lunedì 31 marzo 2014

I due Marò, serve chiarezza ed incisività.


A livello istituzionale si continua a raccomandare  di rimandare l’individuazione di eventuali errori commessi nella gestione della vicenda a dopo il rientro in Italia di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone.
 
Sono, comunque,  già in corso  iniziative destinate a fare chiarezza sulla vicenda. Il partito politico Fratelli d’Italia ha depositato  la richiesta dell’istituzione di una Commissione di inchiesta che chiarisca le responsabilità governative intorno al caso e l’iniziativa sembra che sarà reiterata anche dal MoVimento 5 Stelle,.

L’esortazione ad aspettare non è quindi più condivisibile. Troppo tempo è trascorso e fare chiarezza rappresenta un obbligo che qualsiasi democrazia non può negare ai propri cittadini e, nella fattispecie non si andrebbe nemmeno a coinvolgere la controparte indiana, che potrebbe sentirsi “infastidita” dall’azione italiana.

Fin dal primo momento l’intera vicenda è stata caratterizzata da scarsa trasparenza e dopo che il 22 marzo 2013 si è piombati nel peggiore oscurantismo dopo che i due Marò  sono stati rimandati in India. Un esempio fra tutti gli  8 mesi trascorsi prima che, l’allora Ministro della Difesa ammettesse in Parlamento che la Difesa aveva dato l’assenso per un approdo dell’Enrica Lexie sul porto di Koci.

Perchè il tempo non cancelli la memoria è opportuno fissare i “paletti” intorno a cui è ruotata l’intera vicenda ed iniziare a capire chi è perché ha deciso determinate azioni. Solo così l’Italia potrà riconquistare rapidamente il consenso internazionale necessario per riappropriarsi del diritto di giudicare i propri militari riportandoli immediatamente a casa.

Ripercorriamo il diario a ritroso, partendo dai fatti recenti che spesso hanno confermato molti dei dubbi emersi in questi due anni.

  1. La Corte Suprema indiana si è pronunciata su un ricorso di Latorre e Girone, avverso all’affidamento delle indagini alla NIA, presentato come singoli soggetti giuridici e non come Stato italiano. I due militari hanno esercitato un loro diritto che sicuramente non indebolisce la posizione italiana in materia di giurisdizione.  A tale riguardo , però, si deve chiarire chi in una precedente udienza abbia deciso di costituire in un giudizio indiano lo Stato italiano. Costui  ha gravi responsabilità perché l’atto potrebbe portare ad un indebolimento della posizione italiana sul piano della giurisdizione, anche per la visibilità data alla  decisione con la presenza in Aula di un rappresentante ufficiale del Governo,  il dott. Staffan de Mistura.
  2. Perché l’Italia ancora non abbia avviato l’arbitrato internazionale che l’India sicuramente non desidera sapendo bene quali sarebbero le conclusioni arbitrali dopo la sentenza  della Alta Corte indiana del 18 gennaio 2013.
  3. Perché è stato deciso di rimandare i due militari a Delhi nonostante che fossero a rischio di un giudizio che poteva prevedere la pena di morte e si è accettata una dichiarazione indiana di non applicabilità della stessa, assolutamente irrilevante sul piano giuridico italiano (Sentenza della Suprema Corte italiana n. 223 del 27 giugno 1996). Tutto in assenza di una decisione di un Tribunale italiano (Sentenza n. 40283 del  10 ottobre 2008).
  4. Pur nel rispetto dell’assoluta libertà decisionale della Procura della Repubblica, come mai nonostante che Massimiliano Latorre e Salvatore Girone fossero indagati per omicidio volontario non sia stato adottato nei loro confronti alcun provvedimento restrittivo, primo fra tutti la possibilità di espatrio, rinuncia che di fatto ha conferito prevalenza e precedenza all’indebita azione giudiziaria indiana.
  5. Chi ha deciso il “risarcimento ai fini umanitari” delle famiglie dei due poveri pescatori morti, elargendo 145.000 Euro ? Un riconoscimento di responsabilità e non un semplice “atto di generosità” come a suo tempo specificato dall’ex Ministro della Difesa Di Paola. Un accordo raggiunto nell’aprile del 2012  dal Capo di Gabinetto del ministero della Difesa italiano dopo averlo negoziato con gli avvocati di parte indiana. Le trattative erano in corso da diversi giorni con protagonisti negoziatori italiani coordinati dal ministro della Difesa, Giampaolo di Paola, e i legali dei familiari dei due pescatori uccisi. In quei giorni il Times of India parlava di una prima offerta di risarcimento di 7 milioni di rupie (all'incirca 102mila euro) subito rifiutata,  per poi arrivare ad un accordo di 10 milioni di rupie a ciascuna delle parti. Una elargizione definita atto di generosità, ma di fatto ricerca di una contropartita  considerato che secondo il network televisivo Cnn-Ibn e il quotidiano on line The First Post, il governo italiano si è subito dopo rivolto alla Corte Suprema locale sollecitando la revoca della denuncia per omicidio a suo tempo formalizzata dalla polizia indiane nei confronti dei due fucilieri di Marina e chiedendo di aver riconosciuta l’immunità funzionale. Un tentativo andato a vuoto come i fatti hanno dimostrato e che suscita perplessità sui motivi che a suo tempo lo hanno consigliato.
  6. Non è chiaro chi abbia autorizzato il pagamento di quasi 150.000 Euro sicuramente non imputabili ai Capitoli della gestione corrente  dell’Amministrazione dello Stato né tantomeno della Difesa. Non risulta, infatti, che siano previste voci di spesa titolate “risarcimento ai fini umanitari” o “per atti umanitari” ? Non è ipotizzabile, nemmeno, che la cifra sia stata contabilizzata nella gestione corrente della Difesa, giustificata da un atto dispositivo che ne dichiarasse i reali  motivi. Non può, quindi, che essere stata eseguita una “gestione extra bilancio”, di cui il Presidente del Consiglio non poteva essere all’oscuro. Forse fondi “riservati” con una contabilizzazione a parte, di cui qualcuno dovrebbe rendere conto, considerando anche gli scarsi risultati ottenuti.
  7. Come mai per due anni ha continuato a gestire le trattative con l’india il  dott. de Mistura che da Sottosegretario agli Esteri ebbe a dichiarare il 18 maggio 2012 alla stampa indiana: “La morte dei due pescatori è stato un incidente fortuito, un omicidio colposo. I nostri marò non hanno mai voluto che ciò accadesse, ma purtroppo è successo”. Un’ammissione di colpa che coniugata con “L’atto di generosità” dell’ex Ministro Di Paola sicuramente non ha messo il Commissario di Governo nelle migliori condizioni nel mediare con la controparte indiana. Elementi che potrebbero emergere in occasione delle future udienze se l’Italia non otterrà rapidamente il dovuto sostegno internazionale per sottrarre alla giustizia indiana i due Fucilieri di Marina.
Punti da tenere ben presenti in un momento in cui, peraltro, giungono dall’India notizie poco rassicuranti per i nostri ragazzi. La prima  che il tribunale speciale indiano, dopo aver preso atto della sospensione del procedimento penale decisa tre giorni fa dalla Corte Suprema,  sembra abbia fissato  l'udienza al 31 luglio, dopo le elezioni locali.  

La seconda notizia sicuramente più preoccupante è quella riportata dall’ANSA di Delhi che riferisce che il premier del partito nazionalista indiano Narendra Modi attacca Sonia Gandhi sulla vicenda fucilieri e chiede perche' non sono in carcere. Modi ha ironizzato sulle origini italiane di Sonia , e come riporta l''Hindustan Times, ha detto: "Signora Sonia, dal momento che lei ha contestato il nostro patriottismo, vogliamo sapere in quale prigione vengono tenuti i due maro'' italiani".

La vicenda in India, contrariamente alle aspettative dei più ottimisti,  si complica. A questo punto sarebbe essenziale che il Capo dello Stato facesse sentire la Sua voce,  a dire il vero in questi 24 mesi molto esitante nello specifico.  

C’è delusione, infatti, fra molti cittadini italiani per il tono quasi distaccato con cui ha affrontato la vicenda il Presidente della Repubblica, voluto dalla Costituzione “Capo Supremo delle Forze Armate”.  A parte, infatti, particolari formali come i ricevimenti al Quirinale dei due Marò o parole di circostanza per le famiglie, null’altro di incisivo è emerso nell’azione del Capo dello Stato.

 Personalmente come uomo che crede nello Stato e negli obblighi indotti dall’essere un Comandante, avrei auspicato, invece,  una maggiore presenza del Presidente Napolitano,  in particolare nel richiamare l’attenzione del mondo internazionale sulla vicenda.

Sicuramente, e non mi permetterei di mettere in dubbio quanto riferito dal Quirinale, l’attenzione del Capo dello Stato sarà stata ed è costante e continua, ma forse è mancata l’evidenza di un’azione che avesse ottenuto di riconsegnare all’Italia i diritti che Le spettano come Stato sovrano.  

Presidente, le notizie appena arrivate dall’India non rassicurano. I nostri militari potrebbero essere rinchiusi in carcere in attesa del processo se, dopo le parole di Modi,  venisse rispolverata ed accolta dal Giudice della Suprema Corte la richiesta della Pubblica accusa di togliere l’affidamento giudiziario all’Ambasciata italiana ed assegnarla al Tribunale.

Qualsiasi ritardo, dunque, potrebbe essere fatale per i nostri ragazzi.

Fernando Termentini, 31 marzo 2014 - ore 12,30
 

Fonti
http://www.ogginotizie.it/292556-maro-maietta-fra-i-promotori-della-commissione-da-039-inchiesta-sul-caso/
http://www.ilgiornale.it/news/esteri/caso-mar-ora-governorisarcisce-pure-famiglie-dei-due.html
http://www.lettera43.it/attualita/pescatori-indiani-l-italia-risarcisce-le-famiglie_4367548035.htm

 

 

sabato 29 marzo 2014

Marò, la strada è ancora lunga



Ieri la Corte Suprema indiana ha accolto il ricorso di Massimiliano Latorre e  Salvatore Girone ed ha estromesso la NIA dalle indagini sui  due Fucilieri di Marina aggiornando il processo fra un mese.
 
La decretazione non può essere considerata come un obiettivo finale, ma solo un traguardo intermedio. Un successo importante nel lungo braccio di ferro fra Italia ed India iniziato praticamente il 22 marzo 2013 quando l'ex Premier Monti aveva definitivamente delegato l'azione giudiziaria a Delhi, in completa autonomia decisionale e senza il pronunciamento di un Tribunale italiano dovrebbe valutare le prove a carico di possibili imputati destinati ad essere consegnati ad uno Stato Terzo per essere giudicati per reati in cui è prevista la pena di morte.  
 
Il successo di ieri conferma che se non fosse stata tenuta nascosta in un cassetto la richiesta dell’arbitrato internazionale, forse ora i due Fucilieri di Marina sarebbero in Italia da tempo, anche se probabilmente in attesa di valutazioni del loro Tribunale naturale, quello italiano e non sicuramente indiano.

Più di qualcuno si è opposto a questa fondamentale azione giuridica prevista in ambito internazionale, non in ultimo proprio il dott. de Mistura già ex Sottosegretario agli Esteri e poi nominato Commissario di Governo per la vicenda in essere, adducendo come motivazione i tempi lunghi che sarebbero stati necessari a fronte di un processo equo e rapido che lui stesso stava concertando con i suoi contatti indiani.

Solo l’Ambasciatore Terzi con determinazione e convinzione fondata sulla sua professionalità e sul suo alto senso dello Stato, dall’11 marzo dello scorso anno ha parlato di arbitrato come soluzione idonea a sbloccare la vicenda ma non è stato ascoltato nemmeno dal Premier del Governo di cui faceva parte e costretto, invece,  a dimettersi non condividendo la decisione di rimandare i due Marò in India, dopo che per ben due volte, lui Ministro degli Esteri,  era riuscito a gestire una sottile e costruttiva azione diplomatica per riportarli  in Italia.

Non si deve abbassare la guardia ed abbandonare la strada maestra appena imboccata per ritornare a decisioni del passato. Danilo Taino in un editoriale  pubblicato oggi dal  Corriere della Sera, torna a dubitare dell’efficacia dell’arbitrato internazionale. Riporta fra l’altro  “….lo scorso 6 marzo, Girone e Latorre - probabilmente consigliati dal team dei loro legali indiani - hanno presentato alla Corte un ricorso contro l’utilizzo della Nia (National Investigation Agency) nel processo. Con ciò riconoscendo ovviamente la legittimità della giustizia indiana, alla quale si sono appellati, a procedere nel caso. È a questo punto che il massimo tribunale del Paese non ha fatto altro che ammettere la legittimità del ricorso e dare il via a una procedura - prossimo appuntamento tra un mese - per entrare nel merito delle loro eccezioni. Difficile, in questa situazione, sostenere da parte dell’Italia che l’India non ha giurisdizione mentre la Corte Suprema di Delhi si appresta a discutere un caso sollevato dai due marò stessi……” . “…… A questo punto ricorrere a un arbitrato internazionale per l’Italia è molto rischioso. È che Roma non si è mossa in modo coordinato come avrebbe dovuto. Nella vicenda è mancata la guida decisa del governo….”.
Un’analisi di tutto rispetto che però non chiarisce,  forse per obbligo di sintesi, che la procedura legale è stata decisa sicuramente perché condivisa dal dott. de Mistura il quale con buona certezza si è confrontato con i legali italiani dell’Avvocatura dello Stato e con lo stesso Governo da cui è delegato a gestire la vicenda. Non si può quindi parlare di “….mancata guida decisa dal Governo….”, semmai non condividerne i contenuti.

Piuttosto sarebbe stato meglio specificare le esitanti e contraddittorie linee guida governative riferendosi a precedenti Esecutivi. In primis a quello che ha deciso il 22 marzo 2013 il rientro dei due marò a Delhi e chiuso in cassaforte le carte per avviare l’arbitrato ed al successivo che ha mantenuto ben chiuso lo scrigno lasciando la soluzione del problema alla “cultura diplomatica” del dott. de Mistura.  

L'attuale Governo, invece, non deve lasciar sfumare questo primo successo. Piuttosto è opportuno che metta da parte i sofismi machiavellici fino ad ora applicati dal dott. de Mistura  sostituendoli con un’azione incisiva a livello internazionale per avere riconosciuto il diritto della giurisdizione italiana sulla vicenda e chiedere l'immediato ritorno dei nostri militari in Italia, volontà espressamente riportata in una nota di Palazzo Chigi. 

Per ottenere che l'India riconosca tutto ciò  non può essere abbandonata la strada della " l'internalizzazione della vicenda" come ci ricorda il Sottosegretario alla Difesa Onorevole Domenico Rossi. "L'aver sospeso il processo  presso il tribunale speciale e l'esclusione della NIA è un primo segnale della giustizia indiana verso i nostri marò afferma Rossi. Una notizia positiva che però non basta a risolvere il caso. l'India non ha nessun diritto di giudicare i nostri marò, prosegue il Sottosegretario, e quindi é necessario continuare a seguire la strada dell'internazionalizzazione della vicenda.

Il momento é sicuramente delicato anche perché si avvicinano le elezioni indiane i cui risultati potrebbero consegnare il Paese a Modi, leader del partito nazionalista, che non é stato mai indulgente con Massimiliano e Salvatore o a qualsiasi altra corrente più moderata che pur di uscire da loop in cui si é infilata l'India da due anni, potrebbe suggerire una modesta condanna per i nostri militari e rimandarli in Italia per scontare la pena come previsto in un accordo bilaterale dell'agosto del 2012.

Il Governo dovrebbe, quindi, sfruttare le 4 settimane che ancora ci separano dall'inizio del processo, per aumentare la pressione internazionale come sottolinea  anche l'Ambasciatore Terzi, "Una forte pressione internazionale - ha detto - e' l'unica condizione per riportare Latorre e Girone con onore in Italia", anche perché precisa l'Ambasciatore “Che si fosse in acque internazionali quando ci fu la sparatoria non c’è dubbio: lo conferma la sentenza del 18 gennaio del 2013 della corte suprema indiana”.

 Quattro settimane non sono molte per cui é necessario accelerare i tempi con un’azione dell'Esecutivo ancora più incisiva dell'attuale per portare l’India ad accettare l’arbitrato internazionale e non ricadere nell’errore commesso a marzo dello scorso anno quando per tutelare interessi economici e di lobby si decise di rimandare i due Marò in India.

Una decisione presa sicuramente non per difendere l’onorabilità italiana che sarebbe stata compromessa se non si fosse rispettato l’impegno di rimandare a Delhi i due militari al termine della licenza elettorale. Un affidavit i cui contenuti erano stati vanificati dalla mancata risposta da parte indiana ad una nota verbale italiana con la quale l’Italia comunicava all’India “la propria disponibilità di giungere ad un accordo per una soluzione amichevole della controversia, anche attraverso un arbitrato internazionale o una risoluzione giudiziaria, chiedendo all’India di attivare le consultazioni previste dalla Convenzione UNCLOS”.

Un documento ufficiale troppe volte dimenticato per giustificare decisioni non sempre condivisibili e perché convinti che la vicenda si sarebbe risolta in maniera “rapida ed equa” come ripetuto dal dott. de Mistura ad ogni rientro delle sue missioni in India.

Invece è assolutamente necessario accelerare i tempi e procedere con determinazione come raccomanda l’Ambasciatore Terzi che aggiunge dovrebbe essere affrontato anche dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu. “L’Italia deve sollevare la questione anche in questo consesso: quest’organo ha spesso trattato, ha il dovere di farlo, il tema dell’anti pirateria”. E quindi avrebbe il diritto di valutare anche la vicenda dei marò.

Massimiliano e Salvatore sono giá stati sacrificati per trenta denari, l'immagine internazionale dell'Italia non ha sicuramente guadagnato da questa situazione, si é aperta una strada per riguadagnare il tempo perso, non abbandoniamola !

 Fernando Termentini , 29 marzo 2014 - ore 12,30

 

 


 

http://www.corriere.it/editoriali/14_marzo_29/spiraglio-ingannevole-af50460c-b70c-11e3-ba7c-41adf96a3a3a.shtml

venerdì 28 marzo 2014

Marò : accolto il ricorso contro la NIA, processo sospeso


Notizia di prima mattina, la Corte Suprema indiana ha  accolto il ricorso di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone contro la decisione di affidare le indagini alla NIA, il processo è stato sospeso e la prossima udienza si terrà tra quattro settimane
 
Sicuramente un segnale positivo dopo l’improvvisa accelerazione del Governo Renzi che, accompagnato dalla determinazione di alcuni parlamentari, ha iniziato da subito ad esercitare pressioni internazionali, dopo mesi di completa accondiscendenza italiana nei confronti dell’India.  

Un Esecutivo presieduto dal Senatore Monti che aveva deciso di delegare all’India ogni diritto nei confronti dei due militari anche a fronte di assicurazioni indiane irrilevanti come ben sancito dalla Suprema Corte italiana in tema di “pena di morte”.
 
Un esitante approccio del Governo Letta quando il Vice Ministro agli Affari Esteri parlava di “regole di ingaggio” condivise con l’India. Lo stesso che oggi, invece, scopre improvvisamente che “il Governo lavora per internazionalizzare la crisi” e per il tramite di un’Agenzia Italpress ci dice, "La questione dei maro' gli italiani la conoscono bene: e' una ferita aperta. Il governo ha ribadito di non riconoscere la giurisdizione indiana su questo caso: a fianco di questa scelta, vi e' la cornice di fondo su cui il governo ha lavorato in questi mesi, cioè Internazionalizzare la crisi". Probabilmente il suo è un riferirsi temporale all’attuale Governo ed alle iniziative parlamentari in corso piuttosto che alla silente gestione dell’ex Ministro Bonino che per quanto dato da ricordare non aveva dimostrato la volontà di internazionalizzare il caso, piuttosto impegnata a prepararsi ad “aprire” i dossier relativi all caso.

Un inversione di tendenza quella del Vice Ministro degli Esteri che lascia ben sperare e che si auspica sia condivisa dal “machiavellico” dott. de Mistura che in questi mesi dovrebbe aver imparato che il suo approccio di rispetto molto prossimo alla sudditanza verso l’India non avrebbe portato a nulla ed avrebbe danneggiato invece i nostri Marò.

Siamo di fronte ad una decretazione importante in quanto si è riusciti a bloccare che la NIA depositasse i casi di accusa e quindi si procedesse contro i due Fucilieri di Marina con il rischio che fosse applicata la Sua Act.

Un anno è trascorso da quando i due Marò sono stati rinviati in India e riconsegnati  indebitamente alla giustizia indiana.  Il 22 marzo 2013 i due militari furono restituiti all’India ufficialmente per “onorare” un impegno sottoscritto dall’Ambasciatore italiano a Delhi ma di fatto, come si è potuto evincere da successive dichiarazione di quei giorni del Senatore Monti rilasciate in Parlamento, per difendere interessi economici non meglio definiti. Da quel momento ad oggi nulla di importante era avvenuto.

Con la decretazione odierna  si potrebbe aprire una nuova fase se l’attuale Esecutivo e tutti i parlamentari che hanno dimostrato interesse al caso, continueranno ad essere determinati nell’esercitare una costante e progressiva pressione internazionale affinchè ai due Fucilieri di Marina sia riconosciuta  l’Immunità funzionale e sia riconsegnato all’Italia il diritto di esercitare l’azione giudiziaria, anche per quanto sentenziato il 18 gennaio 2013 dalla Corte Suprema di Delhi sulla distanza della Enrica Lexie dalle coste indiane il  15 febbraio 2012.  

Fernando Termentini, 28 marzo 2014 - ore 09,30

 

giovedì 27 marzo 2014

Anche de Mistura scopre l’arbitrato internazionale


Sulla vicenda dei due marò tanto si è detto e tanto si continua a dire e  non sempre in maniera coerente e relazionata.

Solo poche persone, da almeno un anno,  portano avanti una linea propositiva coerente con il Diritto e la giurisprudenza internazionale, quella dell’Arbitrato a cui affidare la valutazione della vicenda specifica dei due Fucilieri di Marina consegnati dall’Italia al giudizio indebito dell’India. Primo fra tutti l’Ambasciatore Terzi che Ministro degli Esteri l’11 marzo dello scorso anno per primo decise di attivare la procedura specifica, dimenticata poi da chi ne assunse l’incarico dopo le sue dimissioni e che decise di rimandare a Delhi i due Marò.

Una tesi, quella dell’Ambasciatore, condivisa da molti accademici esperti di diritto internazionale e da comuni cittadini impegnati a tenere alta l’attenzione sulla sorte di due militari italiani a cui lo Stato aveva negato l’immunità funzionale e li aveva lasciati all’azione giudiziaria di uno Stato terzo che nei loro confronti avrebbe anche potuto applicare la pena di morte.

Oggi improvvisamente un lampo di luce ! Il dott. de Mistura incaricato dal Governo a seguire la vicenda ci fa sapere dalle pagine dl Corriere della Sera: iniziativa internazionale per un arbitrato. Una svolta nel caso dei due marò «Rifiutiamo il processo indiano». «Noi al processo non andiamo», aggiungendo che una iniziativa internazionale «dovrebbe produrre i suoi effetti in termini concreti nel giro di un mese».
 
Una sorprendente affermazione da parte di colui che invece in un passato anche recente ha sempre affermato che il ricorso all’arbitrato internazionale era da escludere perché avrebbe richiesto tempi lunghissimi, addirittura anni. Affermazioni credo note a tutte perché  rilasciate ad organi di stampa ed in occasione di interviste radio. Una anche quasi in contemporanea al sottoscritto che apertamente attraverso i microfoni di Radio Rai 1 contestò l’affermazione del Commissario di Governo, riconducendo la tempistica a 60-90 gg al massimo.

Non possiamo che essere contenti che finalmente di fronte agli scarsi successi dell’approccio machiavellico scelto dal dott. de Mistura, lui stesso prenda atto che l’India sta avendo il sopravvento e occorre fare un deciso giro di boa.

Anche la titolare della Farnesina Ministro Mogherini ha assicurato che si parlerà del caso dei due marò con  Obama in visita a Roma e se ne parlerà anche in ambito Nato ed UE. L’Onorevole Mogherini aggiunge che “L'obiettivo e' arrivare al risultato, poi parleremo delle regole d'ingaggio e degli errori fatti. E' una questione internazionale perche' questa vicenda ha a che fare con le attività e il modo di operare dei nostri militari all'estero" ed ha precisato che "i tempi di un arbitrato", internazionale sui Marò, non riconoscendo l'Italia la giurisdizione indiana, "sono lunghi ma non siamo ancora ad un punto insanabile nella trattativa".

Forse di fronte agli insuccessi sul piano giuridico e diplomatico accumulati in questo ultimo anno si stanno svegliando le coscienze istituzionali che iniziano a palesare  una determinazione sconosciuta fino a questo momento,  in particolare quando i vertici del MAE preferivano parlare di “regole condivise con l’India” o negare le garanzie dello Stato di Diritto affermando “non è stata provata l’innocenza dei due marò”.

Un’unica recriminazione : se si fosse avviato l’arbitrato internazionale un anno fa come annunciato dall’ex Ministro Terzi e non si fosse invece preferito percorrere strade di compromesso per garantire interessi economici non meglio comprensibili e forse anche afferenti alla sfera personale di qualcuno, si sarebbero già ammortizzati 12 mesi della tempistica non breve di cui parla la Mogherini e comunque ne avrebbe guadagnato l’immagine internazionale dell’Italia.


Fernando Termentini, 27 marzo 2014 - ore 12,00

 

 

 

mercoledì 26 marzo 2014

I due fucilieri di Marina, in India ancora stallo

Nonostante le assicurazioni del nuovo Governo e l’improvviso e fugace risveglio del letargo dei nostri politici durato solo qualche giorno, i due Fucilieri di Marina continuano ad essere in ostaggio dell’India  ed in Italia si è ritornati al buio del passato che da sempre caratterizza questa vicenda.

Il Parlamento, infatti,  ha ripreso il letargo improvvisamente interrotto due mesi orsono  da un antidoto efficacissimo in politica, quello elettorale. Gli organi Istituzionali si sono riallacciati alla consuetudine del passato ripetendo parole di circostanza, filastrocche mai oggettivate.

La Ministro degli Esteri Mogherini incontra il suo omologo indiano senza avere risposte certe, solo “uno scambio franco", come riferisce la titolare della Farnesina, ammettendo che “nessun passo avanti o novità eclatanti” ci sono state.

In ogni caso, diversamente al silenzioso passato dell’ex Ministro Bonino, l’attuale Responsabile della Farnesina ci informa di un’intenzione importante del MAE, quella della internazionalizzazione del caso dei marò. La Mongherini infatti sottolinea  "è la strada che stiamo seguendo", aggiungendo che l'Italia non riconosce la giurisdizione indiana e nel caso di conflitto tra giurisdizioni, la strada per risolverlo e' quella della internazionalizzazione".

Una determinazione apprezzabile quella del Ministro che però forse dimentica che il 22 marzo 2013 il Governo presieduto dal Senatore Monti ha riconosciuto all’India il diritto di giudicare rimandando a Delhi i nostri due Marò nonostante che l’India disattendesse richieste italiane ufficializzate con note verbali. Sarà difficile quindi cancellare il passato con un colpo di spugna e gli indiani stanno dimostrando di saperlo bene.

Oggi,  il dott de Mistura sta  riferendo alle Commissioni Difesa / Esteri di Camera e Senato sugli esiti della sua ennesima missione in India. Dalle prime agenzie di stampa emerge che nulla di diverso è maturato rispetto al passato. Ossia l’Italia non ha ottenuto nulla di concreto ed i responsabili istituzionali designati a gestire la vicenda ripetono sempre gli stessi concetti.

Dalle prime Agenzie leggiamo, Marò: De Mistura, posizione italiana ferma, no processo. "Qualunque cosa accada nell'udienza del 28 marzo a New Delhi, noi al processo non andiamo. La posizione italiana e' fermissima: niente processo e ci ha ricordato, bontà sua,
che il caso e' "politico", poiché in India ci sono elezioni in vista.

Un precisazione del Commissario di Governo che conferma  gli scarsi risultati ottenuti dall’Italia dopo 12 mesi dal rientro dei marò in India. L’AGI riporta, anche, che de Mistura abbia affermato "Al processo noi non andiamo: non presenteremo i nostri fucilieri, insistiamo per la giurisdizione internazionale della questione". Anche lui dimentica però che in un passato recente il Vice Ministro degli Esteri Pistelli ha parlato di “regole di ingaggio condivise con l’India”, frase peraltro enfatizzata in uno spazio della pagina di FB dell’allora Ministro Bonino come a suo tempo fu raccontato e che forse sarebbe interessante rileggere (http://fernandotermentini.blogspot.it/2013/10/il-ministro-bonino-e-la-sua-pagina-su.html)

Il dott. de Mistura ci dice ancora che "qualunque sia la decisione che il 28 marzo prenderà la Corte Suprema indiana", per l'Italia il processo in India non si deve fare: "Niente processo, internazionalizzazione costante della questione".

Ma allora, sia consentito chiedere all’inviato speciale del Governo, perché fino ad ora ha sempre rifiutato il ricorso all’arbitrato che l’ex Ministro Terzi fin dall’11 marzo del 2013 aveva deciso di avviare avvertendo peraltro tutte le Sedi diplomatiche italiane e delegando il suo Sottosegretario, giustappunto il dott. de Mistura, ad informare gli italiani.

Perché questa azione è stata abbandonata perdendo un anno a danno della soluzione del problema. Sicuramente l’ex Premier Monti, l’ex Ministro della Difesa Di Paola ed altri di quel Governo che condivisero la decisione di riconsegnare Latorre e Girone agli indiani, dovrebbero riferire in Parlamento sui motivi che portarono a  delegare all’India un’azione giudiziaria nei confronti di due nostri militari,  che ora invece  tutti si affannano a contestare.   

In una democrazia moderna dovrebbe essere immediata l’istituzione di una commissione di inchiesta che faccia luce su questi aspetti, preceduta anche  dal deposito di puntuali interrogazioni parlamentari. In Italia, invece, si continua a disquisire sulla vicenda senza peraltro dire nulla di concreto ma continuando a ripetere dichiarazioni di intenti prive di contenuto oggettivo.

Forse i due Marò,  oltre ad essere stati venduti per trenta denari,  sono anche “le vittime sacrificali” a protezione di un sistema di interessi economici, politici e personali di qualcuno che si cerca di proteggere con cicli di parole inutili e ripetitive, mentre l’arbitrato internazionale potrebbe, invece, aprire il “vaso di Pandora”.  

Fernando Termentini, 26 marzo 2014 - ore 11,15

sabato 22 marzo 2014

Luca e Paolo contro tuttii

Nella nuova trasmissione di Mediaset Canale 5 prima serata intitolata "Giass" - Luca e Paolo contro tutti (http://www.tgcom24.mediaset.it/televisione/2014/notizia/-giass-parte-domenica-la-missione-impossibile-di-luca-e-paolo_2032313.shtml), domenica scorsa i due comici hanno interpretato una gag sui due Fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, a mio modesto parere di cattivo gusto.

La satira in una democrazia moderna è un innegabile segnale di libertà di espressione di pensiero ma c'è un limite a tutto.

Ora è comparsa su Facebook una foto ripresa dalla trasmissione almeno credo in cui indossano l'uniforme della Marina Militare con le stellette al bavero, credo non consentito a chi non ricopre lo status militare a meno che non siano stati autorizzati dal Ministero della Difesa per dileggiare due nostri militari in ostaggio dell'India.

Non sono sicuro che la foto sia autentica, ma nel dubbio la pubblico affinché chi fra gli amici ha la possibilità di approfondire i contenuti ed accertare se esistano i termini di reato porti avanti ai dovuti livelli di conoscenza il fatto.

Se poi la foto  è un "fake" la segnalo a Luca e Paolo a loro tutela  affinché dichiarino che non appartiene a loro.

Fernando Termentini, 22 marzo 2014, ore 18,00

India / Italia : la vicenda dei due Marò si complica


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Oggi è trascorso un anno da quando ai nostri Fucilieri di Marina è stato ordinato di rientrare in India e sono stati riaccompagnati a Delhi delegando all’India il diritto di esercitare nei loro confronti un’indebita azione penale.

Sono trascorsi 12 mesi senza che nulla accadesse, lasciando a Delhi la gestione della vicenda con un approccio caratterizzato dalle migliori tradizioni della scaltrezza orientale. Mercoledì prossimo, dopo l’ennesima missione in India con risultati fino ad ora  a dir poco modesti,  il Commissario di Governo dott. de Mistura, rientrerà in Italia e riferirà alle Commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato. 

Alle 08,30 in audizione davanti alle Commissioni come annunciato addirittura da un tweet di Montecitorio. Cosa riferirà di concreto è difficile prevederlo, è certo comunque che non si risparmierà nel riconfermare la sua volontà ed il suo impegno per riportare a casa i due Marò con una serie di dichiarazioni di intenti che ormai siamo abituati ad ascoltare fino alla noia. Difficilmente dovremmo aspettarci che riferisca, invece, di risultati oggettivi.

Ci aspettiamo che almeno relazioni  alle Commissioni la sua analisi  sul perché improvvisamente Oommen Candy, “Chief Minister” dello Stato  del Kerala, abbia scritto a Singh, chiedendo ieri  al governo centrale di Delhi di non liberare i due maro' "anche se intervengono le Nazioni Unite".

Una presa di posizione formale quella di Candy,  in concomitanza alla visita a New Delhi del presidente dell'Assemblea generale Onu John Ashe e dopo che il Ministro Alfano, poco prima di incontrare Segretario Generale Ban Ki-moon, abbia espresso frasi perentorie come “I marò devono essere immediatamente liberati". E su questo "l'Onu deve assumere una posizione chiara e forte".

Un appello dovuto nei concetti, ma che forse andava adeguato nei toni nel rispetto  delle tradizioni del Palazzo di Vetro dove sarebbe stato sicuramente meglio accettato se proposto con un “dovrebbe”.

Un richiamo invece  perentorio quello dell’Onorevole Alfano che non sembra però abbia ottenuto grossi effetti, alla stessa stregua delle tecniche “machiavelliche” applicate fino ad ora dal dott. de Mistura.

Infatti Ashe è andato in India, si è incontrato con i vertici di Governo, ma viene smentito che abbia affrontato nei colloqui anche il problema dei marò come forse invece “avrebbe “dovuto” fare secondo l’Onorevole Alfano” dopo i suoi interventi al Palazzo di Vetro.  

Ashe si è incontrato con il Premier Manmohan Singh e con il ministro degli Esteri Salman Khurshid  e poco si è saputo sugli argomenti trattati. Sicuramente, però,  non si è parlato dei due Fucilieri di Marina come riferito dall’ANSA locale che ha raccolto una brevissima risposta dal portavoce del governo Syed Akbaruddin secondo la quale tuttavia Ashe "non ha trattato" con Khurshid la questione dei militari italiani bloccati da due anni senza processo.   Lo stesso Ashe ad una domanda specifica avrebbe risposto: "Io sono presidente dell'Assemblea generale. L'Assemblea generale si occupa di questioni multilaterali".


L’ottimismo di Alfano non ha tenuto conto dell’expertise del veterano diplomatico di Antigua e Barbuda  e le parole  del Ministro italiano sono rimaste tali forse anche per una semplicistica preparazione preventiva del contesto in cui si sarebbero svolti gli incontri fra Alfano e le massime Autorità di vertice delle Nazioni Unite.
 
Sarebbe interessante  a tale riguardo, capire dalla relazione del dott. de Mistura, presente in quei giorni a Delhi, il perché non sia stato dato seguito all’appello del Ministro italiano e riferire, anche, sul preoccupante atteggiamento che sembra abbiano assunto i comunisti del Kerala nei confronti dell’Italia.

L’ANSA, infatti, oggi ci dice che i comunisti del Kerala stiano usando come tema prioritario della battaglia elettorale in Kerala il caso dei  due maro' trattenuti in India in vista delle elezioni del 10 aprile in cui lo Stato federale andrà al voto per le elezioni nazionali.

Il partito comunista keralese, che e' all'opposizione, rimprovera il Congresso (al potere nello stato meridionale) di "incapacita'" nel gestire la vicenda e di "inchinarsi" di fronte alle richieste dell'Italia. "Dopo aver deciso in un primo momento di applicare la legge anti pirateria Sua - ha detto un alto responsabile del partito comunista marxista (Cpm), M.A. Baby, a un quotidiano - il ministero dell'Interno ha fatto marcia indietro". Egli ha poi criticato il Congresso e in particolare la sua leader Sonia Gandhi per "questo voltafaccia" e per "non saper garantire la sicurezza dei pescatori".  

Credo che un’analisi su questo particolare aspetto, peraltro maturata sul posto dal dott de Mistura, dovrebbe rappresentare il nocciolo della sua relazione alle Commissioni, in quanto elemento fondamentale per individuare una linea di azione futura che sia  basata su fatti piuttosto che su parole e che almeno offra una qualche garanzia di successo, a differenza di quanto è avvenuto fino ad ora e continua ad avvenire.

Un Ministro della Repubblica che ci racconta da oltre Oceano di essere stato credibile e convincente con i vertici delle Nazioni Unite per poi essere subito dopo sconfessato dai fatti, un rappresentante del Governo che da mesi  promette ferme e decise contromisure nei confronti dell’India che però nessuno riesce a capire quale siano.

Nel frattempo  il tempo trascorre inesorabilmente. Oggi è un anno da quando i nostri militari sono stati riconsegnati all’India con una decisione che dovrebbe trovare alcun riscontro in nessun passo del nostro ordinamento giuridico penale e Costituzionale.  

Una determinazione che potrebbe invece essere motivata dalla tutela di interessi di parte che il 22 marzo 2013 ha indotto a “vendere per trenta denari” Massimiliano Latorre e Salvatore Girone e che ancora oggi consigliano a “prendere tempo” piuttosto che  avviare le iniziative internazionali previste, prima fra tutte l’arbitrato.

Aspetti  non chiari della vicenda che dovrebbero indurre ad istituire una Commissione di inchiesta parlamentare che accerti se un anno fa è stato deciso bene nel totale interesse dei due militari italiani, assicurando  loro i diritti di cui si dovrebbe essere garante uno Stato di diritto.

Fernando Termentini, 22 marzo 2014 - ore 16,30
 
 

mercoledì 19 marzo 2014

Per i due Fucilieri di Marina si delinea l'Arbitrato Internazionale




L'11 marzo 2013 l'allora Ministro degli Esteri, l'Ambasciatore Giulio Terzi, avvertì le Sedi diplomatiche italiane dislocate nel mondo che l'Italia aveva deciso di avviare un arbitrato internazionale nei confronti dell'India che da piú di un anno continuava ad ignorare ogni regola di diritto internazionale con la pretesa di esercitare un'arbitraria azione giudiziaria nei confronti di due militari italiani, per fatti che la stessa Suprema Corte indiana aveva ammesso essere avvenuti in territorio italiano, cioè a  bordo di una nave a 20,5 miglia dalla costa indiana.

Una decisione formalizzata all’India dopo che inutilmente l’Italia aveva inutilmente cercato di aprire un tavolo bilaterale di trattative con il Governo indiano, per la ricerca di una soluzione diplomatica del caso, come suggerito dalla stessa Corte.

Alla luce, quindi, delle mancate risposte indiane il Governo italiano, infatti, ritenendo che ormai sussisteva con l’India una controversia sulla applicazione della Convenzione UNCLOS e del Diritto Internazionale, l’11 marzo formalizzava a Delhi una nota verbale per il tramite dell’Ambasciatore Mancini, con la quale si ribadiva la disponibilità italiana ad arrivare ad una soluzione amichevole della controversia anche attraverso un arbitrato internazionale od una soluzione giudiziaria e si chiedeva all’India di attivare le consultazioni previste dalla Convenzione UNCLOS.

Con l’occasione veniva informato il Governo indiano che avendo l’Italia instaurato una formale controversia internazionale fra i due Stati i “Fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone non faranno rientro in India alla scadenza del permesso loro concesso”.

Un atto formale rilevante, ufficializzato ad altro Stato che non poteva rappresentare una decisione autonoma del Ministro degli Affari Esteri ma  che necessariamente doveva essere stato approvato e condiviso dal Presidente del Consiglio Mario Monti. Decisione, peraltro, che risulta essere stata condivisa ed approvata al momento anche dai Dicasteri della Giustizia e della Difesa.

Inoltre, il non far rientrare i due Marò in India avrebbe rappresentato una garanzia dei loro diritti  in tema di estradizione assicurati dalla Costituzione italiana, già una volta disattesi alla scadenza della licenza natalizia del 2012.

Per quanto attiene alla sorte dei due militari come a tutti noto la vicenda ebbe uno sviluppo diverso ed il Premier Monti decise di riconsegnarli a Delhi. Il nuovo Governo presieduto dall'Onorevole Enrico Letta non parlò più di arbitrato, azione giudiziaria palesemente non condivisa dal dott. de Mistura nel frattempo nominato nel frattempo Commissario di Governo per la vicenda dei due marò e come da lui stesso più volte ammesso in varie occasioni.

Altrettanto svaniva nel tempo la determinazione che invece era emersa con le decisioni prese dal Governo italiano in quei giorni di marzo e veniva sostituita da modeste frasi ricorrenti  "condividiamo regole di ingaggio con l'India" come ci raccontava a maggio il Vice Ministro agli Esteri Pistilli o, "l'innocenza dei due marò non era stata provata",  come si affannava a dire il Ministro degli Esteri Bonino, addolcendo la negazione dello stato di diritto con la speranzosa frase "a breve processo rapido ed equo".

Nessuno parlava più di arbitrato. Solo l’Ambasciatore Terzi supportato dalle sue competenze giuridiche internazionali e da propria consolidata esperienza diplomatica, in ogni occasione rispolverava il problema dell’arbitrato richiamando l’attenzione delle autorità e dei media.

Un determinazione supportata anche dalla condivisione di Accademici esperti di Diritto Internazionale ed associata a quella di comuni cittadini impegnati a tenere alta l’attenzione sulla sorte di Massimiliano e Salvatore.

Un’azione che ancora continua per l’alto senso dello Stato dell’Ambasciatore Terzi e di tutti gli italiani che insieme a lui hanno fin dal primo momento anteposto a qualsiasi tornaconto personale o di lobby, gli interessi nazionali, la tutela di due militari italiani di due cittadini italiani e dell’immagine dell’Italia,.

Solo il dott. de Mistura, unica voce nel silenzio dell’esecutivo Letta, ha sempre difeso con convinzione la scelta di non ricorrere all’arbitrato, preferendo, per sua ammissione, di controbattere la controparte indiana con un scelte machiavelliche che però allo stato dei fatti hanno dimostrato essere poco conclusive.

Ieri,  improvvisamente,  l’Onorevole Federica Mongherini Ministro degli Affari Esteri,  ha ammesso che la prossima azione da compiere nei confronti dell’India è quella del ricorso all’Arbitrato internazionale e di averlo comunicato all’India. Con un’ANSA la Responsabile della Farnesina ci informa, infatti,  "abbiamo mandato l'ultima nota verbale la settima scorsa" a New Delhi, "il prossimo passaggio può essere l'avvio di un arbitrato internazionale: ne discuteremo con loro e con i loro avvocati". Ed ancora "E' giusto che il parlamento sia informato" degli sviluppi sul caso maro', ha aggiunto il ministro sottolineando che il "raccordo dei ministeri degli Esteri e della Difesa e la presidenza del Consiglio e' uno strumento per affrontare in modo più coordinato e più unito di quanto fatto in passato".

Parole che  oltre ad indicare la volontà di una trasparenza di azione fino ad ora offuscata dai silenzi dell’ex Ministro Bonino, dimostrano che forse fino ad ora si sia perso del tempo prezioso, abbandonando la strada maestra che invece  l’Ambasciatore Terzi aveva ben individuato e tracciato fin da 12 mesi orsono.

In questa fase é essenziale essere decisi ed uniti come sollecita la Ministro Roberta Pinotti. -"Stiamo seguendo con estrema attenzione, quotidianamente, la situazione dei nostri maro', che e' complicata, ma se parliamo tutti con una voce sola e' meglio. E' importante che l'India senta che la nazione e' compatta".

Migliore auspicio non può  essere fatto, ma non dimentichiamo chi dovrà poi rendere conto a Latorre, a Girone, alle loro famiglie ed a tutti gli italiani del perché il 22 marzo i due Fucilieri di Marina furono rimandati in India, a vantaggio di chi e per proteggere che cosa. Sicuramente non l’onorabilità dell’Italia e nemmeno i due Fucilieri di Marina !

Fernando Termentini, 19 marzo 2014 - ore 12,45




giovedì 13 marzo 2014

I due Fucilieri della Marina Militare, dopo i proclami il silenzio torna a prevalere

 

Parlamentari, Senatori, Presidenti di Commissioni nell’ultima settimana dello scorso mese di gennaio sembravano essersi svegliati da un letargo durato 24 mesi che aveva impedito loro di venire a conoscenza che erano stati consegnati alla Giustizia indiana due Fucilieri della Marina Militare italiana  perché fossero giudicati per  ipotesi di reato perseguibile in India con la pena capitale.


Un risveglio simultaneo, che in quei giorni provocò l’intasamento di ogni mezzo di informazione. Proclami alla stessa stregua di quando in tempi lontani il “Giovin Signore”  inviava i propri messi a raggiungere tutti gli angoli del feudo per raccontare al popolo il suo sdegno ed annunciare provvedimenti.


Riposati e brillanti dopo il lungo dormire, i Presidenti delle Commissioni Esteri della Camera e del Senato, l’Onorevole Cicchitto e Senatore Casini, pronti con la valigia in mano a mettersi alla testa di un delegazione di parlamentari che di lì a poco si sarebbe recata a Delhi  per dimostrare solidarietà ai due Fucilieri di Marina e dare prova all’India che l’Italia intendeva garantire giustizia ai suoi soldati e non subire imposizioni da parte indiana.


Anche la Pre­sidente della Camera Laura Boldrini in quei giorni dichiarava al mondo  “la vicenda riguarda tutta l’Euro­pa” ed il Presidente Giorgio Napolitano, dopo tanto silenzio, assumeva da Strasburgo una posizione ben precisa e ricordava “i due marò non erano in India a pesca­re ma per una missione internaziona­le”.
Altri parlamentari, che improvvisamente in quel momento scoprivano che chi aveva riconsegnato i nostro Marò all’India poteva aver compiuto un atto indebito delegando a Delhi il diritto di giudicare, come esplicitamente dichiarato dal Presidente della Commis­sione Difesa del Senato Nicola Latorre, “non si può svol­gere alcun processo in India perché la giurisdizione è di competenza italia­na”.
In quei giorni il risveglio finalmente coinvolge anche un disattento Presidente della Commissione Esteri della Camera fino ad  allora silente. Petto in fuori e con lo sguardo deciso, rivendicava in quei giorni e per la prima volta il diritto dell’Italia di portare la vicenda a livello internazionale; “finora i governi italiani per trovare un componimento della vertenza si sono concentrati nel confronto con la giustizia indiana “, “ bisogna vedere se non e' venuto il momento non solo della internazionalizzazione politica del caso” e “ma anche di quella giudiziaria portando la vertenza stessa a livello internazionale. Nel frattempo dobbiamo rinnovare la richiesta che i due fucilieri di marina ritornino in Italia''. 

Cicchitto che il 28 gennaio congedandosi dai due Marò dopo la visita in India ammetteva "Nei vostri confronti sono stati fatti grandi errori e noi, in quanto classe politica, siamo responsabili".  "Questa e' stata un'occasione unica in cui siamo uniti pur avendo su tutto il resto posizione opposte. Vi salutiamo impegnandoci a fare una battaglia molto forte". 

Anche il Presidente della Commissione Affari Esteri del Senato, Pierferdinando Casini condivideva le affermazioni del collega Cicchitto sulla necessità di un’azione internazionale avviando un immediato Arbitrato internazionale.   

Una volta che la Delegazione di Parlamentari è ritornata in Italia, la strada dell’Arbitrato prende sempre più corpo. Ambedue i Presidenti delle Commissioni esteri Camera / Senato lo confermano ed il 14 febbraio lo stesso Consiglio dei Ministri accoglie la proposta dell’allora Ministro della Difesa Mauro di avviare l’iniziativa internazionale; ''Il gruppo parlamentare dei popolari Per l'Italia della Camera saluta con soddisfazione l'orientamento emerso oggi in Consiglio dei ministri, su iniziativa del ministro della Difesa, Mario Mauro, teso a percorrere la strada dell'arbitrato internazionale per la soluzione della difficile vicenda dei nostri due maro', Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, in India. Tale orientamento era stato più volte segnalato, nei dibattiti parlamentari e in varie altre sedi dal nostro gruppo, e in particolare dal collega Domenico Rossi, quale percorso utile per riaffermare i principi del diritto internazionale e tutelare i nostri due militari''.  

A questo punto la decisione di ricorrere all’arbitrato sembra essere atto consolidato anche confermato dalle parole della Presidente della Camera Laura Boldrini che dopo aver ricevuto la commissione rientrata dall’India, lanciava un articolato comunicato.

"Accolgo con grande favore sia il fatto che la delegazione sia composta da parlamentari di tutti i gruppi, che la vostra intenzione di non scioglierla una volta conclusa la missione", ha affermato la Presidente Boldrini. "Pur ritenendo, come tutti voi, che non spetti a deputati e senatori esprimersi sul merito del caso giudiziario, credo che il Parlamento possa giocare un ruolo importante per sensibilizzare la comunità internazionale, anche coinvolgendo i colleghi di altri Paesi europei, ed esigere che venga rispettato il diritto internazionale. Anch'io intendo fare la mia parte, sollevando la questione in occasione degli incontri e degli scambi con i miei omologhi di altri Paesi, europei e non".  "A mio avviso", ha aggiunto la Presidente, "il Parlamento dovrà inoltre agire in futuro anche sul versante normativo, affinché siano definiti in maniera più chiara i ruoli e le responsabilità degli attori militari coinvolti in operazioni internazionali in funzione anti-pirateria. Ciò allo scopo di evitare che una simile situazione possa ripetersi".

Evidentemente, però,  l’antidoto che aveva provocato l’improvviso risveglio parlamentare ha avuto un modesto effetto e la sonnolenza sta di nuovo colpendo tutti, anche il nuovo Governo che sembra non volersi discostare più di tanto dalla linea tracciata dai precedenti. Nuovo Ministro della Difesa, Nuovo Ministro degli Esteri, un nuovo Premier, ma nessuna nuova sostanziale iniziativa a meno delle solite parole di circostanza che garantiscono impegno per la sorte di Massimiliano e Salvatore.

L’arbitrato internazionale tornato alla ribalta coma unica e decisiva soluzione dopo che annunciato  l’11 marzo 2013 dall’allora Ministro degli Esteri Terzi, era stato poi abbandonato dal Premier Monti e dal suo successore Letta, sta di nuovo rientrando nel “cassetto dei desideri”.


Oggi da Delhi anche  Il ministro della Difesa Roberta Pinotti ribadisce che "la via della internazionalizzazione del caso e' una priorità nella nostra strategia per riportarli a casa", ciò nonostante gli atti necessari per avviarla sul pino giuridico non sono ancora iniziati. "E' importante ottenere giustizia non solo per noi - ha dichiarato all'ANSA - ma per tutti i Paesi che hanno militari dispiegati nel mondo in missione anti - pirateria.

 L’Arbitrato torna, dunque, ad essere  una semplice affermazione di principio lontana, però,  dall’essere oggettivata. Il motivo di questo attendismo non viene reso noto e quindi ogni ipotesi potrebbe essere valida.

Ci si chiede, infatti, se non si sia preoccupati che l’avvio di un Arbitrato possa imporre di produrre documentazione “scomoda” per qualcuno. Qualcosa dell tipo di quanto accennato da Tony Capuozzo quando ha parlato nell’ultima puntata di “Terra” di tracciati radar e fotografie dimenticate in qualche cassetto, ed anche possibili altri atti che potrebbero disturbare lobby economiche con interessi in India.   

L’Arbitrato si allontana di nuovo, mentre ritornano parole già ascoltate in passato, come quelle del Vice Ministro Lapo Pistelli ospite ieri di «Un Giorno da Pecora», su Radio2, ““I marò sono un impegno prioritario”,  “Solo - ha aggiunto il viceministro - che il sistema indiano non è la cosa facile, accessibile e trasparente che noi sogneremmo. Sono un po' lenti. Ma le percentuali che tornino in Italia entro l'anno sono elevate”.

Vecchi  concetti che rivengono proposti come nuovi, forse confidando nella memoria corta degli italiani o sulla loro disattenzione. Già a maggio dello scorso anno, infatti, lo stesso Ministro ci parlò di “Regole di ingaggio condivise con l’India” per la soluzione del problema, ammettendo di fatto una cessione dei diritti italiani. Oggi, invece, con un  approccio non usuale per un Vice Ministro ripropone la soluzione del problema in termini percentuali quasi si trattasse del buon esito di una scommessa.  
 
Nulla di nuovo sotto al sole quindi e sempre peggio per i nostri Marò. Il gioco delle tre carte impostato dall’India è ora diventato anche patrimonio italiano, le dichiarazioni roboanti e gli apparenti decisionismi sono stati di nuovo superati da interessi lobbistici e “dall’obbligo di proteggere qualcuno” ed il ritorno al passato diventa sempre di più dominante !

L’unica differenza è che oggi gli italiani ricordano ed esigono chiarezza  e certezza a tutela della sorte di due nostri concittadini, senza fare sconti a nessuno !
 

Fernando Termentini, 13 marzo 2014 - ore 15,00