Carabinieri. Sarebbe opportuno, infatti che a tale riguardo ripercorra i fatti, perché agli esperti del RIS fu proibito di assistere alle analisi balistiche comparative .

Concludo pregandola di non ricorrere ad Einstein: "Il nazionalismo è una malattia infantile. È il morbillo dell'umanità", per contestare parole del Capo delle Forze Armate che da tempo invece in moltissimi ci aspettavamo. Personalmente sono immune, mi creda, dal “morbillo” a cui faceva cenno Einstein, ed a differenza di altri forse a Lei più simpatici, rigetto ogni forma di antimilitarismo ed il rinnegare preconcetto dei valori che hanno fatto grande il nostro Paese.

Lo affermo con la convinzione personale che il senso dello Stato e della Patria come terra che conserva le spoglie di chi ci ha preceduto e ne tramanda le tradizioni, non è una malattia infettiva, bensì la molla per continuare ad impegnarsi per la crescita della nostra Nazione.

Lo sottoscrivo in base all’esperienza che ho condiviso in passato con coloro che in Kosovo, in Bosnia, in Kuwait in Libano, in Afghanistan,  hanno fatto onore all’Italia garantendo  agli altri i diritti umani, senza paura di contrarre malattie contagiose.

Fernando Termentini, 26 aprile 2014 - 16,00

 



 

giovedì 24 aprile 2014

Marò : Mogherini ora nuova fase


Apprendiamo da un’Agenzia Adnkronos di questa mattina che  Il Ministro degli Esteri intervenendo ad un'audizione al Senato ha rilasciato importanti dichiarazioni sulla gestione della vicenda dei due Marò.

In particolare la Responsabile della Farnesina ci informa che  “E' stato avviato un percorso di procedura internazionale sul caso dei due fucilieri detenuti in India" , annunciando il ritorno a Delhi dell'ambasciatore Daniele Mancini ancora a Roma dopo essere stato richiamato per consultazioni dall’ex Ministro Bonino il 18 febbraio.

Il Ministro ha anche ribadito che "Il 18 aprile scorso abbiamo inviato una nota verbale alle autorità indiane, chiedendo l'avvio di uno scambio di vedute sul merito della disputa e sul ritorno dei marò in Italia - ha detto la titolare della Farnesina - Nel caso in cui non si raggiungesse in tempi ragionevoli per questa via una soluzione accettabile, si provvederà al ricorso a strumenti internazionali di risoluzione delle dispute in base alle norme del diritto internazionale".

Praticamente una procedura di rapporti diplomatici già portata avanti dall’ex Ministro Terzi l’11 marzo 2013 che prevedeva in assenza di risposte dell’India di portare avanti un Arbitrato Internazionale ed in attesa di una risposta indiana non far rientrare a Delhi i due Fucilieri di Marina in quel momento ancora in Italia.

Intendimenti quelli dell’Ambasciatore Terzi cancellati da altre decisioni prese dall’allora Presidente del Consiglio Senatore Mario Monti che oltre a riconsegnare i due Marò a Delhi, rinunciò all’arbitrato internazionale. Decisione peraltro mutuata dal successivo Governo presieduto dall’Onorevole Letta. 

Con l'invio della nota, chiarisce il Ministro "si apre una fase nuova, che esaurisce la fase in cui ha operato Staffan De Mistura, che voglio ringraziare a nome del governo per la dedizione e l'instancabile impegno con cui  ha seguito la vicenda".

La Mogherini aggiunge ancora che la nuova fase  "necessita di nuove figure e stiamo definendo la composizione di un collegio di esperti, sotto la guida di un coordinatore",  annunciando che "alla luce della fase che si apre in India con le elezioni, abbiamo deciso di far rientrare a Delhi l'ambasciatore Daniele Mancini, che era stato richiamato dal precedente governo" e la cui presenza a Roma "in queste settimane ho trovato personalmente molto utile per il contributo che ha dato", ma "ora è utile che torni in India".

Personalmente leggo con soddisfazione le parole del Ministro Mogherini alle quali si aggiungono quelle riportate nella stessa Agenzia e riferite al Ministro della Difesa Pinotti.

Il Ministro della Difesa, infatti, fa sentire la voce dichiarando  "Non più disponibili a un processo indiano, subito arbitrato" ribadendo che "non siamo più disponibili ad accettare un processo indiano di cui non riconosciamo la validità riteniamo di avere la giurisdizione sul fatto e vogliamo che ci venga riconosciuta. Ci sarà un processo ma non dovrà tenersi in India, siamo ancora aperti a discutere con gli indiani ma non sembra che dall'altra parte ci siano orecchie attente", quindi, "non c'è rimasta altra via che ricorrere allo strumento dell'arbitrato internazionale obbligatorio ai sensi della convenzione dell'Onu sul diritto del mare".  Parole determinate e coerenti con quanto viene fin dall’inizio della vicende scritto e ripetuto molto modestamente da chi come il sottoscritto è impegnato a seguire la sorte dei nostri Marò e dallo stesso Ambasciatore Terzi in più di un’occasione.

Incisive parole che lasciano ben sperare anche se per taluni aspetti colgono di sorpresa in quanto almeno concettualmente in parte diverse dal commento del dott. Amati ad un articolo del 18 aprile di Maria G. Maglie pubblicato da Libero. Il Capo Ufficio Stampa  scrive fra l’altro “….I termini della vicenda sono ben noti e chi non abbia come obiettivo di speculare politicamente sulla pelle dei marò …..” ed ancora si richiama alla riservatezza “imprescindibile in casi come questo”.

 Ebbene a distanza solo di due giorni due ministri della Repubblica rompono l’approccio riservato ritenuto “imprescindibile” dal  dott. Amati e con la massima trasparenza informano la Nazione sulle azioni future che il Governo intende portare avanti.  

Probabilmente una inversione di tendenza anche indotta dalle parole della Maglie nel suo articolo del 18 u.s. che tanto sdegno hanno suscitato nel dott. Amati ed in quelle della nota di risposta della giornalista alla puntualizzazioni del Capo Uffici Stampa del MAE. La Maglie il 22 aprile scriveva “Spero di sbagliarmi, ma l’impressione è netta: solo chiacchere, niente ambasciatore in Sede, marò ancora di più abbandonati”

 Finalmente sembra che alle parole seguano i fatti come molti di noi auspicavano da tempo anche con lettere dirette all Ministro Mongherini come nel mio caso,  forse “filtrate” dallo Staff. Un impegno di cittadini con elevato senso dello Stato affermo senza temere di essere presuntuoso, non perché sollecitati da speculazioni politiche, ma solo perché ritenevano ormai superato ogni accettabile tempo di attesa.

Una sollecitazione continua perché la vicenda fosse affrontata decisamente che sembra stia finalmente ottenendo i suoi effetti molto più concreti rispetto alle ripetitive assicurazioni dell’ex inviato speciale dott. de Mistura pronto a tirare fuori “assi dalla manica” che però dopo 26 mesi rimangono ben celati,  forse nel rispetto della “imprescindibile riservatezza”.


Fernando Termentini , 24 aprile 2014 - ore 12,00

Fonte  :http://www.adnkronos.com/IGN/News/Esteri/Maro-Mogherini-Ora-nuova-fase-la-vicenda-diventa-internazionale_321472532404.html

mercoledì 23 aprile 2014

Ebola : gli italiani hanno diritto di essere informati


Ebola, un comunicato di previsione della OMS  informa che oltre la Guinea la febbre emorragica Ebola ha raggiunto altri 7 Paesi africani e l’espandersi dell’epidemia potrebbe protrarsi per almeno altri 4 mesi.
 
I dati relativi al progredire della malattia parlano di un aumento della mortalità in Africa che in 75 giorni risulta essere passata da 1 a 140 casi. Ogni 11 giorni, quindi, i casi si raddoppiano per cui trascorsi altri 11 giorni dovremmo aspettarci 280 casi. Dati probabilistici ma che dovrebbero essere attentamente monitorati per capire se l’epidemia sia sotto controllo o invece continui a progredire.  

Il condizionale è d’obbligo in quanto in Italia fino ad ora, fatte salve rare eccezioni,  nessuno ha informato su  quanto stia avvenendo in Africa. Solo una circolare ministeriale del 4 aprile del Ministero della Salute che tratta del tema specifico, documento però “segretato”  privando l’opinione pubblica di utili elementi di informazione, mentre la Sicilia e non solo, è destinata ad accogliere giornalmente migranti provenienti dall’Africa.  

Il 16 aprile Paolo David informa che nella città non sono state “poste in essere misure di sorveglianza cautelative e di prevenzione adeguate” (http://www.imgpress.it/notizia.asp?idnotizia=78423&idsezione=2)  e si chiede quali siano i “provvedimenti adottati dalla Croce Rossa Italiana per verificare ed assicurarsi che nessuno dei 361 immigranti, ultimi sbarcati, sia portatore del virus Ebola”.  

A fronte di queste ed altre denunce, le istituzioni rispondono solo con poche agenzie di stampa, scarni comunicati, peraltro raramente ripresi dagli organi di informazione nazionale. Il Ministero ci dice che “ il rischio di importazione dell'infezione in Italia è assolutamente remoto" e con una nota (TMNews -  19 aprile) comunica che ha fornito informazioni ed istruzioni  agli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera e a tutte le altre amministrazioni che si occupano dei migranti irregolari. Attraverso la stessa agenzia lo stesso Ministero rassicura anche che si fa carico di diffondere regolari aggiornamenti sulla situazione, in coerenza con quanto comunicato al riguardo dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e con le valutazioni del Centro europeo per il controllo delle malattie (ECDC).

Ci dice inoltre che con riferimento specifico ad eventuali "rischi connessi ai flussi migratori irregolari, la durata dei percorsi che porta i migranti dai propri Paesi di origine all'Italia rende ancora remota la possibilità che l'eventuale insorgenza della malattia, che ha un periodo di incubazione massimo di ventuno giorni, si verifichi in Italia".  Specifica, inoltre "che la malattia da Virus Ebola non si trasmette per via aerea ma solo attraverso il contatto con malati e/o loro fluidi corporei e con i corpi e/o fluidi corporei di pazienti deceduti o, nei Paesi dove la malattia è presente, attraverso contatti stretti con animali selvatici vivi o morti. Al momento, l'Organizzazione mondiale della sanità continua a non ritenere necessarie restrizioni a viaggi o rotte commerciali".
 

Notizie che da una parte rassicurano, anche se non esprimono garanzie “oltre ogni ragionevole dubbio” per la popolazione italiana, in particolare per coloro che vivono immediatamente a ridosso dei centri di prima accoglienza. Solo modeste assicurazioni di carattere sanitario derivate da una valutazione analitica del problema non del tutto condivisibile sul piano razionale.

Infatti, non è del tutto comprensibile  l’affermazione che essendo la durata dell’incubazione  al massimo di 21 giorni, si esclude la possibilità che la malattia possa manifestarsi in un migrante giunto in Italia. Non viene detto, però, quale garanzia si abbia che fra i 21.000 che sono sbarcati sulle coste italiane e molti dei quali ormai in giro per il nostro Paese e forse anche in Europa, al momento dello sbarco qualcuno non avesse incubata l’Ebola.

In particolare se fra le migliaia che sono arrivati in Italia in questi ultimi giorni, qualcuno  non stia sviluppando l’incubazione del virus dopo essere stato contagiato anche solo il giorno prima della partenza, in uno dei campi di raccolta in Libia, da una poveretto proveniente da uno dei Paesi africani dove il trend della malattia  è in crescita.

Una certezza che credo il Ministero della Salute non può ricavare solo attraverso un’analisi probabilistica basata su supposizioni, ma che per essere tale deve essere derivata da precisi protocolli di controllo sanitario da effettuare all’arrivo degli irregolari, immediatamente prima che qualcuno, come sta avvenendo, si allontani furtivamente dai centri di raccolta.

Solo in questo modo si garantirebbe una strutturata e programmata gestione del flusso migratorio e con elevata  probabilità ottenere che  non ci siano in giro portatori del virus.  

Peraltro, le ipotesi ottimistiche del Ministero sono anche messe in discussione  da altre notizie di stampa come quella del Corriere del Mezzogiorno che parla della morte di un giovane migrante di 24 anni ospite da tre giorni del Centro di Prima Accoglienza Umberto I di Siracusa arrivato in precarie condizioni  di salute (http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/catania/notizie/cronaca/2014/15-aprile-2014/siracusa-giovane-morto-cpainterrogazione-salute-migrante--22376418760.shtml).
 
Il ragazzo, Ebrima Jaiteh, secondo Simona Moscatelli coordinatore del progetto Praesidium per l'Organizzazione internazionale per l emigrazioni di Roma informa che «sin dal momento dello sbarco era apparso in precarie condizioni di salute: oltre a presentare piaghe sul corpo, era in stato confusionale e - come raccontavano i compagni di viaggio - nel corso degli ultimi giorni della traversata aveva quasi totalmente perso la vista”.

Un evento drammatico che dimostra come le strutture di prima accoglienza non sono poi così idonee a riconoscere i bisogni primari dei migranti e tantomeno a valutare se qualcuno sia in procinto di conclamare una malattia come l’Ebola e diventare portatore di contagio.

Alle rassicurazioni poco convincenti del Ministero della Salute si aggiungono affermazioni forti come quella del Ministro degli Interni Angelino Alfano pronunciate recentemente in occasione di un’interrogazione presso la Camera dei Deputati, in risposta a precise contestazioni di Deputati della Lega.  

“L'Italia è una grande democrazia che ha l'obbligo di garantire sicurezza e accoglienza. Non faremo morire le persone per voi, se voi volete la sicurezza ed i morti, noi vogliamo la sicurezza ed i vivi. Questa è la differenza tra una democrazia occidentale ed una repubblica delle banane”.  (http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/catania/notizie/cronaca/2014/16-aprile-2014/immigrazione-alfano-problema-strutturale-non-piu-emergenziale-22382556678.shtml

Affermazioni assolutamente condivisibili, ma che imporrebbero di garantire ai cittadini italiani con altrettanta determinazione la dovuta sicurezza sanitaria. In particolare precise informazioni su eventuali rischi di contagio per tutte le possibili malattie endemiche nelle zone di provenienza dei migranti, in particolare l’Ebola in pericolosa espansione e sulla certezza che tutti i circa 22.000 migranti ormai sbarcati sulle nostre coste  siano stati sottoposti a screening puntuali per verificare che non avessero incubata la malattia.

Peraltro è stimato, che ad oggi circa 2700 immigrati si sarebbero allontanati dalle strutture di accoglienza per cui sarebbe altamente auspicabile che le Istituzioni fossero in grado di informare su quale sia il rischio che qualcuno di costoro possa avere la malattia incubata,  escludendo nel contempo  che persone ora in  giro per l’Italia possano essere in procinto di manifestare i sintomi dell’Ebola.  

Quali siano poi gli efficaci e specifici accertamenti sanitari che si dice siano stati posti in essere a bordo dei nostri mezzi navali è difficile immaginarlo, senza una puntuale informazione. Nel caso specifico dell’Ebola, infatti, risulta che solo poche strutture in Europa sono in grado di applicare protocolli in grado di dare risposta immediata ed affidabile agli accertamenti diagnostici.  

Anche in questo caso, come in un recente passato,  si sta superando quella che potremmo chiamare la soglia dell’assurdo. O si genera allarmismo come nel caso dell’influenza avaria spendendo milioni di Euro per la fabbricazione di vaccini la maggior parte poi non utilizzati o, peggio, si tace un pericolo per non indurre preoccupazione o allarmismo. Non si ritiene che questo sia il modo più efficace per tutelare i propri cittadini ed eliminare il rischio del possibile verificarsi di una catastrofe.

Sarebbe, infine,  interessante sapere se almeno gli operatori addetti a gestire gli immigrati sono stati informati a riconoscere e fronteggiare  eventuali casi sospetti e se fra coloro che operano a Siracusa ci sia qualcuno, medico o paramedico, in grado di certificare con certezza che le piaghe che sembra siano state  riscontrate sul corpo di  Ebrima Jaiteh,  possano o meno essere collegabili anche come sola ipotesi, alle lesioni cutanee tipiche dell’Ebola.

Ancora una volta, quindi, gli italiani sono oggetto dell’oscurantismo più completo che sicuramente non li tutela e dal quale permea un management molto approssimativo nella gestione dei flussi migratori, con il rischio che nel caso specifico alcuni Paesi europei potrebbero essere indotti a sospendere Schengen ed imporre a tutti coloro che provengono dall’Italia controlli sanitari specifici, già in atto in molti aeroporti europei dislocati lungo le  rotte di provenienza africana.

Sicuramente la nostra tradizione culturale, etica e religiosa ci porta a differenziarsi da quella che l’Onorevole Alfano chiama “Repubblica delle banane”, ma se continuiamo ad improvvisare piuttosto che a programmare escludendo la popolazione dal flusso comunicativo pregio di qualsiasi democrazia evoluta, il gap di differenziazione sarà destinato a ridursi sempre di più.

E’ un segnale di civiltà e generosità quello di voler assolutamente difendere la vita di centinai di disperati, ma nello stesso tempo non si può dimenticare di tutelare i diritti dei propri cittadini, primo fra tutti quello della salvaguardi della salute, un obbligo per lo Stato previsto anche dalla Costituzione.

Fernando Termentini, 23 aprile 2014 - ore 14,30

 

 

 

giovedì 17 aprile 2014

Le strategie segrete dell’Italia


Continua la tradizione tutta italiana di ricorrere  al ”segreto di Stato” in tutte quelle vicende in cui sarebbe difficile riferire e motivare al popolo su vicende complesse.  

Una tradizione politica le cui origini si perdono nel tempo in fatti recenti o meno recenti. Ricordiamone qualcuno.

La strage di Ustica. Una sentenza di Tribunale ha stabilito la certezza  che sia stato un missile ad abbattere l’aereo dell’Itavia sulla verticale di Ustica, ma alcuni atti sono stati segretati ed dopo anni ancora non è stato chiarito il motivo per cui alti Ufficiali dell’Aeronautica Militare hanno fornito prove testimoniali non chiare e contraddittorie su quanto avvenuto quella notte nei cieli del Tirreno meridionale.

Terra dei Fuochi. La confessione di un pentito di camorra sull’interramento di rifiuti tossici nella Provincia di Caserta viene verbalizzata ed il verbale  segretato e reso pubblico solo dopo venti anni, senza che dal momento della deposizione ad oggi nessuno abbia provveduto ad iniziare la bonifica.

Mafia - Stato. Vicende di mafia coperte dai segreti istruttori e processuali legati alla durata di azioni giudiziarie infinite. Un segreto destinato forse a non essere mai svelato dal momento che un Tribunale, almeno per quanto dato da sapere,  ha accettato dichiarazioni di “non conoscenza dei fatti” formalizzate con lettera sottoscritta da chi invece avrebbe dovuto fornire testimonianza di fronte ad una Corte giudicante.  

 Il caso dei due Fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Nulla per ora è stato classificato segreto ma, di fatto, tutto è segreto. In particolare le notizie  più importanti che riguardano responsabilità specifiche o i motivi della  rinuncia ad atti ufficiali internazionali - primi fra tutti l’Arbitrato - che non sono mai stati chiariti né tantomeno sono state  fornite spiegazioni (http://fernandotermentini.blogspot.it/2014/04/i-due-maro-e-le-mancanze-dello-stato.html).

Febbre Emorragica Ebola. Fino ad ora il Mistero della Salute ha gestito la vicenda di una possibile propagazione della febbre emorragica, l’Ebola, già endemica in alcune regioni dell’Africa, con il rischio di propagazione nei Paese come l’Italia meta di migliaia di migranti africani per lo più clandestini.

 L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato l’epidemia 2014 “serious public health impact”  ed il nostro Ministero della Salute ha fatto scattare l’allerta in Italia con una circolare del 4 aprile non diramata al pubblico (viene riferito segreta), con la quale raccomanda attenta vigilanza alle frontiere.

La nota è stata inviata all’Enac, alla Farnesina, a tutte le regioni ed alla Croce Rossa Italiana, al Ministero della Difesa. Un elenco di  procedure attivate dai responsabili della sanità nazionale che  prevedono controlli agli ingressi nel territorio nazionale e un monitoraggio, affidato al Ministero degli Esteri, degli italiani presenti nei paesi colpiti dall’epidemia.

Nessun cenno, però,  ai flussi migratori in corso. Quattromila africani arrivano ogni giorno senza controlli, un dato che  il Ministero sembra ignorare limitandosi ad attivare la sorveglianza la ‘sorveglianza’ negli aeroporti. I clandestini arrivano via mare e molti di essi, quasi giornalmente spariscono dai centri di raccolta prima di essere identificati ed  aver subito un minimo monitoraggio medico specifico, peraltro possibile solo presso l’Ospedale Spallanzani di Roma, unico laboratorio italiano in grado di effettuare gli esami specifici.

Un’allerta molto riservata e comunque limitata agli aeroporti e porti e che non sembra tenere conto del tempo di incubazione del virus che varia dai 2 a i 21 giorni per la trasmissione a contatto con sangue e secrezioni, ed arriva sino ai 49 giorni per contagio derivante dallo sperma.

Un’analisi della minaccia troppo limitativa perché condizionata dal modello di “riservatezza a tutti i costi”. Le Direttive, infatti, non tengono conto che molte delle clandestine africane che sbarcano in Italia, spariscono rapidamente dai centri di accoglienza per essere posizionate lungo le strade ad esercitare il mestiere più antico del mondo. La segretezza e la riservatezza adottate vanno ad incidere negativamente sulla salute pubblica nel momento che lasciano i cittadini all’oscuro delle possibili conseguenze indotte da un contatti impropri  con gente ammalata.

Forse siamo di fronte ad un’altra delle strategie segrete italiane che rientra nella cultura istituzionale del nostro Paese e si aggiunge a quella adottata da 26 mesi, peraltro con scarso successo dal dott. de Mistura,  Commissario di Governo per la vicenda dei due Marò.

Viviamo ormai in un Paese dove di certo c’è solo il sole che brilla nei nostri cieli, dove i cittadini non hanno il diritto di sapere, dove anche la verità più elementare non viene raccontata ma riferita nel rispetto delle  “note di linguaggio” dettate dai poteri forti.

Un modello che si pensava ormai abbandonato dopo la caduta del muro di Berlino, ma che invece torna sempre più in auge con conseguenze che sicuramente non aiuteranno la nostra Nazione ad uscire dalla cattiva informazione o informazione pilotata che sta imperversando da almeno tre anni.  

 
Fernando Termentini, 14 aprile 2014 - ore 14,00

 Fonti :






 

 

domenica 13 aprile 2014

I due Marò e le mancanze dello Stato

In una democrazia moderna lo Stato è inteso come la società allargata di cittadini che vivono ed operano in una collocazione territoriale ben definita nella quale esercita la propria sovranità tutelando i diritti di ciascuno secondo la regola del “buon padre di famiglia”. .

L’articolo 2 della nostra Costituzione definisce nel particolare quelli che potremmo chiamare gli obblighi dello Stato verso i cittadini. “la Repubblica garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nella formazione sociale ove si sviluppa la sua personalità  e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.

Nei confronti di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone chi era al momento dei fatti responsabile della gestione dello Stato, probabilmente ha dimenticato i contenuti del secondo articolo della Carta Costituzionale. Non ha, infatti, garantito ai due Fucilieri di Marina il diritto inviolabile di ogni cittadino di essere giudicato dal suo Giudice naturale pur essendoci tutti i presupposti per farlo. Non ha, nemmeno,  assicurato a due militari il diritto dell’immunità funzionale riconosciuto dal diritto pattizio ed applicato da quasi tutti gli Stati del mondo. Infine non li ha sostenuti nemmeno come appartenenti ad una  formazione sociale vitale per qualsiasi Stato, quella dello status militare, negando loro la solidarietà politica e sociale.

Ha, invece, delegato ad uno Stato Terzo un diritto indebito, quello di giudicare due rappresentanti dello Stato pur in assenza di certi ed inequivocabili riferimenti probatori, come possibili prove od indizi a loro carico, accettando di fatto che l’India oltraggiasse il più elementare diritto dell’uomo, quello della negazione arbitraria della libertà personale.  

Una serie di “dimenticanze” che ha portato i due Marò ad essere  ostaggio dell’India da 26 mesi, costretti a subire una serie altalenante di situazioni certamente non semplici sul piano psicologico, coinvolgendo anche i famigliari.

“Una serie di mancanze” che lo Stato attraverso i massimi rappresentanti istituzionali ha commesso a danno di due cittadini italiani, disattendendo completamente il citato articolo 2 della Costituzione  ed ad altre specifiche norme costituzionali ed afferenti il Codice Penale.

Il 15 aprile p.v. saranno trascorsi  780 giorni da quando Roma ha ceduto la propria sovranità nazionale delegando l’India a farlo per proprio conto, un’Italia che, invece, nel marzo 2013, attraverso una mirata ed attenta azioni diplomatica,  aveva creato le premesse per applicare quanto previsto dal Diritto Internazionale e dalle Convenzioni del Mare.  

In quei giorni era stato deciso ai massimi livelli dell’Esecutivo di trattenere i due Marò i Italia non facendoli rientrare in India come “ritorsione” nei confronti di Delhi che ignorava le richieste italiane  ufficializzate con tre “note verbali” con le quali si chiedeva all’India di aprire un tavolo di trattative ed avviare immediatamente un Arbitrato Internazionale.

Al contrario, improvvisamente e con l’alibi di dover “mantenere la parola data”, veniva annullata la decisione ed i militari riconsegnati a Delhi subendo anche un vero e proprio  ricatto indiano che minacciava di togliere l’immunità diplomatica al nostro Ambasciatore Mancini.  Una decisione improvvida le cui conseguenze sono sotto gli occhi di tutti, palesemente  non determinata dall’obbligo di mantenere un impegno dato ma per difendere interessi economici non meglio chiariti, anche se chiaramente appartenenti a lobby di potere finanziario e politico.  

Una decisione che innanzi tutto rappresentava una palese omissione di quanto prescritto dall’articolo 2 della Costituzione, nel momento che non sono stati garantiti i “diritti inviolabili dell’uomo”, utilizzato, invece,  come merce di scambio.

Il 22 marzo Massimiliano Latorre e Salvatore Girone furono riconsegnati all’India che pretendeva di indagarli e giudicarli per un possibile reato per il quale l’ordinamento giudiziario indiano prevedeva la pena di morte.

I due Fucilieri di Marina sono  stati, quindi,   riconsegnati  dando corso ad “un”estradizione processuale” ,  in contraddizione con quanto prevede nello  specifico  la   Costituzione  italiana e larticolo 698 del Codice di Procedura Penale che vieta l’atto quando la persona interessata è destinata a subire un procedimento  penale che  non assicura  i diritti fondamentali della difesa attraversi un’azione accusatoria basata su prove  certe

 La  decisione  istituzionale  allepoca  veniva  giustificata dal fatto che l’India non avrebbe applicato la pena di morte secondo una dichiarazione scritta dell’Addetto di Affari indiano in Italia. Una scelta incauta in quanto in  netta contraddizione con quanto stabilito da una sentenza della Corte Costituzionale (n. 223 del 27 giugno 1996) in cui la Suprema Corte ha ritenuto la   semplice garanzia formale della non applicazione della pena  di  morte è  atto  insufficiente  alla  concessione  dellestradizione.  Suprema  Corte  che  più  nello specifico si è espressa attraverso la Sezione VI (Sentenza n. 45253 del 22 nov. 2005, Cc. Dep. Il 13 dic. 2005, Rv, 232633 ).

Una determinazione autonoma dell’Esecutivo, resa operativa in assenza anche di valutazioni e decisioni giuridiche di un Tribunale italiano ed assolutamente in contrasto con quanto sentenziato dalla Sez. VI il 10 ottobre 2008 n. 40283, dep. 28 ottobre 2008 affermando tra laltro che ai fini della pronuncia favorevole allestradizione , è richiesta documentata sussistenza e la valutazione di gravi indizi ……, indizi che l’India ancora non ha formalizzato.

Questi gli eventi prevalenti che hanno indotto a parlare di “mancanze dello Stato” . Fatti e decisioni gestite dall’allora Premier Monti, forse distolto da quelli che potremmo chiamare vincoli giuridici perché impegnato “a fare di conto” e supportato nel suo processo decisionale da Ministri dai curriculum altisonanti, ma forse proprio per questo, non sempre idonei a comprendere la sofferenza degli altri.

 Personalità di tutto rispetto della politica e del mondo imprenditoriale. Alcuni di costoro  in procinto forse di accedere ad importanti incarichi nel mondo imprenditoriale,  altre impegnate a strutturare e rappresentare nuove realtà politiche. 

 Chi rappresenta lo Stato ai massimi livelli ordinativi non può permettersi però di “non sapere”  i vincoli imposti dalla nostra Costituzione o interpretarli in “modo plastico”  secondo le circostanze. Nella vicenda specifica, invece, ciò è avvenuto interpretando l’articolo 2 della Costituzione  che vincola lo Stato a determinati obblighi nei confronti dei propri cittadini e precipue sentenze della Suprema Corte in tema di estradizione.

 Una vicenda che merita di essere analizzata nel dettaglio per evitare che entri a far parte nel “Data Base degli innumerevoli misteri italiani e che, invece,  dovrebbe indurre la politica a riappropriarsi del proprio ruolo e riconsegnare  ai cittadini la certezza di essere tutelati piuttosto che utilizzati come merce di baratto.

Fernando Termentini  13 aprile 2014 - ore  12,00

lunedì 7 aprile 2014

I nostri Marò e le elezioni in India


I
nizia la lunga tornata elettorale indiana che si concluderà il 12 maggio. Una maratona che molti considerano come il più significativo esercizio democratico della storia dell’umanità.  
 
Le elezioni passeranno attraverso nove tappe, 7,  9, 10, 12, 17, 24, 30 aprile e il 7 e 12 maggio.

Un processo elettorale che durerà 36 giorni coinvolgendo 814 milioni di persone che si recheranno alle urne dalle vette dell'Himalaya fino alle sperdute isole Andamane e Nicobare, attraverso un voto elettronico che prevederà anche di potersi astenere ("none of the above", ovvero "nessuno di questi").

Un voto che e' monopolizzato dalla sfida tra due leaders, Rahul Gandhi (43 anni) per il partito del Congresso al potere in India da dieci anni e Narendra Modi (63 anni), Leader dell’emergente partito dell'Opposizione indù, il nazionalista Bharatya janata party (Bjp). A costoro si è aggiunto improvvisamente l'attivista “anti corrotti' Arvind Kejriwal  (45 anni) che sfiderà Modi in particolare nel distretto di Varanasi, la citta' sacra sul Gange conosciuta anche con il nome di Benares, entrambi candidati in quella circoscrizione.

L’esito del voto avrà sicuramente ripercussioni sulla vicenda dei Fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, trattenuti da oltre due anni in ostaggio in India, accusati di aver ucciso due pescatori del Kerala scambiandoli per pirati. Una certezza che deriva soprattutto dal fatto che durante tutta la campagna elettorale si sono riferiti a costoro, anche  con toni accesi, il nazionalista Modi e Arvind Kejriwal 

Modi in un comizio ha accusato la Gandhi di "favorirli" e si e' chiesto come mai "non fossero in prigione" ma nell'Ambasciata d'Italia a New Delhi dove risiedono e lavorano.


Il “falco” Narendra Modi che i sondaggi danno come il grande favorito delle elezioni legislative nazionali, le cui parole contro i nostri Fucilieri di Marina destano una qualche preoccupazione. In ogni occasione costui non demorde, infatti,  nel denunciare il presunto "trattamento di favore" riservato dal governo ai due Fucilieri di Marina posti in affidamento giudiziario dell’Ambasciata italiana e nei confronti dei quali reiteratamente la pubblica accusa ha invece chiesto di assegnare la custodia al Giudice, evocando quindi la prigione.

Anche l’attivista degli “anti corrotti” Arvind Kejriwal  ha strumentalizzato la vicenda dei due Marò rivendicando il diritto dell’India a giudicare in quanto l’incidente a suo dire è avvenuto in acque indiane. Un approccio semplicistico che dimostra come Kejriwal non abbia nemmeno letto le conclusioni della Suprema Corte indiana il 18 gennaio 2013 su dove l’incidente in questione sarebbe avvenuto. Affermazioni che, però, dimostrano come sia in salita il futuro dei due marò con questi nuovi possibili protagonisti  della scena politica indiana.

I risultati delle elezioni in India si avranno il 16 maggio, un tempo sufficiente perché l’Italia avvii ogni possibile iniziativa per prevenire il rischio che le nubi oscure che si stanno addensando sulla vicenda dei due Marò, si stratifichino e consolidino allontanando la soluzione della vicenda.

Qualcosa di incisivo, che indichi a chiunque vinca le elezioni indiane la decisa volontà italiana di pretendere in rispetto delle regole del Diritto internazionale e riconsegni ai due militari l’immunità funzionale. 

Un’unica strada da percorrere perchè questo avvenga. Quella dell’Arbitrato internazionale che continua invece a languire, nonostante precisi pronunciamenti di rappresentanti politici ed istituzionali di tutto rispetto.

Solo per citare alcune posizioni. Il Presidente della Commissione Esteri del Senato, il Senatore Casini che afferma  "Dobbiamo internazionalizzare questo problema, non ci fidiamo più della giustizia indiana”. Il Ministro della Difesa Roberta Pinotti che invoca il diritto dell’immunità funzionale. Il Sottosegretario della Difesa On. Domenico Rossi che continuamente invoca l’avvio dell’Arbitrato, insieme al Ministro degli Esteri Federiga  Mogherini. Anche il dott. de Mistura tenace oppositore dell’arbitrato oggi sembra tornare suoi passi sulla necessità del ricorso all’arbitrato.

Ma allora ci si chiede perché la procedura langue dal 18  marzo 2013 quando attraverso un Comunicato Stampa della Farnesina l’allora Ministro Terzi ufficializzava testualmente “La nostra richiesta alle Autorità  indiane di avviare consultazioni ex art. 100 e art. 283 della Convenzione sul Diritto del Mare (UNCLOS) non ha sinora ricevuto riscontro. Tale percorso era stato indicato dalla stessa sentenza della Corte Suprema indiana  del 18 gennaio e più volte in passato proposto dall'Italia.  Diniego indiano abbiamo altresì registrato, nella medesima occasione, all’ulteriore nostra proposta di consultazioni tra esperti giuridici.Tale posizione da parte dell'India ha con nostra sorpresa e rammarico modificato lo scenario e i presupposti sulla base dei quali era stato rilasciato l'affidavit.  Nelle mutate condizioni il rientro in India dei Fucilieri sarebbe stato in contrasto con le nostre norme costituzionali (rispetto del giudice naturale precostituito per legge, divieto di estradizione dei propri cittadini, art. 25, 26 e 111 della Costituzione). Le nostre tempestive richieste di rogatoria per consentire i procedimenti penali aperti in Italia rimangono tuttora prive di riscontro. Per questi motivi, il Governo italiano è giunto alla determinazione, dopo essersi a lungo impegnato per una soluzione amichevole della questione - nella quale tuttora crediamo convintamente - di formalizzare l'11 marzo l’apertura di una controversia internazionale.

Un’isteresi  decisionale incomprensibile che induce però a pensare che forse ancora è prevalente l’influenza di chi quel fatidico 22 marzo del 2013 decise di far rientrare a Delhi i nostri Fucilieri di Marina. Probabilmente non una sola persona, forse una triade che in quel momento ed ancora oggi  è più preoccupata di difendere interessi economici piuttosto che garantire il massimo dei diritti a due  servitori dello Stato.

Forse è arrivato il momento di superare questi ostacoli ed agire il più rapidamente possibile per non rischiare che Massimiliano Latorre e Salvatore Girone continuino a dover rinunciare ai loro diritti di cittadini e di genitori.

Fernando Termentini, 7 aprile 2014 - ore 13,00