lunedì 14 settembre 2015

I due Marò, i motivi di una Commissione di inchiesta


Dopo quanto è emerso dall’esame della documentazione indiana depositata preso il Tribunale di Amburgo il cui contenuto è stato ben spiegato dall’ing. Luigi Di Stefano da sempre convinto assertore dell’innocenza di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, la mancata nomina di una Commissione di inchiesta parlamentare non è più un’omissione. Piuttosto, evidenzia la negazione dello Stato di Diritto e l’affermazione di un regime inconciliabile con i moderni concetti di democrazia.

Da tempo l’Onorevole Edmondo Cirielli ha chiesto “l’istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sequestro e detenzione illegale di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone”, ma il Parlamento non ha ancora deciso ! Evidente la volontà di soprassedere e prendere tempo come avvenuto per l’Arbitrato internazionale,  avviato con più di due anni di ritardo.

Una situazione di stallo non giustificabile che favorisce le ipotesi più svariate. Non ultime quelle da molti proposte  sull’esistenza di interessi politici, personali e di lobby da tutelare. Non impegnarsi, infatti, ad approfondire per ricercare la verità non può che avere uno scopo, evitare che emergano verità scomode o atti che inequivocabilmente dimostrino che nella gestione della vicenda ci siano state palesi violazioni della Costituzione.

Molti i punti oscuri che dovrebbero essere affrontati. Aspetti non chiari che riguardano l’operato degli organi istituzionali coinvolti. Tre Governi (Monti, Letta Renzi), quattro Ministri degli Affari Esteri (Monti, Bonino, Mogherini, Gentiloni), tre Ministri della Difesa (Di Paola, Mauro, Pinotti), tutti un po’ disattenti considerando quanto emerge dai documenti indiani depositati  presso il Tribunale di Amburgo. Una gestione istituzionale della vicenda che lascia sempre più perplessi con almeno dieci punti su cui incombe il silenzio assoluto e che, invece, meriterebbero la massima attenzione del Parlamento e forse anche della Procura della Repubblica perché sia fatta chiarezza sui misteri della più squallida vicenda della storia italiana. Proviamo a proporre questi dubbi.

1. A partire dalle dichiarazioni rese in Parlamento il 17 ottobre 2012 dall’allora Ministro della Difesa Di Paola sul coinvolgimento diretto della catena di Comando Militare nel concedere l’OK perché la Lexie rientrasse sul porto di Koci, è d’obbligo  accertare a che livello fu coinvolto il Comando della Squadra Navale (CINCINAV)  e chi partecipò al processo decisionale e se l’Armatore avvertì e con quale esito anche il Centro Operativo Interforze (COI).

2. Accertare se coloro che hanno gestito la vicenda sulla catena di Comando dei due Fucilieri di Marina in missione di antipirateria,  abbiano poi  ottenuto benefici e/o vantaggi - seppure meritati e coerenti con la progressione di carriera - in particolare per quanto attiene le loro successive posizioni in ambito Difesa, Amministrazione dello Stato o strutture private.

3. Alla luce di quanto riportato dall’esame autoptico indiano sul calibro dei proiettili che hanno ucciso i due poveri pescatori, aspetto già evidenziato il 3 novembre 2012 in varie analisi ma mai approfondito, discusso o valutato a livello Istituzionale. (http://fernandotermentini.blogspot.it/2012/11/linciucio-indiano.html), quali approfondimenti sono stati sviluppati dalla Difesa, in particolare dalla Marina Militare. Si parla di una relazione tecnico - balistica prodotta dall’Ammiraglio Piroli, peraltro segretata ma pubblicata da uno dei maggiori quotidiani nazionali. Nel documento si conclude che i due fucili che spararono il 15 febbraio 2012 non erano quelli assegnati a Latorre e Girone ma ad altri due Sottufficiali del Nucleo Militare di Protezione (NPM) della Lexie. Nessun cenno invece alla differenza di calibro fra i proiettili in dotazione alla MM e quelli estratti dai corpi dei morti durante l’esame autoptico. Conclusioni che lasciano perplessi anche perché non è chiaro come si sia proceduto a svolgere le prove di sparo trattandosi di prove che dovrebbero essere state svolte (maggio 2012 ?) quando ancora tutte le armi e munizionamento italiano del NPM erano stati sequestrati dall’India.

4. Chi e perché abbia  deciso di “donare” per il danno subito 150.000 Euro alle famiglie dei defunti ed altri 75.000 Euro al proprietario del peschereccio Sant Antony, senza richiedere prima all’India riscontri documentali certi sulle responsabilità degli eventi. Un atto che configura allo stato di quanto emerso dai documenti indiani depositati presso il Tribunale di Amburgo un danno erariale consistente ed un danno indiretto sulla posizione giuridica dei due militari raffigurando “un’ammissione indiretta  di responsabilità”.

5. Per quale motivo la Procura di Roma ha permesso che due indagati per omicidio volontario come risulta fossero  Massimiliano Latorre e Salvatore Girone nel marzo 2013 espatriassero anche se solo per obbedire ad una disposizione loro data lungo la linea gerarchi funzionale. Questo nonostante che cittadini italiani avessero formalizzato l’eventualità con uno specifico esposto depositato il 13 marzo di quell’anno.

6. Colui o coloro che hanno deciso il 22 marzo 2013 di riconsegnare in mano indiana i due militari, lo hanno fatto nel pieno rispetto della Costituzione ed il Codice Penale italiano o piuttosto hanno privilegiato scelte ancora da chiarire disattendendo quanto il nostro ordinamento giuridico e relative sentenze della Suprema Corte stabiliscono nello specifico.

7. Quali furono le “regole di ingaggio” concordate fra Italia ed India per una soluzione condivisa del caso, come ebbe a dichiarare l’allora Vice Ministro degli Esteri Lapo Pistelli (oggi all’ENI in incarico di prestigio) quando ci diceva   "…. Ora abbiamo rimesso la questione su un binario di certezza: scelta di una giurisdizione speciale, condivisa; regole da utilizzare in processo, condivise (con India ndr) …….All'indomani del giudizio, vi sarà un trattato tra le parti che permette comunque agli eventuali condannati di scontare la loro pena in Italia, nel paese di appartenenza”. Siamo costanti e attenti con le autorità indiane e io dico che i due ragazzi torneranno a casa". Una palese cessione di sovranità nazionale che andrebbe approfondita per capire fino a che punto sia coerente con gli obblighi costituzionali che regolano peculiari mansioni istituzionali.

8. Chi ha tratto vantaggi da una gestione semplicistica della vicenda come ci portano ad affermare i documenti arrivati da Amburgo, preferendo strumentalizzare ai fini politici e puranche personali la colpevolezza dei due Marò. Perché il Governo Monti li ha riconsegnati all’India rinunciando ad un arbitrato già deciso (http://www.esteri.it/mae/it/sala_stampa/archivionotizie/comunicati/2013/03/20130318_maro_comunicato_governo.html).

9. Per quale motivo la Procura di Roma non informa sulle decisioni prese 377 cittadini italiani che hanno depositato il 20 giugno 2014 un esposto sui fatti, come chiesto in conclusione dello stesso e come prevede il Codice di Procedura Penale.

10. Per quale motivo l’Avvocatura dello Stato che concorre alla difesa dei due militari,  nonostante sia stata informata dalla Difesa (aprile 2014)  dell’esistenza di un’analisi tecnica dell’ing. Luigi Di Stefano  dalla quale già emergevano inequivocabilmente certezze sulla incoerenza dei calibri dei proiettili estratti dai cadaveri e quelli in dotazione alle nostre FA, non ha contestato immediatamente all’India tali incongruenze pretendendo chiarimenti.  

Questi i punti salienti dell’intera vicenda che se esaminati attentamente potrebbero rivelare mille altre sfumature da approfondire. Tutto ciò impone l’istituzione di una Commissione Parlamentare che accerti se errori ci sono stati e se sussistono responsabilità casuali o attribuibili a colpa grave piuttosto che a dolo.

Non averlo fatto fino ad ora raffigura un ritardo non giustificabile, peraltro in contraddizione con l’abitudine consolidata nel nostro Parlamento, pronto a nominare Commissioni anche per fatti irrilevanti o per valutare problematiche altrimenti consolidate, come, ad esempio,  i problemi relativi all’Uranio Impoverito.
 
Attendere ancora a formalizzare la nomina di una Commissione dopo le notizie di questi giorni rappresenterebbe una dimostrazione di protervia politica inaccettabile. 

Fernando Termentini, 14 sett 2015 - ore 08,00

 

 

mercoledì 29 luglio 2015

Marò e l’Arbitrato internazionale


Dopo più di due anni di silenzio e di iniziative politiche e diplomatiche caratterizzate da un ossequio costante nei confronti di unIndia disattenta ed arrogante nel trattare la vicenda dei due Marò, improvvisamente si ritorna al passato con lavvio della procedura dellArbitrato internazionale pronta fin dall’11 marzo 2013, come annunciato il 18 dello stesso mese da un comunicato del Governo. Un atto fondamentale per dipanare lintricata matassa, preparato attraverso un’attenta azione diplomatica dell’allora Ministro Terzi, a cui, però non fu dato corso per decisione del Presidente del Consiglio del momento.

Ora si ritorna al passato ma con un notevole ritardo e dopo aver concesso allIndia ampi spazi di manovra sul piano giuridico. In primis lindennizzo alle famiglie dei due poveri pescatori indiani concesso con ampia risonanza mediatica dallallora Ministro della Difesa Di Paola seguito dalla presenza pressoché costante del rappresentante del Governo italiano dott. De Mistura e dellAmbasciatore Mancini nelle aule dei Tribunali indiani in occasione delle numerose udienze. Messaggi sicuramente interpretati dalla controparte indiana come ammissioni di responsabilità italiane e riconoscimento dell'azione giudiziaria di Delhi. Atti formali seguiti anche da importanti iniziative oggettive che si sono trascinate nei mesi senza risultato alcuno, come la secret diplomacy di boniniana memoria rimasta tale e, in questi ultimi mesi, da non meglio chiarite attività di intelligence, anche esse fallite miseramente.

Il tempo è trascorso inesorabilmente a vantaggio dell'India offrendo a Delhi lopportunità di rivendicare diritti inesistenti. Non in ultimo la recente dichiarazione del procuratore generale indiano P.S. Narshima che ha anticipato che nella prossima udienza del 10 agosto di fronte al Tribunale di Amburgo (Itlos) contesteremo al Tribunale dellItlos la sua stessa giurisdizione (titolarità a decidere ndr) perchè solo lIndia ha la giurisdizione di perseguire crimini avvenuti nel Paese e lIndia contesterà allItalia anche di non aver esperito tutte le procedure legali previste dalla legge indiana prima di invocare la giurisdizione dellItlos.
Affermazioni sicuramente pretestuose e parte di una strategia legale, però anche indotte dalle esitazioni italiane nel prendere posizioni decise, non in ultimo quella che a distanza di più di 10 giorni dalla formalizzazione della richiesta della custodia cautelare non risulta, , per quanto dato da sapere, che il Governo italiano abbia ancora nominato il proprio giudice che dovrà far parte della Corte giudicante.

La stampa italiana, per contro, dopo un torpore durato più di sei mesi ha dedicato ampi spazi alla decisione di attivare lArbitrato, esaltando lefficacia dellatto giuridico come unica iniziativa possibile per risolvere il problema. Agenzie riportano dichiarazioni istituzionali alle quali si accompagnano interventi di opinionisti ed accademici esperti di diritto internazionale che esprimono le più svariate posizioni a favore dellArbitrato, fino ad oggi, invece,  proposto da pochi come atto essenziale. Per citarne alcuni, l’Amb. Terzi la Professoressa del Vecchio docente alla Luiss ed esperta di diritto del mare e, molto modestamente, chi scrive.

I pareri sono molti ed anche scontati. Qualcuno esprime il timore che allItalia non vengano riconosciuti i requisiti per il rilascio delle misure cautelari in assenza di rischio imminente di danno irreparabile, dimenticando che il danno irreparabile c’è già stato con la malattia che ha colpito Latorre forse proprio per il ritardo nel ricorrere allArbitrato e che si potrebbe ripetere coinvolgendo Girone, ormai certamente stressato dalla lontananza dalla famiglia.
Opinionisti che attraverso le pagine dei maggiori quotidiani italiani dibattono  sulle diverse e possibili opzioni a cui potrebbe ricorrere il Tribunale di Amburgo, anche disquisendo su particolari che non è azzardato definire “certi”. Uno fra tutti, leventualità che Itlos accolga la richiesta cautelare italiana optando di trasferire Girone e Latorre in un Paese Terzo, anziché in Italia. Decisione non possibile ma coerente con quanto previsto dalla specifica normativa giuridica che ci dice come la custodia cautelare sia affidata ad uno Stato Terzo dellONU. Nella fattispecie sicuramente nè Italia nè tantomeno lIndia sono parti terze nella vicenda. A questa si aggiungono altre puntualizzazioni non del tutto condivisibili quando si legge Di Arbitrato si è a lungo parlato in passato. Se è stato avviato solo adesso, è forse perchè è adesso che possono verificarsi le circostanze perchè un processo che deve essere giuridico e politico nello stesso tempo, dia i suoi frutti.

Pareri di tutto rispetto ma palesemente orientati a giustificare i ritardi accumulati quasi fossero stati ineludibili per creare una cornice giuridica e politica favorevole allItalia che, però, non sembrerebbe tale considerando le dichiarazioni indiane. Si dimentica, invece, di chiarire che se si fosse ricorsi allarbitrato preparato l11 marzo del 2013 dallallora Ministro Terzi, lIndia avrebbe potuto disporre di più modesti ragioni oppositive.

Unattenta rilettura del comunicato del Governo del 18 marzo 2013 pubblicato sul sito della Farnesina, potrebbe aiutare a comprendere il perchè quello era il momento più favorevole per attivare la giustizia internazionale. Rileggendo il testo, infatti emerge …..La nostra richiesta alle Autorità indiane di avviare consultazioni ex art. 100 e art. 283 della Convenzione sul Diritto del Mare (UNCLOS) non ha sinora ricevuto riscontro. Tale percorso era stato indicato dalla stessa sentenza della Corte Suprema indiana del 18 gennaio..... . Diniego indiano abbiamo altresì registrato.........all’ulteriore nostra proposta di consultazioni tra esperti giuridici. Tale posizione da parte dell'India ha ........modificato lo scenario e i presupposti sulla base dei quali era stato rilasciato l'affidavit (l’impegno che i due Marò rientrassero in India ndr). Nelle mutate condizioni il rientro in India dei Fucilieri sarebbe stato in contrasto con le nostre norme costituzionali…… Per questi motivi, il Governo italiano è giunto alla determinazione, ............ di formalizzare l'11 marzo l’apertura di una controversia internazionale”.
Guardiamo comunque fiduciosi al futuro con la speranza che la strategia posta in essere dal baronetto inglese a cui sono state affidate le sorti dei due nostri militari dimostri che l’Italia è ben difesa.

Fernando Termentini, 29 luglio 2015 - ore 15,00

 

 

lunedì 27 luglio 2015

Le incongruità europee nella gestione dei migranti

L’Europa continua ad assistere silente al processo migratorio che dall’Africa porta sul Vecchio Continente centinaia di migliaia di disperati. Una minima parte fugge da guerre o regimi dittatoriali, altri lasciano l’Africa per motivi economici, altri ancora per tentare di ricongiungersi a famigliari che li hanno preceduti nel tempo.

Un flusso che va avanti da tempo e che coinvolge direttamente l’Italia, confine meridionale dell’Europa, impegnata prima con l’operazione Mare Nostrum ed ora sempre in prima linea seppure con il concorso di navi militari di Gran Bretagna, Germania, Islanda, Francia, Norvegia, Paesi Bassi, Spagna Portogallo, Lituania e Malta, autorizzate ad arrivare nelle le acque territoriali libiche nel quadro dell’operazione Triton voluta dalla UE. Circa 17 navi battenti diverse Bandiere che di fatto proiettano a ridosso della Libia la propria sovranità nazionale, per imbarcare profughi alla deriva nel Mediterraneo e sbarcarli poi nei porti italiani, delegando all’Italia la gestione dell’accoglienza secondo un’interpretazione estrema di quanto previsto dalla Convenzione europea “Dublino III”.  

Un Trattato considerato  “pietra miliare” nella costruzione del Sistema europeo comune di asilo e che si richiama a principi generali analoghi a quelli della vecchia Convenzione di Dublino del 1990 e di Dublino II. In particolare, ogni domanda di asilo deve essere esaminata da un solo Stato membro e la competenza per l'esame di una domanda di protezione internazionale ricade in primis sullo Stato che ha svolto il maggior ruolo in relazione all'ingresso e al soggiorno del richiedente nel territorio degli Stati membri, salvo eccezioni (COM 2008/820, 03.12.2008, pag. 3).

Sulla base di questi contenuti l’Italia,  “avamposto europeo di approdo dei migranti”,  deve gestire l’accoglienza, attivare le procedure di riconoscimento, quelle eventuali di rimpatrio, assolvendo compiti non facili delegati dall’Europa con un’interpretazione di Dublino che andrebbe rivista alla luce della realtà contingente in cui si articola Triton.

Infatti, un buon numero di profughi arriva sul territorio nazionale dopo essere transitato sulla tolda di navi militari di altri Stati, che secondo il Diritto internazionale e del mare sono a tutti gli effetti parte integrante della Nazione di appartenenza e costituiscono, nella fattispecie,  veri e propri “Centri di accoglienza” itineranti che nulla hanno a che fare con il territorio sovrano italiano.

Navi da guerra che mantengono la loro completa identità nazionale ed immunità (sovereign immunit) in alto mare,  durante il transito nelle acque territoriali o il soggiorno nelle acque interne di un altro Stato con esenzione da fermo, ispezione, tasse e applicazione di leggi straniere. In sintesi una completa immunità dalla giurisdizione di qualsiasi Stato diverso da quello di bandiera (UNCLOS 95 e 96), naviglio anche esentato dall’esporre la “Bandiera di cortesia” una volta che attracca in un porto di una Nazione ospitante.

Forze navali che in navigazione ricoprono un ruolo esclusivo e polivalente esercitando di fatto Diritto, Forza e Diplomazia, come espressione totale dello Stato di appartenenza sia come entità territoriale sia sotto il profilo giuridico. Veri e propri “pezzi” di territorio nazionale proiettati sul mare che come tali dovrebbero essere soggetti alle regole ed alle Convenzioni ratificate dagli Stati Membri dell’Unione Europea, prima fra tutte la Dublino III.

Ciò  premesso, non si comprende, quindi,  perché le navi militari di altre nazioni europee che concorrono all’operazione Triton non applicano “Dublino” una volta che hanno imbarcato i profughi salvati in mare. La Convenzione, infatti, stabilisce chiaramente l’obbligo della gestione dell’accoglienza legata alla sovranità territoriale estendendola anche alle aree di transito aeroportuale laddove all’articolo 15 Dublino III prevede “la volontà di chiedere la protezione internazionale è manifestata” (e non più “quando la domanda d'asilo è presentata”) nella zona internazionale di transito di un aeroporto di uno Stato membro, tale Stato è quello competente.

Un articolo della Convenzione che più di altri indica chiaramente come fra gli obiettivi principali di “Dublino III” sia quello di impedire ai richiedenti di asilo di presentare domande in più Stati membri dell’Unione (asylum shopping) e di diminuire il numero di richiedenti trasportati da uno Stato ad un altro, come invece avviene nel momento che una nave militare del Regno Unito, piuttosto che francese o tedesca, sbarca migranti in un porto italiano delegando all’Italia l’applicazione della Convenzione di Dublino.

Il naviglio coinvolto in Triton è in larga misura militare e quindi a tutti gli effetti espressione del territorio nazionale di appartenenza. Una volta imbarcati i profughi dovrebbe quindi gestirli come se gli stessi fossero sbarcati a Lampedusa piuttosto che a Malta o in Normandia.  

Non si comprende, quindi, il  perché non siano applicate le norme attuative della nuova direttiva europea sull’accoglienza del 26 giugno 2013 ed il relativo regolamento attuativo (604/2013), pilastri normativi del sistema europeo di ingresso, asilo e soggiorno di profughi ed espressione di procedure comuni valide in tutta la UE.

Non è chiaro, quindi, il motivo per cui l’Italia non può dirottare in Germania o in Francia migranti sbarcati in Sicilia, mentre una nave militare francese o tedesca può “scaricare”, invece,  sul territorio italiano migranti imbarcati sul proprio naviglio militare “svolgendo il ruolo dominante in relazione all'ingresso e al soggiorno di un richiedente nel territorio degli Stati membri”. Porzione di territorio europeo  che nel rispetto degli accordi di  Dublino, dovrebbe essere obbligato a dare protezione internazionale agli aventi diritto e nello stesso tempo a procedere al rimpatrio dei “migrati economici” e dei clandestini.

Forse la UE e l’Alto Rappresentante per la Politica estera europea Federiga Mogherini dovrebbero pretendere una più attenta applicazione dei trattati europei ed i mezzi di comunicazione nazionale dare più ampio risalto a queste incongruenze !

Fernando Termentini, 27 luglio 2015 - ore 12,00

domenica 19 luglio 2015

Sbarchi in Italia : immigrati clandestini o profughi ?

  Non attira più nemmeno l’attenzione degli organi di informazione forse “ammoniti” a non dare risalto ad un fenomeno gestito con   approcci non sempre condivisibili.
Il flusso di disperati che sbarcano sulle coste italiane è ormai una realtà con la quale convivere ogni giorno.

Per contro viene dato risalto ad un twitter del Ministro Alfano che annuncia la cattura di un rapinatore omicida dell’orafo di Prati. Un giusto plauso alle Forze dell’Ordine ma anche una notizia di routine trattandosi di una normale operazione di Istituto. Non sarebbe male, invece, se  il Ministro degli Interni accompagnasse questi ed  altri “editti di successo”  con qualche commento su come viene gestito il problema dei migranti e l’ordine pubblico collegato e sui  palesi “ripensamenti” di qualche  Prefetto sulla dislocazione dei migranti,  come ci indicano i fatti in provincia di Treviso e di Eraclea.

La situazione è sempre più caotica. Sicuramente non aiuta nè la gestione del problema né un coinvolgimento condiviso e cosciente della popolazione italiana, certamente disponibile ad “accogliere”, ma nello stesso tempo in diritto di pretendere garanzie per la difesa della propri sicurezza e della proprietà  privata.  

Nulla  viene chiarito. Solo frasi ricorrenti di noti buonisti che accompagnano quello di coloro che gestiscono l’accoglienza sotto l’insegna del “no profit”. Tutti all’unisono pronti a giustificare disagi, improvvisazioni gestionali maldestre e raffazzonate con la parola “emergenza”,  usata per convenienza e non perché realtà oggettiva. Il processo migratorio è, infatti, ormai consolidato e con un trend assolutamente prevedibile nel tempo e quantificabile  nei numeri e, quindi, da affrontare con   una pianificazione seppure di massima.    http://fernandotermentini.blogspot.it/2015/07/continua-la-non-informazione-e-ancora.html).

Definirlo emergenza come ci trovassimo a fronteggiare un’improvvisa catastrofe naturale è, invece, un’esemplificazione quanto meno opportunistica perché giustifica decisioni che contrastano anche con i diritti dei cittadini italiani e perché consente, inoltre,  di applicare normative “più snelle” per gli acquisti delle risorse necessarie o l’affidamento dell’assistenza dei migranti.

A questa discutibile definizione del processo in corso se ne sovrappone, ora, un’altra di natura giuridica. Un  sofisma non chiaro nel momento che si difende lo status di profughi per coloro che arrivano sulle nostre coste ma nello stesso tempo la magistratura arresta gli scafisti per “favoreggiamento all’immigrazione clandestina”.

E’ già accaduto in passato come ampiamente pubblicizzato dalle fonti istituzionali  e ieri confermato dall’arresto per questo reato dei due scafisti che hanno traghettato la famiglia della bambina siriana Ragad,  lasciata morire sul gommone per coma diabetico dopo che costoro  avevano buttato a mare le fiale di insulina di cui la bambina aveva bisogno.

Una domanda sorge quindi spontanea e la vorrei rivolgere al Ministro della Giustizia e degli Interni: sui gommoni vengono trasportati profughi o clandestini ?

Ad oggi non è chiaro. Nemmeno il Parlamento pretende che sia fatta chiarezza con interrogazioni mirate. Piuttosto, si preferisce continuare a parlare di emergenza, vocabolo assolutamente idoneo per giustificare l’inefficienza, la mancanza di programmazione e finanche la gestione estrema dell’ordine pubblico.

Fernando Termentini 19 luglio 2015, ore 12,00

martedì 14 luglio 2015

Marò ed Arbitrato, qualche precisazione

La notizia ANSA del 13 luglio che l’India si avvia ad accettare la richiesta italiana di Arbitrato Internazionale ha improvvisamente risvegliato un lungo letargo che ha coinvolto molti esponenti politici e dell’informazione.

Parole roboanti, infatti, ci stanno sommergendo per annunciare un successo quasi impossibile. Le decisioni di oggi, sostiene la Farnesina,  confermano il consolidamento del percorso arbitrale intrapreso dall'Italia il 26 giugno", dimenticando che l’iniziativa internazionale in itinere era già stata preparata ed era pronta fin dal 18 marzo 2013, improvvisamente annullata  dal Governo del momento.

Dimenticanze o scelte comunicative ? La seconda ipotesi apparirebbe più plausibile considerando che i comunicati di quel giorno sono ancora online sul sito del MAE (http://www.esteri.it/mae/it/sala_stampa/archivionotizie/comunicati/2013/03/20130318_maro_comunicato_governo.html). Lo abbiamo ricordato più volte ma di fronte a non spiegabili dimenticanze di informazione che sembrano  affliggere moltissimi organi di comunicazione italiani si ritiene quanto mai opportuno porre in essere un antica raccomandazione, “il ripetere aiuta”.

Oggi anche sulle pagine del Corriere della Sera il dott. Taino evidenzia come normale questa scelta con parole inequivocabili “Soprattutto, si è confermata una scelta normale nei contenziosi tra Stati, che non necessariamente comporta scontri aspri ma che anzi ha la possibilità di creare chiarezza”ò. Aggiunge anche “In un comunicato, ieri, il ministero degli Esteri italiano ha sostenuto che la decisione del governo indiano di partecipare all’arbitrato e l’allungamento della permanenza in Italia di Latorre — «ancorché per un periodo inferiore a quello da noi richiesto» — confermano «il consolidamento del percorso arbitrale intrapreso dall’Italia il 26 giugno»”, dimenticando però di evidenziare che si sono persi più di due anni a totale danno dei nostri militari.

Imprecisioni non condivisibili da chi scrive come me per passione e non per professione. Preferisco, dunque, rammentare quei giorni lontani in quanto li ritengo una parte fondamentale nell’intera vicenda.  Fatti che a mio modesto parere stigmatizzano l’assoluta indifferenza di qualcuno che ai vertici dello Stato preferì fare scelte di opportunità prediligendo la difesa di interessi economici reputata prevalente rispetto a quella dei diritti umani e giuridici di due cittadini italiani implicati in problemi conseguenti ad “incarichi di Stato”.  L’ho fatto in varie occasioni e non in ultimo oggi con un pensiero pubblicato dalla testata “InTerris” che ripropongo : http://www.interris.it/2015/07/14/66301/intervento/maro-due-anni-buttati-via.html

Due Governi si sono succeduti da quel marzo del 2013, moltissime le parole ma zero fatti. Oggi si ritorna a percorrere una strada che era stata aperta nel passato osannandola come un successo politico conseguente ad un attento lavoro diplomatico,  ma si tralascia di analizzare una frase del rappresentante del Governo indiano (Solicitor General), Ranjit Kumar, che ha precisato tra l’altro all' ANSA “che l' India "partecipera' per dire agli arbitri che la giurisdizione e' nostra e non dell' Italia".

Tante le dichiarazioni, non in ultima quella dell’Onorevole  Fabrizio Cicchitto (Ncd) che all’ANSA ha parlato di "passi significativi frutto di un lavoro difficile sia del governo Letta sia di questo governo", dimenticando che tutto era stato preparato ed avviato più di due anni orsono.

A quando una Commissione di inchiesta Parlamentare ?


Fernando Termentini, 14 luglio 2015 ore 11,00

lunedì 13 luglio 2015

Marò : l’India non può sottrarsi all’arbitrato

L'ANSA ci riferisce da Delhi che fonti istituzionali indiane hanno dichiarato all'Hindustan Times che l'India non può sottrarsi  alla richiesta italiana di Arbitrato Internazionale previsto dalla Convenzione del Mare (UNCLOS) ratificata anche da Delhi. A  breve i Ministri degli Interni, della Giustizia e degli Esteri indiani si riuniranno per individuare la posizione che sarà sottoposta  alla decisione della Corte Suprema indiana.

Sicuramente un passo in avanti dopo tanto silenzio e che dimostra come si siano perduti inutilmente oltre due anni dopo aver interrotto l’iter dell’Arbitrato avviato il 18 marzo 2013 come informava un comunicato del Governo reso noto dalla Farnesina. (http://www.esteri.it/mae/it/sala_stampa/archivionotizie/comunicati/2013/03/20130318_maro_comunicato_governo.html).

Una posizione politico / diplomatica che - come risulta - fu ufficializzata anche alle Ambasciate italiane nel mondo con un documento diretto agli Ambasciatori perché potesse  “…..essere utilizzato dalle SS.LL. negli ulteriori contatti che avranno con le rispettive Autorità di accreditamento….”.

Provvedimento coordinato anche con l’allora Ministro della Difesa Di Paola che “…..concordava sul fatto di tornare alla carica con i legali indiani perché presentassero una petition per ritardare il rientro dei marò in India e formalizzare una nota per una consultazione con ex art. 100 di UNCLOS come indicato dalla stessa Corte Suprema…..”.

Improvvisamente tutto, però,  fu ribaltato dall’improvvisa e per taluni aspetti imprevista decisione del Premier Senatore Monti che il 22 marzo 2013 decise di rimandare in India i due Fucilieri di Marina. I due militari furono rispediti a Delhi come un vero e proprio "pacco postale". Più precisamente, con un accompagnamento coatto dell'allora Vice Ministro degli Esteri Staffan De Mistura utilizzando un volo di Stato. L’Ambasciatore Terzi, assolutamente contrario a quanto avvenuto, si dimise da Ministro degli Esteri.

Dimissioni che, come si ricorderà, suscitarono polemiche non ancora sopite, basate anche su dichiarazioni  che ancora oggi lasciano molto perplessi. Una fra tutte quella del Senatore Monti “Sono rimasto stupefatto per ciò che il ministro Terzi ha fatto e per ciò che non ha fatto”. Perché l’ex ministro, spiega Monti, “poteva opporsi e non si è opposto” (Blitzquotidiano 10 luglio 2015 - http://www.blitzquotidiano.it/blitz-blog/maro-ministro-terzi-santagata-colpa-2229866/).

Affermazioni  che, forse per dimenticanza, non tengono conto di quanto riportato in documenti ufficiali come una lettera del 21 marzo 2013 (il giorno prima del rientro dei Marò in India, ndr), indirizzata al Presidente del Consiglio a firma dell’allora Ministro Terzi. Un documento nel quale è possibile leggere tra l’altro “………………delle preoccupazioni e delle riserve che ho ritenuto per parte mia, di rappresentare al riguardo e continuo ad avere ……., Le sottopongo un progetto di nota verbale. Essa contiene le condizioni veramente minime, in un quadro peraltro problematico e di evidente ambiguità, che questa Amministrazione ritiene debbano essere accettate da parte indiana al fine di: salvaguardare anche di fronte ai nostri principali partners internazionali la credibilità della linea del Governo maturata nei giorni scorsi …….”.

Il parere del Ministro Terzi non fu ascoltato come non si tenne conto del parere giuridico del Ministro della Giustizia Severino. Si preferì, invece, prediligere gli  interessi economici di lobby ancora peraltro non chiariti nonostante che nel tempo si sia tentato in più riprese di coinvolgere anche l’Autorità Giudiziaria ("LiberoReporter", 11 luglio 2015, http://www.liberoreporter.it/2015/07/primo-piano/caso-maro-responsabilita-e-malaffare-fuori-gli-altarini.html).

Di fronte a scenari del genere diventa sempre più urgente affidare ad una Commissione di inchiesta Parlamentare il compito di accertare le responsabilità politiche e giuridiche di chi ha deciso di sacrificare  due cittadini italiani pur di non compromettere altri interessi, peraltro sicuramente ininfluenti di fronte al rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo.

Avverrà mai ?

Fernando Termentini, 13 luglio 2014,

lunedì 6 luglio 2015

Gestione dei migranti : una falsa emergenza !

 La maggior parte dei mezzi di comunicazione nazionale dimenticano di informare i cittadini dell’approvazione della legge sul prelevamento forzoso delle banche   dai conti correnti bancari privati  e continuano a proporre problemi importanti in maniera assolutamente distorta. Primo fra tutti quello del flusso dei migranti dall’Africa e dal Medio Oriente che continua ad essere proposto come “emergenza” pur trattandosi di qualcosa che va avanti da mesi con flussi pressoché costanti.  
La maggior parte dei mezzi di comunicazione nazionale dimenticano di informare i cittadini dell’approvazione della legge sul prelevamento forzoso delle banche

Lecito domandarsi, quindi, se siamo di fronte a non corrette analisi del problema o piuttosto ad una scelta mirata per non disturbare il “manovratore”. Non si può, infatti, continuare a definire emergenza un processo che ormai fa parte della routine quasi giornaliera per fare breccia nell’immaginario collettivo coinvolgendo a condividere decisioni istituzionali altrimenti improponibili. In emergenza, infatti, è giustificato improvvisare per fronteggiare l’imprevisto e l’imprevedibile; “modus operandi” improponibile nella gestione di un fenomeno ormai ben configurata.

Una sana informazione non dovrebbe più presentare la realtà come situazione imprevista ed improvvisa giustificabile forse mesi orsono, piuttosto sottolineare carenze di previsione e pianificazione che le soluzioni di accoglienza adottate evidenziano ogni giorno. Una semplice simulazione sulla base di dati ormai concreti e consolidati aiuterebbe, ad esempio, a programmare e gestire razionalmente il problema. Perché non viene fatto ci si chiede ? La maggior parte di coloro che dovrebbero denunciare queste inefficienze, invece, tacciono preferendo non evidenziare carenze e scelte spesso ingiustificate.

I fatti dimostrano viceversa che giorno dopo giorno siamo di fronte ad una gestione improvvisata attuata dagli Organismi centrali e periferici preposti a gestire l’accoglienza dei migranti che si accingono a sbarcare sulla nostre coste.  “Mandate” ormai prevedibili e comunque annunciate dalle fonti di intelligence e dai monitoraggi dei Drone. E’ innegabile che i flussi siano ormai prevedibili almeno nei grandi numeri e quindi non si tratta di emergenza ma di un fatto contingente che meriterebbe più attente valutazioni e più accorte gestioni. Proporli, quindi,  come eventi inaspettati sulla maggior parte della carta stampata e dai media televisivi rappresenta una cattiva informazione e finanche un’offesa all’intelligenza dei cittadini. Criticare, invece, il raffazzonato e confuso management potrebbe sollecitare i responsabili ad un maggiore impegno razionale ed evitare di smistare, ad esempio, 40 migranti, in comunità abitate da 40 cittadini.

Quello che una volta era definito il ”quinto potere” sta perdendo invece la propria connotazione  originaria, quella di denunciare le cattive gestioni anche con toni provocatori per sollecitare risposte o chiarificazioni da parte delle Istituzioni. La maggior parte preferisce, al contrario,  ricorrere a circonlocuzioni piuttosto che a sostantivi concreti che, sicuramente,  potrebbero dare fastidio a chi sta amministrando il problema. Scelte di cui ognuno è responsabile sul piano della deontologia professionale e che personalmente non riesco a condividere.

Definire a luglio del 2015 ancora emergenza i ricorrenti sbarchi dei migranti sulle nostre coste  significa voler nascondere la testa sotto la sabbia. Decidere di smistarli in Caserme dismesse come spesso viene dichiarato è una chiara dimostrazione che chi sta gestendo il problema non conosce la realtà del territorio e non si preoccupa nemmeno di constatarne lo stato attuale preferendo le parole ai fatti. La maggior parte delle ex infrastrutture militari sono ormai fatiscenti, assolutamente non appropriate per garantire nell’immediato l’accoglienza del popolo di disperati senza radicali interventi di recupero. Piuttosto  significherebbe ghettizzare questa gente in spazi ancora peggiori dei villaggi dell’Africa subsariana o dei campi di smistamento sulle coste libiche del Mediterraneo.  Soluzioni al limite accettabili a fronte dì un’improvvisa calamità naturale ma non condivisibili quando sarebbe invece non difficile programmare soluzioni meno traumatiche.

Fotografie della realtà che non vengono invece proposte all’opinione pubblica preferendo oscurarle con la parola emergenza, sicuramente foriera di alibi per coloro che invece dovrebbe affrontare con razionalità il problema, anche con una semplice pianificazione di emergenza da adeguare se del caso al bisogno del momento. In Italia questo è possibile semplicemente ricorrendo all’expertise dei nostri militari, abituati a pianificare e di conseguenza a trovare soluzioni adeguate da predisporre in anticipo. Una  cultura professionale dimostrata in mille occasioni, all’estero ed in Italia  quando la popolazione  è stata colpita da importanti calamità naturali.

A tale riguardo, infatti, è incomprensibile il perché non sia stato ancora affidato il compito agli specialisti del Genio Militare, dislocati arealmente  sul territorio,  di organizzare ed urbanizzare in pochissimo tempo vaste aree, posizionando moduli abitativi, servizi igienici campali, distribuzione dell’acqua e dell’energia elettrica ed organizzando la raccolta e smaltimento dei rifiuti. E lecito pensare che non ci sia la volontà di farlo, forse per timore di dare lustro ad una categoria più volte bistrattata da parte della classe politica e da molti media nazionali.

Si preferisce, invece, nascondersi dietro la parola emergenza per giustificare quelle che allo stato attuale non possono che essere definite  carenze gestionali ed organizzative. Abusando del termine “imprevisto” si evidenzia la volontà di giustificare l’efficacia di qualsiasi soluzione, come avvenuto nel tempo in Italia dopo che eventi inaspettati, come terremoti ed alluvioni, costringono ancora moltissimi cittadini italiani a vivere in moduli abitativi, in Belice, in Irpinia piuttosto che  in Abruzzo ed in Emilia.

E’ emergenza o inefficienza istituzionale ?  

Fernando Termentini, 06 luglio 2015, ore 1000

sabato 4 luglio 2015

GOVERNO : Un altro regalo agli italiani e la stampa tace

Sono 4 mesi che gli organi di informazione nazionale ci propongono quasi quotidianamente la "partita a poker" fra Unione Europea e la Grecia, farcita da dettagli quasi sempre orientati a dare risalto alle iniziative politiche di qualcuno a livello  istituzionale italiano. Quasi un ossequio ininterrotto compreso il risalto dato all'ultimo atto di imperio della Merkel che di fatto ha chiuso, almeno per il momento, le porte alla Grecia. Un  impegno comunicativo che forse ha fatto dimenticare di informare i cittadini su qualcosa di molto importante. L'approvazione  in via definitiva dalla Camera dei Deputati della legge  sul prelevamento forzoso sui conti correnti privati a favore di eventuali Banche in sofferenza.
 
Una legge derivata da una direttiva europea che si rifaceva a quanto in precedenza attuato sulla "pelle"  dei cittadini di Cipro,  proprio per salvare le  banche cipriote. A legge approvata nessun dettaglio è stato dato a livello istituzionale almeno fino a questo momento, silenzio accompagnato dal "rispettoso" quiete degli organi di informazione, cartacei ed a video. Solo qualche flash pubblicati il 3 luglio sul quotidiano "Il Tempo"  (pag. 17)  e sul quotidiano specializzato in problemi finanziari, Il Sole 24 Ore (http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2015-07-03/banche-caso-salvataggio-pagheranno-prima-privati-104631.shtml?uuid=ACmHkDL&fromSearch). 

Qualcosa invece è comparso sul Web quasi in tempo reale, pubblicato da blogger e da testate online che ancora cercano di mantenere vivo il diritto di espressione del un libero pensiero. Mi unisco a costoro non accettando quello che potremmo chiamare il "silenzio di Stato" in quanto non ritengo accettabile che una democrazia avanzata i mezzi di comunicazione si adeguino ad un oscuramento "voluto dall'alto" degno delle migliori tradizioni dell'ex Unione Sovietica e di qualche altro Stato moderno che ancora si rifà a modelli di un passato anacronistici e sconfessati dalla storia.  

Una prima domanda dunque. Ci troviamo di fronte ad  un'informazione carente o, piuttosto, ad un'omissione di informazioni pilotata su aspetti importanti come una legge che - almeno per quanto noto - andrebbe ad intaccare i risparmi di milioni di italiani. Persone  che durante una vita di lavoro si sono impegnate per garantirsi un piccolo / grande patrimonio fondato su sacrifici ed attenta amministrazione del proprio budget. 

Qualche dettaglio, dunque, per meglio comprendere. L'Europa prima e l'Italia poi hanno deciso di assicurare risorse certe a Istituti bancari in sofferenza finanziaria anche  se derivata da una speculative  gestioni. Prime fra tutte la scelta di utilizzare i fondi della BCE concessi  a tasso zero non utilizzati per favorire il processo produttivo nazionale, ma per guadagnare attraverso investimenti su derivati piuttosto che su  Titoli di Stato emessi da Paesi a rischio di insolvenza come la Grecia. Forse una delle maggiori banche che potrebbero trovarsi in questa condizione in caso di un tracollo greco è proprio la Deutsch Bank tedesca accompagnate da banche italiane già travolte da perdite consistenti per investimenti sui "derivati".

Tutte le ipotesi sono lecite in assenza di un'informazione nazionale e confutabili solo da notizie certe e non sicuramente dal silenzio istituzionale. Il tacere, infatti, non paga ma lascia aperte le porte alle più svariate valutazioni che sicuramente in un momento di disagio economico come l'attuale non inducono fiducia nelle famiglie italiane a favore della ripresa economica.

E' difficile non avere dubbi leggendo il 3 luglio "Laula della Camera ha approvato in via definitiva la legge di delegazione europea 2014 che recepisce 58 direttive europee, adegua la normativa nazionale a 6 regolamenti Ue e attua 10 decisioni quadro. I sì sono stati 270, 113 i no, 22 gli astenuti, come dettagliatamente riportato al link http://www.gazzettadellasera.com/la-grande-rapina-e-servita-il-pd-fa-approvare-alla-camera-in-via-definitiva-il-prelievo-forzoso-dei-soldi-dai-cc/#sthash.EMlXMeEo.dpuf.

Notizia peraltro ripresa anche dal blog di Grillo e da dichiarazioni del 2 luglio dell'Onorevole Giorgia Meloni, su Facebook: “Renzi continua a pagare il pizzo alle lobby che lo hanno piazzato a Palazzo Chigi: oggi alla Camera il Pd e la maggioranza stanno votando il prelievo forzoso sui conti correnti superiori ai 100 mila euro per salvare le banche dal default. Indecente e scandaloso (http://www.ecplanet.com/node/4694).

Tutto si è concretizzato il 2  luglio subito dopo l'incontro del nostro Premier con la Merkel in Germania avvenuto il 1° luglio. Una coincidenza ? Un caso ? La certezza non c’è ma quello che è sicuro che le date portano ad ipotizzare questo ed altro. 

Sempre in assenza di precisazioni o possibile smentite ufficiali altri dubbi si aggiungono. In primis, si è indotti a pensare che quanto approvato sia una mossa economica strategica concordata fra i partiti politici che hanno concorso ad approvare la legge ed i banchieri e le lobby di dimensione internazionale collegate a strutture come la Bieldberg e la Trilaterale o partecipate da coloro che il 2 giugno 1992 si incontrarono a bordo del panfilo  Britannia per concertare in maniera assolutamente riservata la gestione delle risorse economiche mondiali.
(http://archiviostorico.corriere.it/2009/giugno/16/CROCIERA_DEL_BRITANNIA_FRA_AFFARI_co_9_090616045.shtml?refresh_ce-cp).

Siamo, quindi, di fronte ad un silenzio istituzionale accompagnato dal consenso degli organi di informazione che è diventato un comportamento usuale e prevalente in questo caso e per altri fatti importanti per  l'Italia. Uno per tutti, la vicenda dei due Marò iniziata da più di 1200 giorni su cui nulla o assai poco viene chiarito. Anche recentemente la più totale confusione in occasione dell'annuncio del ricorso all'Arbitrato internazionale previsto dalla Convenzione del mare UNCLOS. Scarne Agenzie di stampa accompagnate da poche righe sui quotidiani nazionali senza specificare aspetti fondamentali attinenti alla forma dell'Arbitrato stesso. Dettaglio di non poco conto se non altro perché qualora fosse scelta la strada dell'Arbitrato Consensuale i due militari continuerebbero ad essere ostaggio dell'India e non affidati, invece,  ad uno Stato Terzo se si fosse scelta la forma obbligatoria. 

Vari dunque i fatti costituzionalmente rilevanti passati sotto silenzio. Una legge che autorizzerebbe di ripianare i dissesti finanziari delle banche con i soldi dei cittadini e la consegna di due militari italiani al giudizio indebito di uno Stato Terzo, nel cui ordinamento prevede la pena di morte, come avvenuto il 22 marzo 2013 per i due Marò.

Una mancanza di chiarimenti accettata supinamente dai maggiori organi nazionali di informazione che non fa onore ad una Nazione come l'Italia, custode di una democrazia conquistata con il sacrificio dei propri cittadini e che ora la politica cerca di oscurare ricorrendo a strutture "monopartitiche", peraltro  non elettive ma imposte.

Fernando Termentini, 4 luglio 2015 - ore 1100

 

 

 

mercoledì 1 luglio 2015

Fucilieri di Marina: Arbitrato altra farsa italiana ?


Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (UNCLOS).
Il 26 giugno u.s. i maggiori quotidiani italiani annunciano che l’Italia ha avviato l’Arbitrato internazionale per risolvere la vicenda dei due Fucilieri di Marina Latorre e Girone. Varie le fonti che hanno dato risalto alla decisione del Governo annunciata dalla Farnesina e presa nell’ambito della

Una provvedimento - peraltro invocato da almeno due anni dalla Società civile ed anche da parte del Parlamento - che sarebbe stato adottato per l’impossibilità di pervenire ad una soluzione concordata della controversia.

L’annuncio è stato accompagnato dalla notizia che l’Italia chiederà immediatamente l’applicazione di misure che consentano la permanenza di Latorre in Italia e il rientro in Patria di Girone in attesa del giudizio conseguente all’arbitrato. Un notizia sicuramente aspettata dopo un anno di silenzio istituzionale giustificato dall’esigenza di lasciare spazio a “manovre informali affidate alla nostra Intelligence”. Attività che non ha dato risultati stante i risultati fino ad ora raggiunti e con un unico effetto, quello di aver perduto tempo a danno dei due nostri militari.
Assicurazioni che, nello stesso tempo hanno, però, immediatamente indotto qualche perplessità sulle procedure che sarebbero state seguite nell’avviare “il generico Arbitrato” annunciato e sulla competenza sui contenuti della Convenzione del mare  UNCLOS, del baronetto inglese Sir Daniel Betlehem, esperto  internazionalista scelto dall’ex Ministro Mogherini,.
Infatti, se venisse confermata la scelta dello “Arbitrato concordato” si tornerebbe a procedure  di “boniniana memoria” che avevano portato l’ex Vice Ministro degli Esteri Pistelli ad annunciare una soluzione del caso condivisa con Delhi. Un’opzione che difficilmente garantirebbe ai due Marò di rimanere in Italia, adottata lasciando nei cassetti del MAE quella dell’Arbitrato obbligatorio già avviato nel marzo 2012 ed annunciato dal Governo il 18 di quel mese (http://www.esteri.it/mae/it/sala_stampa/archivionotizie/comunicati/2013/03/20130318_maro_comunicato_governo.html).
Un approccio ancora una volta esitante e compromissorio che rivela tutte le sue lacune ma presentato dal MAE come una panacea che consentirebbe a Latorre di continuare la sua convalescenza in Italia ed a Girone di rientrare in Patria in attesa del verdetto della Corte Internazionale. Di fatto, però,  non un rimedio universale, perché procedura che offrirebbe ancora una volta all’India di giocare “agli indiani” tenendo in ostaggio i nostri militari.

Infatti, se andiamo a rileggere i contenuti di UNCLOS e di Diritto internazionale laddove si parla di arbitrato, solo l’Arbitrato Obbligatorio, da cui l’India non potrebbe sottrarsi avendo ratificato la Convenzione del mare, garantirebbe che il Tribunale di Amburgo, entro 60-90 gg, nomini  la Corte giudicante ed assegni la custodia dei due militari ad uno Stato Terzo., diverso dall’India e dall’Italia.
Si continua invece a percorrere la strada di un compromesso concordato che in tre anni non ha portato a nulla, L’unico risultato raggiunto ad oggi che la Corte Suprema indiana ha disposto la sospensione di ogni procedimento giudiziario riguardante i Fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, ed il tribunale speciale di New Delhi ha fissato oggi una nuova udienza al 25 agosto ANSA 1° luglio).
Forse sarebbe stato più opportuno che il Premier Renzi invece di sollecitare sulla vicenda il silenzio dei mezzi di comunicazione e degli italiani, avesse chiesto quello dei suoi collaboratori, per evitare che l’infinita telenovela imbastita sulla vicenda dei due Marò non diventasse una vera e propria farsa !
Fernando Termentini, 1 luglio 2015 - ore 15,00

lunedì 15 giugno 2015

In Italia molte parole ma pochi fatti

Amo il mio Paese, amo la mia Patria terra che custodisce  le spoglie di chi ci ha preceduto, amo l’Italia pregna di tradizioni e cultura, ma rifiuto la mancanza di schiettezza di chi gestisce la “cosa pubblica” promettendo tanto ma concretizzando poco.     
 
Sono quindi sdegnato di fronte a quello che  quotidianamente la mia Nazione propone attraverso i moderni mezzi di comunicazione che, in tempo reale,  raggiungono le più recondite zone della terra. La fotografia di una realtà che in un baleno cancella i valori fondanti del nostro Paese consolidati nei secoli dai “Grandi italiani”, e che sono stati spesso punti di riferimento per il mondo intero. La rappresentazione di uno Stato in cui le parole hanno il sopravvento su tutto, lasciando insoluti i problemi e proponendo quotidianamente un’oggettività nazionale povera di contenuti.

Una realtà  che si tocca con mano dal 22 febbraio 2014. Promesse a non finire a partire dal caso dei nostri due Fucilieri di Marina abbandonati in India da più di 1200 giorni per arrivare alla gestione dell’accoglienza dei migranti passando per gli steps in cui sono stati annunciati successi del ruolo italiano in ambito europeo, purtroppo rimasti a livello di editti mai concretati. Un’Italia che nonostante le assicurazioni dei suoi leaders continua ad essere poco ascoltata in Europa come dimostra, ad esempio, l’esclusione del nostro Paese dalla gestione del problema del possibile default della Grecia nonostante che si faccia parte del G7.

Quotidianamente, invece, ci viene proposta una Nazione super ascoltata in ambito europeo, a partire dai problemi di politica economica per arrivare alla contingenza della gestione del macro problema dei flussi migratori. Un’illusione che viene spacciata come qualcosa di reale, smentita, però, quotidianamente dai fatti che restituiscono al mondo un quadro di situazione vergognoso e scandaloso in cui i colori dominanti sono la corruzione e l’improvvisazione.

Quanto avviene ogni giorno in tema immigrazione conferma che le tanto decantate vittorie politiche hanno portato fino ad ora ad un unico risultato: l’Europa ignora la pressione politica italiana ed i diritti di uno Stato Membro che segna i confini meridionali del Vecchio Continente. Si preoccupa, invece, di spulciare i nostri bilanci con un approccio contabile esasperato imponendo talvolta misure penalizzanti, ma nello stesso tempo non obbliga tutti gli altri Stati Membri a partecipare all’accoglienza. Piuttosto guarda con indifferenza le iniziative di chi respinge dalle proprie frontiere i migranti, pronta però a sanzionare l’Italia per “scarso spirito umanitario” come è avvenuto quando il nostro Paese adottò misure di contrasto all’immigrazione clandestina. La stessa UE che più volentieri concorrere ad incrementarne i flussi raccogliendo sulle coste libiche migliaia di fuggitivi per poi sbarcarli sulle coste italiane pur consapevole che la gran parte non ha diritto allo status di rifugiato.

La realtà che stiamo vivendo è deludente e mortificante così come viene proposta solo attraverso promesse e parole non accompagnate da fatti. Accogliere significa ricevere gente ed ospitarla fornendo loro assistenza e garantendo nello stesso tempo sicurezza ai propri cittadini. Quanto sta avvenendo dimostra ben altro. Chi arriva viene ammassato dove capita, senza predisporre un minimo di strutture organizzate come, ad esempio, insediamenti provvisori con  tendopoli e/o moduli abitativi, che siamo maestri a realizzare quando si sono dovute ospitare per anni famiglie italiane colpite da terremoti ed alluvioni.  

Nello stesso tempo si afferma che è garantito il controllo e la sicurezza per quanto attiene al riconoscimento ed al controllo sanitario  di chi arriva, ma  si permette che gente sconosciuta rifiuti di essere censita con fotografie e rilevamento delle impronte digitali e consentendo, come sta avvenendo, che si disperda anonimamente  sul territorio nazionale contro ogni regola di PS e di civile convivenza.

Un approccio semplicistico che forse rappresenta uno dei motivi principali per cui le altre Nazioni della UE ostacolano il transito di sconosciuti che tentano di inserirsi in altre realtà sociali dell’Unione e di cui l’Italia non è in grado nemmeno di fornire elementi di riconoscimento certi.

Probabilmente, meno promesse e più atti concreti e credibili potrebbero concorrere ad indurre i Paesi della UE ad accettare di contribuire nella gestione dell’emergenza specifica. In primis, dimostrando che l’Italia è in grado di assicurare il rispetto delle regole internazionali sul governo del rifugiato ( Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951) garantendo ai partners europei  la disponibilità di inequivocabili riferimenti per il riconoscimento ed il controllo di chi intende raggiungere altre mete del Vecchio Continente.

Promettere solo o spacciare per corretto ciò che di fatto dimostra essere fallace e spesso ingiusto, non è pagante. Piuttosto, crea le condizioni perché il nostro Paese perda ogni giorno di credibilità in ambito europeo ed internazionale, a totale danno della nostra economia e della nostra sicurezza.

Fernando Termentini, 15 giugno 2015, ore 09.00