lunedì 25 marzo 2013

APPELLO A “ITALIANI BRAVA GENTE”

Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sacrificati sull’altare di altri interessi diversi da quelli che ogni Comandante pretenderebbe che fossero perseguiti a favore dei propri uomini, non possono essere abbandonati dai loro concittadini.

Per questo propongo un appello di una cittadina italiana, la Professoressa Antonietta Gatti meritevole della massima attenzione ed a cui coloro che ne condividono i contenuti devono dar corso. Dobbiamo dimostrare agli indiani che s ei nostri Governanti sono rientrati nelle loro decisioni di fronte ai loro ricatti, ci sono cittadini italiani che ancora credono nei valori etici del loro Paese e per i quali lo spread non è l’unico parametro per affermare la dignità nazionale.

Cerchiamo di condividerlo e di dare seguito ai suoi suggerimenti.

 
La Professoressa Gatti scrive:

Ancora una volta L’Italia ha fatto una gran “bella” brutta figura mondiale. Mi riferisco al caso dei marò e a tutta la “diplomazia” che lo sta caratterizzando.
 
Io non voglio discutere di ciò che è accaduto davvero: non c’ero, non ho visto niente e, da quello che ho letto e sentito, esiste più di una versione. Non voglio nemmeno emettere giudizi a carico o a discarico dei due militari.

 Ciò che affermo è che l’incidente è avvenuto in acque internazionali e, per convenzione globale, l’India non ha veste per processare i due soldati. Accenno appena all’incompetenza indecorosa della nostra diplomazia e non
posso non chiedermi che cosa sarebbe successo se, invece di un’Italia senza prestigio, ad essere coinvolta fosse una nazione come, per esempio, la Gran Bretagna.

Ma, prescindendo da tutto ciò, gli Italiani “brava gente “ non possono tollerare che due Italiani rischino la pena di morte solo per aver fatto ciò che la “Patria” aveva loro chiesto di fare.

Noi Italiani non possiamo ammettere di essere ricattati da un paese che si prende gioco del diritto internazionale e che, addirittura, si permette di prendere come ostaggio un ambasciatore, una cosa che nemmeno quelli che noi chiamiamo selvaggi avrebbe
mai fatto.

Pertanto chiedo a tutti gli Italiani di buona volontà, quelli che credono ancora in questo paese, di mobilitarsi per una giusta soluzione per i due marò: devono tornare a casa e affrontare un processo equo nel loro paese o davanti ad una corte internazionale.

Deve essere chiaro che nessuno può permettersi di ledere la dignità degli Italiani “brava gente”. Ciò che si chiede è solo giustizia e la giustizia non ha nazionalità né colori politici.

Chiedo a tutti voi di fare due cose molto semplici:

a- Mandare una missiva a Massimiliano Latorre e Salvatore Girone
presso l’ambasciata italiana di Nuova Delhi augurando loro una buona Pasqua
e dicendo loro che non vogliamo abbandonarli.

 
b- Scrivere il seguente messaggio sia al primo ministro indiano
Manmohan Singh il giorno di Pasqua
http://pmindia.nic.in/feedback.php

c- Scrivere lo stesso messaggio al Chief Minister del Kerala, Oomen Chandy, chiefminister@kerala.gov.in

“ TO WHOM IT MAY CONCERN
The Italian people cannot tolerate that their compatriots Massimiliano Latorre and Salvatore Girone are denied the rights that the international laws provides for and that their ambassador is taken hostage against any  rule.

So, starting from Easter day, the Italian people will not buy anything produced in India, will not buy anything in Indian shops, will not eat in Indian restaurants and will not hire Indian workers."

La traduzione in Italiano è:

Il popolo italiano non può tollerare che ai loro compatrioti Massimiliano Latorre e Salvatore Girone siano negati i diritti che le leggi internazionali prevedono e che il loro ambasciatore sia preso in ostaggio contro ogni regola.

Così, a partire dal giorno di Pasqua, gli Italiani non compreranno nulla che sia prodotto in India né che sia venduto in negozi indiani; non mangeranno in ristoranti indiani e non assumeranno mano d’opera indiana.

CHIEDO A TUTTI I MIEI AMICI DI

Antonietta”

Grazie Antonietta delle bellissime parole che non fanno che confermare la Tua immensa ed incondizionata onestà intellettuale e grazie di aver suggerito un testo che peraltro ricalca i rapporti delle regole internazionali fra Stati, in tema di “Diritto di rivalsa e reciprocità”

Roma 25 marzo 2013 – 0re 15,00


domenica 24 marzo 2013

Caso marò: Incubo collettivo e vergogna infinita

Di seguito un mio modesto pensiero espresso in occasione di un’intervista rilasciata al dott. Alfredo D’Ecclesia

1.     Egregio Gen . Termentini aiuti a capire quello che è successo e a farsi interprete dei sentimenti di tutti gli italiani, ma quello che sta accadendo è reale o stiamo vivendo un incubo collettivo? 

La parola incubo collettivo credo che sia la più appropriata e credo che rappresenti anche lo stato psicologico dominante per le famiglie di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Dall'immensa gioia di sapere che i propri cari sarebbero rimasti in Italia ed avrebbero ripreso il servizio attivo al buio più profondo nel vederli preparare i bagagli in fretta e furia per l'ordine di rientro in India. Il tutto nell'arco di una settimana nel più assoluto dispregio dello stato emotivo dei figli degli interessati, come se fosse lecito a chi è deputato a gestire lo Stato  giocare con le emozioni della gente. In questo caso, inoltre,  si è giocato e si sta giocando peraltro da un anno anche con la vita delle persone. La gestione del problema sembra essere affidato ad improvvisati gestori della Politica Estera italiana e della politica in generale. Un Premier che sconfessa pubblicamente il proprio Ministro degli Esteri come riportato virgolettato dal Secolo XIX il 22 marzo 2013 a pag. 4 ("L'accusa del Premier "Non mi aveva anticipato la decisione di trattenere i militari""), un Sottosegretario agli Esteri che cerca di vendere come una dichiarazione di garanzia contro la pena di morte la comunicazione indiana che non "saranno condannati con la pena di morte". Un'estradizione a tutti gli effetti nonostante che la Costituzione proibisca che siano estradati finanche cittadini non italiani ma residenti sul territorio italiano in Paesi dove sia prevista la pena di morte. Tutto nell'assoluto silenzio del Capo dello Stato peraltro Comandante Supremo delle nostre Forze Armate.  

2.     A seguire questa storia sembra quasi che l’Italia non sia più una nazione,ma un entità geografica comandata da un gruppo di aziende private che segue i suoi interessi .Che ne pensa Gen.Termentini? 

Concordo, visto che una delle motivazioni ricorrenti a base della decisione di consegnare alla giustizia indiana due cittadini italiani è quella che altrimenti avremmo compromesso contratti miliardiari con l'India. Costoro forse abituati a frequentare salotti dell'alta finanza internazionale, Club esclusivi come ad esempio  quello della Bieldberg e della Trilaterale dove il danaro prevale su tutto. Costoro hanno dimenticato un vecchio detto che tramanda  che "nella vita non si vive di solo pane". Credo che la maggior parte degli italiani avrebbe accettato di buon grado anche nel grave momento di congiuntura economica un versamento  "una tantum" destinato a ripianare le ipotizzate perdite economiche pur di trattenere i due cittadini in Italia. Invece appena l'India ha alzato la voce peraltro per bocca di una "ex italiana", l'Italia si è calata le brache ed ha accettato il ricatto. Peraltro  non è detto che in questo modo è stato almeno escluso il rischio di ulteriori prelievi preziosi forzosi dalle tasche degli italiani, magari per ripianare errori commessi da qualche ragioniere seppure di livello accademico che ha sbagliato qualche somma o trend previsionale.

3.     Il Presidente Napolitano  ha avuto una conversazione telefonica con il fuciliere di Marina Massimiliano Latorre nel corso della quale ha espresso a lui e al suo collega Salvatore Girone l’apprezzamento per il senso di responsabilità con cui hanno accolto la decisione del Governo e ha assicurato loro la massima vicinanza nel percorso che li attende con l’augurio di un sollecito, corretto riconoscimento delle loro ragioni. Queste parole riportate da una nota sono vere, caro Gen. Termentini cosa ne pensa? 

Dimostrano a mio modesto una sola cosa. I due Fucilieri di Marina sono stati ancora una volta utilizzati per scopi politici dopo altre due precedenti occasioni. La prima volta a Natale quando gli furono fatte recitare frasi preconfezionate di circostanza al loro arrivo in Italia. Note di linguaggio magari consegnate loro nei 15 minuti di attesa dall'arrivo dell'aereo alla loro discesa dalla scaletta. La seconda volta quando ebbero la sorpresa di essere accolti al rientro in Italia per "la licenza elettorale" dal Premier che si strinse ai due ragazzi facendosi fotografare dopo 13 mesi di defilamento assoluto. Cosa poteva rispondere Massimiliano al Suo Capo Supremo se non accettare con fierezza l'invito e ripetere "obbedisco" di garibaldina memoria !  

4.     Il ministro Terzi quando qualcuno ha postato la notizia nella  ha risposto a questa maniera”  a parte che qui è off-topic (c'è un thread sui Marò aperto) ma comunque è strano che il Ministro degli Esteri della Repubblica Italiana non ne sappia nulla.” E sempre Terzi in un intervista a Repubblica ha dichiarato    “Senza lo strappo non avremmo potuto contrattare con il governo indiano le condizioni attuali, che prevedono per loro condizioni di vivibilità quotidiana nel paese e la garanzia che non verrà applicata la pena massima prevista per il reato di cui sono accusati. Su questo adesso non abbiamo più preoccupazioni. Deve essere chiaro che il nostro sforzo non finisce qui. Con l’India abbiamo aperto adesso un canale di comunicazione diplomatica e giuridica che riparte da presupposti diversi, e che si basa sul principio del mutuo rispetto tra i due Paesi, così come ha chiesto l’Onu più volte“.  Generale mi rassicuri ma siamo in Alice il Paese delle meraviglie o siamo in Italia ? 

Credo che qualcuno continui a mancare di rispetto all'intelligenza degli italiani ed ad applicare nei loro confronti tecniche di diplomazia insegnate nelle scuole specifiche. Le frasi di circostanza, le circonlocuzioni permeate di sorrisi vanno bene nei "local party diplomatici" nei confronti di partner stranieri dai quali si vuole ottenere qualcosa. Offendono invece l'intelligenza della gente se dirette ai propri concittadini cercando loro di far credere che se un asino avesse le ali diventerebbe un aereo !  Se invece poi il Ministro crede anche lui nelle sue affermazioni e non ho motivo di dubitarne, allora dovrebbe ripercorrere all'indietro questi tredici mesi ed analizzare quanto e come è stato fatto a partire dal low profile applicato e dimenticato quello che la storia poteva aver insegnato magari con i fatti di Sigonella del 1986.  

5.     Il Presidente Monti è indefinibile non parla,non si espone,ma    agisce,e agisce sempre a senso unico. Conosce bene i suoi obbiettivi e funzioni .Perchè ha agito a questa maniera,cosa voleva dimostrare? 

Una domanda a cui non so rispondere anche perchè non posso fare un "processo alle intenzioni". Posso solo dire che il Senatore Monti ha di nuovo evidenziato il particolare dominante del Suo DNA di Accademico illuminato. Forse, ma è un'ipotesi peregrina, in questa circostanza potrebbe anche aver pensato di tutelare gli accordi Bocconi - Mumbai sottoscritti l'11 dicembre 2011 per l'apertura di una Scuola di formazione al  management a Mumbai,  gestita dall'Università privata Bocconi.   

6.     Anche il Ministro della giustizia Paola Severino ha dato una versione della vicenda al limite tra il grottesco e il paradosso “Da ministro della Giustizia – precisa il Guardasigilli - il mio solo compito era ed è quello che ai nostri due militari venga riconosciuto un livello di garanzia tale da assicurare loro un giusto processo. Quindi, che possano essere giudicati da un tribunale che si ispira ai principi della normativa internazionale e che si abbia la garanzia che, neppure dal punto di vista ipotetico, possano essere assoggettati alla pena di morte. Queste sono le due condizioni che sono sempre rimaste fisse”. Ma sono impazziti Generale o stanno scherzando cosa ne pensa lei? 

Mi inchino alle parole di un famoso penalista quale il Ministro Severino, alla quale però vorrei chiedere se ci aiuta a capire come può garantire "il giusto processo" in un Paese che per tredici mesi ha dimostrato una gestione assolutamente discutibile del Diritto Internazionale, che non garantisce la presentazione delle prove e che, per quanto noto, ancora non ha risposto a due rogatorie della Procura della Repubblica di Roma con la richiesta degli esami autoptici e balistici. In questo senso vorrei chiedere non al Ministro Severino ma all'Avvocato penalista come imposterebbe lei la difesa degli imputati in carenza di queste garanzie.

7.     Ciò che è cambiato è che avevamo chiesto agli Indiani alcune garanzie, queste garanzie ci sono state fornite per iscritto ieri, sulla base di questa previsione e di questa situazione ci sono state riunioni a livello di Governo”. Con le garanzie è prevalso un bene fondamentale per l’Italia che è quello della parola data; nel caso non ci fosse stata una garanzia sull’aspetto della pena capitale, che non è marginale, quello sarebbe bastato per non mantenere una parola che comunque è importante mantenere. Una volta ricevute queste garanzie ha prevalso la parola data dalla Nazione, dall’ambasciatore a nome del Governo e da due Marò. E questo è stato il punto di svolta sul quale si è deciso, con difficoltà per me che li ho dovuti accompagnare in India, per le famiglie, per i marò. Ma la parola di un italiano conta e vogliamo che conti”.Qua caro Generale raggiungiamo il massimo,sono le parole del sottosegretario De Mistura .Cosa ne pensa Generale Termentini? 

Parole di chi cerca di arrampicarsi sugli specchi per giustificare una decisione che ripeto non trova giustificazione. Non mi dilungo, chiedo solo ufficialmente al Sottosegretario De Mistura se il Suo Ministro degli Esteri di cui è Deputy nella catena gerarchico funzionale del MAE, non avesse informato nemmeno lui delle decisioni a suo tempo prese per trattenere i due marò in Italia. Se così fosse il Ministro Terzi avrebbe compiuto un vero e proprio "golpe bianco" non avendo informato nè il Premier nè il suo staff,  ma non credo proprio che ciò sia avvenuto in quanto simili iniziative non credo che facciano parte dello stile etico / professionale del Funzionario Terzi.

8.     Il Capo di Stato Maggiore della Difesa, a nome ed insieme a tutto il personale delle Forze Armate, si stringe affettuosamente ai nostri Fucilieri di Marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, ammirandone l’esempio, il coraggio, la disciplina e il senso dello Stato».E' quanto si legge in una nota dello Stato Maggiore della Difesa.«È consapevole e condivide la loro sofferenza - prosegue la nota - e soprattutto quella delle loro famiglie che da noi non saranno mai abbandonate, oggi così come dopo la conclusione di questa vicenda. Auspica che questa vicenda che sta sempre più assumendo i toni di una farsa si concluda quanto prima e che i nostri Fucilieri, funzionari dello Stato in servizio di stato, alla stessa stregua di tutti i militari che operano all’estero con Onore per la pace e stabilità internazionali, siano al più presto riconsegnati alla giurisdizione italiana».Lo Stato Maggiore della Difesa precisa che "il presente comunicato è stato partecipato anche al Presidente del COCER interforze, Generale Cotticelli", in rappresentanza di tutti i militari italiani. Cosa ne pensa di questa nota Generale Termentini?

Una dichiarazione che fa onore al Comandante ed all'uomo ma forse un pò tardiva. Forse una maggiore incisività dei tre Ammiragli o ex, attualmente al vertice delle Forze Armate a partire dal Ministro della Difesa, con prese di posizioni concrete  potrebbe rappresentare un motivo di stimolo per tutti i cittadini in divisa che in questo momento stanno rischiando la vita in terre lontane in nome dell'Italia ed ai quali non è certamente di supporto morale  e motivo di tranquillità  quello che sta avvenendo ai nostri marò. Un'etica professionale consolidata  dovrebbe guidare chi è deputato a gestire uomini anche con decisioni che potrebbero compromettere la vita di qualcuno come avviene nelle operazioni militari, ha l'obbligo morale di difenderli nel bene e nel male. Qualora non ci riesca l'unica strada da percorrere e quella di dimettersi altrimenti diventa complice di chi prende decisioni criticate e non condivise. Se  siamo di fronte ad una farsa non ci sono troppe alternative. O  lottiamo perchè la commedia finisca,  ma credo che ormai ci sia poco spazio di manovra, o ci ritiriamo in buon ordine.   

Roma 24 marzo 2013 - ore 13.00
 

 

venerdì 22 marzo 2013

Lettera aperta al Senatore Mario Monti


Egregio Presidente, sono un modesto cittadino italiano che ha dedicato 40 anni della propria vita allo Stato sacrificando anche una parte importante della propria integrità fisica. L’ho fatto vivendo ansie, pericoli e difficoltà insieme a tanti altri cittadini italiani, giovani  militari coscritti che assolvevano i propri compiti consci dell’importanza del mandato ricevuto. Un periodo intenso durante il quale per lunghi anni ho insegnato seppure non da una cattedra accademica, tecniche fondamentali per eliminare il pericolo per le popolazioni costrette a vivere in territori inquinati da materiale militare  ancora attivo e rimasto sui campi di battaglia. Momenti di intenso impegno insieme a quelli che mi hanno visto interagire con realtà locali prive di tutto per costruire ospedali e scuole ridando il sorriso di speranza alla gente.    

Un impegno spesso difficile che ho potuto sostenere in quanto supportato dai valori etici fondamentali derivati dalle tradizioni, dalla cultura e dalla storia del nostro Paese. Un dovere avulso da qualsiasi condizionamento nazionalistico, ma affrontato unicamente come cittadino del mondo che ama la propria Patria, intesa come la terra dove riposano le spoglie di chi ci ha preceduto,  su cui sventola il Bandiera Nazionale sintesi dei valori e della memoria storica di qualsiasi Paese.

Per me lo Stato ha, dunque, sempre rappresentato la massima ragion d’essere per cui un uomo deve vivere e lavorare senza chiedere in cambio nulla come incarichi di prestigio, posizioni di comodo o di esaltazione personale, ma dando tutto il possibile per il futuro delle nuove generazioni.

Ora, dopo aver appreso  che il Governo Italiano e quindi Lei Signor Presidente è tornato sui suoi passi ed ha sconfessato le  decisioni prese in precedenza di non far rientrare i due Fucilieri di Marina in India, mi sento tradito dallo Stato Signor Presidente ed ho il dubbio che forse ho invano regalato allo Stato una parte consistente della mia vita.

Un vero e proprio ceffone dato al popolo che,  stanco di condividere solo approcci politici in cui sono dominanti i concetti di spread, risparmi economici e sacrifici, auspicherebbe di rivedere rivalutati anche i valori nazionali in considerazione che non è mai tramontato il vecchio detto cristiano “non si vive di solo pane”.  

Invece, Signor Presidente,  l’Italia ancora una volta ha perso quella credibilità internazionale che Lei aveva promesso di voler riaffermare. L’Esecutivo da Lei presieduto ha, prima,  deciso di non rispettare gli impegni presi con gli indiani per far rientrare i due Fucilieri al termine delle quattro settimane di licenza proponendo al mondo un’Italia quantomeno ambigua, per poi mutare direzione rimangiandosi le decisioni prese.
 
L’India  in questo giorni ha ricattato e minacciato  l’Italia che, dopo un modesto ruggito, ha di nuovo belato assecondando l’estorsione e giustificando le decisioni sulla base dei contenuti di una  non meglio definita dichiarazione indiana con la quale si assicurerebbe che l’India non applicherebbe la pena di morte nei confronti dei due Marò.

Assicurazioni, visti i precedenti, sulla cui affidabilità credo nessuno possa giurare e che comunque non giustificano un atto di “estradizione” di due cittadini compiuto ancora una volta dall’Italia verso un Paese che intende arbitrariamente giudicarli per ipotesi di reato in cui è prevista la pena capitale.

Non sono un Accademico, ma forse questa carenza è un vantaggio perché mi consente di poter valutare con la schiettezza intellettuale che contraddistingue qualsiasi  “cittadino della strada”, avulso da teoremi troppo spesso teorici e lontani dalla realtà. Mi permetto, quindi,  di rappresentarle una perplessità che sicuramente Lei sarà in grado di chiarire.

A prescindere dall’affidabilità della controparte indiana non mi sembra che gli articoli della Costituzione italiana che proibiscono all’Italia di consegnare persone  - cittadini o anche solo semplici residenti sul territorio– con il rischio che sia applicata nei loro confronti la pena di morte, prevedano deroghe di nessun genere, tantomeno contenuti di circostanza sottoscritti dalla controparte.

Non rispettare la Costituzione o interpretarla a sfavore del cittadino non è condivisibile, Signor Presidente, e gli italiani sono stanchi di essere beffeggiati. Su questo aspetto deve essere fatta chiarezza politica e giuridica soprattutto a tutela futura delle decine di migliaia di italiani che in questo momento stanno rischiando la propria vita lontani dai loro affetti famigliari, con lo scopo di difendere la sicurezza e la stabilità internazionale e per esportare i valori e l’affidabilità della nostra Nazione.  

Costoro non possono essere lasciati al loro destino da uno Stato che continua a dimostrare  di non essere deciso e coerente. Sono persone che credono in ideali e nello Stato e non numeri di bilancio manovrabili con artifizi contabili per far quadrare una partita doppia,

Signor Presidente gli italiani sono stanchi, molto stanchi e vogliono aver restituita la sovranità loro assegnata dalla Costituzione.

Grazie per l’attenzione. Cordiali saluti . Gen. Brig. (ris) dott. Fernando Termentini – Vittima del Dovere per servizio.

Roma 22 marzo 2013 – ore 10,15

mercoledì 20 marzo 2013

La Asthon sussurra e l’India continua ad agitarsi

Catherin Asthon, l’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri, finalmente dopo 13 mesi ha riacquistato la memoria e la voce.
 
La baronessa, per il tramite del Suo portavoce,  ha infatti finalmente espresso  preoccupazione sulle decisioni della Suprema Corte indiana di proibire all’Ambasciatore italiano di lasciare l’India. Una decretazione in palese contrasto con la Convenzione di Vienna del 1961 (ratificata dall’India nel 1965 n.d.r.) che garantisce diritti di immunità ai rappresentanti diplomatici accreditati.

L’Alto Rappresentante ha improvvisamente preso coscienza che l’India dal 15 febbraio 2012 continua a violare il Diritto Internazionale per quanto attiene alla vicenda che ha coinvolto i nostri Fucilieri di Marina Massimiliano La Torre e Salvatore Girone. In particolare, l’omessa applicazione nei loro confronti della “immunità funzionale” prevista dal Diritto Consuetudinario e quanto altro riguarda gli accordi sottoscritti con la Convenzione di Montego Bay sul diritto del mare.

La Asthon finalmente ha ritrovato la voce, ma  si limita solo ad auspicare un accordo fra le parti. Non assume, invece,  posizioni precise che invece si auspicherebbero per chi è stato designato a garantire gli Stati Membri sul piano internazionale.

Le parole della Asthon seguono dopo un giorno le dichiarazioni del Presidente del Partito del Congresso indiano Sonia Ghandi che ”italiana diventata indiana” ha giudicato il comportamento italiano come un tradimento e si è impegnata a far di tutto perché i nostri Marò rientrino in India.

 Sonia dichiara “la sfida del governo italiano sulla questione dei due militari ed il tradimento dell’impegno dato alla Corte Suprema sono assolutamente inaccettabili”  e continua minacciosamente che “A nessun Paese può essere concesso, dovrebbe e sarà permesso di sottovalutare l’India”.

Due dichiarazioni diverse. La prima modesta, la seconda arrogante e minacciosa che conferma come in India si interpretato il concetto di democrazia. Quella della Asthon discreta  nei contenuti, sfumata quasi per non “disturbare”  l’antica colonia che nei secoli è stata fonte di prosperità per la Gran Bretagna. Forti le parole della Gandhi, dettate da motivi politici in quanto il Partito del Congresso indiano è da tempo oggetto di attacchi dell’opposizione che la imputa di essere troppo accondiscendente nei confronti dell’Italia e dall’influenza su Delhi del Kerala distante anni luce dalla politica del Governo centrale.  

La Asthon sussurra e l’India alza la voce rifiutandosi anche di dar seguito alle reiterate richieste italiane di consultazioni come previsto dalla Convenzione sul Diritto del Mare (UNCLOS). Riconsegnare i nostri due Marò in questo contesto significherebbe estradare di nuovo due cittadini italiani in uno Stato che intende giudicarli per ipotesi di reato per le quali e prevista la pena di morte. Una consegna che contrasta con gli articoli 26, 25 2 111 della Costituzione che ripeterebbe quanto avvenuto il 18 febbraio 2012 sulla banchina del porto di Koci.

L’Italia sicuramente in questo momento è stata lasciata sola dall’Europa nonostante il flebile dire  della Asthon che, invece, potrebbe alzare la voce se non altro tenendo conto della stretta collaborazione avviata con l’India tra i partner extra  UE nell’ambito del Settimo Programma Quadro (2007-2013), grazie al quale l´India partecipa a numerose azioni cofinanziate  dalla  Commissione  Europea, per programmi di  ricerca  in  alcuni  ambiti  strategici,  tra  cui  salute,  ambiente, settore agroalimentare e biotecnologie.

Obiettivi importantissimi per lo Stato asiatico dove è stimato che oggi, nonostante la crescita, risieda circa un terzo della popolazione mondiale che vive in stato di povertà.

Di fronte a tale situazione, l´Unione si é impegnata ad aiutare il governo indiano per ridurre la pover del Paese attraverso una serie di misure concrete in materia di sanità, uguaglianza dei sessi e accesso all´insegnamento primario, per le quali sono stati erogati  260 milioni di euro di fondi a favore dell’India nel periodo 2007-2013.

Iniziative pregevoli che coinvolgono tutti gli Stati Membri dell’Unione, sia economicamente sia politicamente e che prevedono un preciso ruolo di vigilanza del Parlamento Europeo.  Un’attenzione quella di Strasburgo che è previsto sia accompagnata dalla promozione e dal sostegno dei  Parlamenti  degli Stati dell’Unione.

Forse nell’intera vicenda dei due Marò è mancata e continua a mancare la giusta incisività di un  

Paramento nazionale che rivendichi il suo ruolo in ambito europeo, agendo incisivamente e per gli aspetti di competenza sullo sviluppo del Piano Strategico dell’UE a favore dell’India ed induca  Sonia Gandhi a rivedere le sue posizioni.

 Un’unica realtà oggettiva è comunque certa. E’ imperativo non dare il minimo spazio alle decisioni arbitrarie della Suprema Corte di Delhi che potrebbero rappresentare un precedente pericolosissimo in ambito internazionale. Il diritto di immunità dei diplomatici è fatto consolidato e non può essere messo in discussione come peraltro più volte confermato dalla Corte Internazionale di Giustizia.

Roma 21 marzo 2013 – ore 15,30

 

lunedì 18 marzo 2013

L’India annaspa


Gli indiani stanno annaspando dopo la decisione italiana di non fare rientrare in India i due Fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone entro la data del 22 marzo prossimo giorno in cui scadrà la licenza di quattro settimane loro concessa.

Il potere giudiziario indiano si arroga il diritto di non validare l’immunità dell’Ambasciatore italiano nel rispetto della Convenzione di Vienna sottoscritta anche da New Delhi fin dal 1965.

L’inviolabilità comporta una serie di garanzie per colui che ne ha titolarità che non posso essere disattese da uno Stato sovrano e tantomeno da un Tribunale.  Colui al quale viene riconosciuto il diritto di immunità  con un atto formale di “gradimento” da parte di uno Stato sovrano, non può essere fermato dalla Polizia, non può essere perquisito né individualmente nè dove lavora o alloggia. Al massimo lo Stato può annullare il gradimento e rimpatriare l’interessato, ma mai limitarne la libertà personale.

Il Governo di Delhi potrebbe “sussurrare” un divieto di movimento per lanciare un segnale politico, ma sicuramente nessun atto giudiziario potrebbe impedire ad un Diplomatico di rientrare in Patria. Qualora invece l’Ambasciatore italiano fosse trattenuto si eserciterebbe nei suoi confronti un atto arbitrario configurabile nella presa di “ostaggio”, azione di estrema gravità se commesso da un Paese che ha aderito alle regole del Diritto internazionale  e che susciterebbe la disapprovazione del mondo intero. 

L’India sta dimostrando di brancolare nel buio. Falchi e colombe si pronunciano minuto dopo minuto accavallandosi nelle dichiarazioni dando corpo a contrasti interni mai cancellati ma  sempre esistiti e dovuti alle  differenze di casta che nei decenni hanno contraddistinto la cultura e la tradizione indiana. Questa volta i magistrati di fronte ad un esecutivo che ancora non si pronuncia,  ma che è l’unico a poter decidere se l’Ambasciatore italiano deve essere espulso perché non gradito o a confermare la fiducia nei suoi confronti.

In questo contesto un fatto è certo : i Giudici indiani sanno di non avere alcun diritto di sottoporre a giudizio i nostri Marò e stanno annaspando facendo finta di disconoscere anche i contenuti della Carta delle Nazioni Unite di cui l’India fa parte. In particolare l’Articolo 33 del Capitolo 6 della Carta che obbliga gli Stati a trovare soluzioni pacifiche in caso di controversie internazionali, ricorrendo ad ogni possibile concertazione diplomatica che non è certo la negazione dei diritti propri ad un Ambasciatore. Qualora la mediazione non fosse possibile l’ONU  prevede che uno degli Stati interessati possa  invocare una decisione arbitrale internazionale.

Roma lo ha fatto, ma i Giudici di Delhi continuano a “fare gli indiani”. Forse  a tal punto senza esitazione l’Italia dovrebbe mandare un segnale richiamandosi al diritto “di reciprocità”, inducendo New Delhi a più miti consigli ed ad un maggiore rispetto delle Convenzioni sottoscritte negli anni

Roma 18 marzo 2013 – ore 17.00  

L’India annaspa


Gli indiani stanno annaspando dopo la decisione italiana di non fare rientrare in India i due Fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone entro la data del 22 marzo prossimo giorno in cui scadrà la licenza di quattro settimane loro concessa.

Il potere giudiziario indiano si arroga il diritto di non validare l’immunità dell’Ambasciatore italiano nel rispetto della Convenzione di Vienna sottoscritta anche da New Delhi fin dal 1965.

L’inviolabilità comporta una serie di garanzie per colui che ne ha titolarità che non posso essere disattese da uno Stato sovrano e tantomeno da un Tribunale.  Colui al quale viene riconosciuto il diritto di immunità  con un atto formale di “gradimento” da parte di uno Stato sovrano, non può essere fermato dalla Polizia, non può essere perquisito né individualmente nè dove lavora o alloggia. Al massimo lo Stato può annullare il gradimento e rimpatriare l’interessato, ma mai limitarne la libertà personale.

Il Governo di Delhi potrebbe “sussurrare” un divieto di movimento per lanciare un segnale politico, ma sicuramente nessun atto giudiziario potrebbe impedire ad un Diplomatico di rientrare in Patria. Qualora invece l’Ambasciatore italiano fosse trattenuto si eserciterebbe nei suoi confronti un atto arbitrario configurabile nella presa di “ostaggio”, azione di estrema gravità se commesso da un Paese che ha aderito alle regole del Diritto internazionale  e che susciterebbe la disapprovazione del mondo intero. 

L’India sta dimostrando di brancolare nel buio. Falchi e colombe si pronunciano minuto dopo minuto accavallandosi nelle dichiarazioni dando corpo a contrasti interni mai cancellati ma  sempre esistiti e dovuti alle  differenze di casta che nei decenni hanno contraddistinto la cultura e la tradizione indiana. Questa volta i magistrati di fronte ad un esecutivo che ancora non si pronuncia,  ma che è l’unico a poter decidere se l’Ambasciatore italiano deve essere espulso perché non gradito o a confermare la fiducia nei suoi confronti.

In questo contesto un fatto è certo : i Giudici indiani sanno di non avere alcun diritto di sottoporre a giudizio i nostri Marò e stanno annaspando facendo finta di disconoscere anche i contenuti della Carta delle Nazioni Unite di cui l’India fa parte. In particolare l’Articolo 33 del Capitolo 6 della Carta che obbliga gli Stati a trovare soluzioni pacifiche in caso di controversie internazionali, ricorrendo ad ogni possibile concertazione diplomatica che non è certo la negazione dei diritti propri ad un Ambasciatore. Qualora la mediazione non fosse possibile l’ONU  prevede che uno degli Stati interessati possa  invocare una decisione arbitrale internazionale.

Roma lo ha fatto, ma i Giudici di Delhi continuano a “fare gli indiani”. Forse  a tal punto senza esitazione l’Italia dovrebbe mandare un segnale richiamandosi al diritto “di reciprocità”, inducendo New Delhi a più miti consigli ed ad un maggiore rispetto delle Convenzioni sottoscritte negli anni

Roma 18 marzo 2013 – ore 17.00  

venerdì 15 marzo 2013

L’inciucio indiano continua


Il 3 novembre 2012 ho pubblicato una modesta analisi con la quale evidenziavo come l’India stava portando avanti nei confronti dell’Italia un imbroglio mascherato da sofismi giuridici.


Delhi continuava, infatti, a trattenere in ostaggio i nostri due Fucilieri di Marina, catturati con un sotterfugio disattendendo il Diritto del Mare e le Convenzioni Internazionali sulla navigazione.

Un Imbroglio durato tredici mesi e che oggi si manifesta in maniera assolutamente chiara mettendo in luce l’arroganza di una Nazione ancora lontana dai modelli delle democrazie più evolute, caratterizzata ancora da una società in cui impera il modello della casta. Un modello fondato su gruppi sociali strutturati in una gerarchia rigida e dove un individuo che per nascita appartiene ad una determinata casta è  impossibilitato ad entrare a far parte di un rango diverso, in particolare se più elevato. Uno Stato ancora vincolato da regole settarie e religiose, uscito solo nel 1947 dall’imperialismo coloniale.  

Oggi  New Delhi è ai ferri corti dopo la decisione italiana di non fa rientrare i maro' in India, e sposta la sua attenzione su Daniele Manici, l'Ambasciatore italiano che davanti alla Corte Suprema si era impegnato a far tornare i militari nel Paese perché affrontassero il giudizio di un Tribunale Speciale Indiano sugli eventi che avevano determinato la morte di due  pescatori.

I giudici indiani, disattendendo anche in questo caso i contenuti del Diritto Internazionale Consuetudinario, della Convenzione dell’AIA sull’immunità diplomatica ed oltraggiando le ratifiche del Governo Centrale di queste norme fra Stati, hanno ordinato al diplomatico di non lasciare il Paese e di presentarsi lunedì prossimo di fronte ad un Tribunale locale per fornire spiegazioni sul perché Salvatore Girone e Massimiliano Latorre non rientreranno in India il 22 marzo p.v. . Una convocazione che avvalora la malafede nel gestire il problema in quanto Delhi  dimentica o fa finta di dimenticare che la decisione di trattenere in Italia i due Fucilieri di Marina non è del rappresentante diplomatico ma del Governo italiano.  

Un’ingiunzione che in prima approssimazione potrebbe essere giudicata come una scarsa conoscenza delle norme internazionali da parte dei Giudici indiani,  ma che invece dimostra una palese ipocrisia nel voler continuare a gestire un problema che non è di competenza indiana per la posizione della Enrica Lexie quando gli eventi si sono verificati e per il “diritto di immunità” dovuto ai due  militari in quanto, al momento dei fatti,  erano incaricati di garantire gli interessi nazionali.

La Corte Suprema indiana  non può vincolare la libertà di movimento di un Ambasciatore straniero né tantomeno portarlo di fronte ad un Tribunale giudicante. Un’ordinanza illegittima in quanto in assoluto contrasto con l'articolo 29 della Convenzione di Vienna del 1961 sulle relazioni diplomatiche così come previsto dal Diritto Internazionale consuetudinario.

Un portavoce del Ministero degli Esteri indiano, tale Syed Akbaruddin, non riconosce invece questi vincoli, affermando che nel momento che un diplomatico si sottomette volontariamente alla giurisdizione di una Corte di Giustizia, questa ha tutto il diritto di applicare i suoi poteri giudicanti.

In questo contesto e forse prudenzialmente il Governo indiano ha anche deciso di rinviare l'insediamento del nuovo ambasciatore a Roma, Basant Kumar Gupta, che sarebbe dovuto arrivare in Italia il 16 marzo.  Delhi ha anche chiesto all’Ambasciatore  della Ue in India di farsi promotore di un’azione dell’Unione nei confronti dell’Italia per risolvere il caso.

 A questo punto l’inciucio indiano è evidente e si manifesta in maniera dirompente. Un gioco delle tre carte assolutamente offensivo per la dignità della sovranità italiana e di tutto il contesto internazionale che vede messe in discussione norme e convenzioni in vigore da oltre 50 anni. Un tentativo di coinvolgere anche l’Unione Europea rimasta alla finestra in questi tredici mesi durante i quali in varie occasioni la baronessa Asthon, titolare della politica estera dell’Unione,  ha più volte espresso la volontà di non interferire nei rapporti fra Stati Sovrani ed ha confermato questa volontà con una risposta scritta ad una lettera inviata da cittadini italiani “Non sarebbe corretto per l’UE intervenire in una questione che è posta dinanzi alle competenti istanze giudiziarie di uno Stato Straniero”. Si auspica che non lo faccia ora su richiesta di  una antica Colonia !

Staremo a vedere, si spera solo che l’Italia almeno questa volta continui per la strada tracciata ed inizi ad applicare il “diritto di reciprocità”

15 marzo 2013 – ore 09,45

 

  




 

giovedì 14 marzo 2013

Lettera al Sindaco di Taranto, Ezio Stefano


Egregio Sig. Sindaco, ho letto la Sua lettera inviata al Presidente dell’India (*)  e come cittadino italiano leggendo il Suo pensiero non posso fare a meno nemmeno io di tacere. 

Mi meraviglio che chi indossa la “fascia tricolore” non perché gli sia stato imposto ma perché ha scelto di rappresentare un’Istituzione e quindi lo Stato, si giustifichi, come si evince dalle Sue parole,  nei confronti del Capo di uno Stato estero per una decisione presa dall’Esecutivo dello Stato sovrano di cui Lei fa parte. 

Pur apprezzando la Sua disponibilità ad ospitare a Taranto i figli dei due pescatori indiani e pur condividendo i Suoi apprezzamenti nei confronti di professionisti indiani che anche io, seppure non come medico,  ho comunque avuto occasione di conoscere ed ammirare nel corso delle mie attività professionali, ritengo che  forse sarebbe stato più opportuno limitarsi al gesto di benevolenza senza ulteriori “approfondimenti”. Peccato, invece, che Lei accenni a convegni di “Storia Patria” facendo cenno solo ad una parte di essa.

 Mi permetto di rammentarLe che la storia e quindi la memoria è “maestra di vita” solo se avulsa da preconcetti e da distinzioni di parte. E’un bel gesto rendere omaggio ai giovani indiani caduti sul suolo italico meritevoli del massimo rispetto e riconoscenza,  ma forse non sarebbe guastato ricordare anche che i due Fucilieri di Marina sono militari italiani incolpati di qualcosa nell’esercizio delle loro funzioni e quindi tenutari del diritto di garanzie che l’India non può disattendere. 

Ha anche dimenticato di ricordare al Presidente indiano che in questo momento altri giovani indiani sono impegnati a stretto contatto di gomito con i commilitoni dei due Fucilieri di Marina a cui Lei fa riferimento e rischiano quotidianamente la loro vita in terre lontane per garantire la stabilità in aree di crisi, la sicurezza globale e la democrazia.  

Infine, condivido il Suo richiamo alla “saggezza dei due Governi” ma nello stesso tempo trovo doveroso ricordarLe che da 13 mesi questa saggezza è mancata da parte indiana, prevaricando ogni minimo contenuto del Diritto Internazionale e di Convenzioni Internazionali sottoscritte e ratificate anche dall’India.

 Forse non guasterebbe sentirsi più italiani,  pur non essendo come Lei tiene a sottolineare un esperto di diritto,  lasciando da parte almeno per una volta approcci demagogici e retorici. Fernando Termentini (mail@fernandotermentini.it)
14 marzo 2013 – ore 20,00

(*)14 mar. - (Adnkronos) - ''In un momento particolarmente delicato delle relazioni diplomatiche dei nostri due Paesi, in qualita' di sindaco di Taranto, citta' del fuciliere Massimiliano Latorre, non posso assolutamente tacere. E' mio preciso dovere esprimere grande rammarico per quello che sta accadendo e ribadire senza esitazione, la stima mia personale e quella della citta' che rappresento, per il popolo indiano''. Lo scrive il sindaco di Taranto, Ippazio Stefano, in una lettera inviata al capo del Governo della Repubblica dell'India, Manmohan Singh tramite l'ambasciatore della Repubblica dell'India in Italia, Debabrata Saha. ''Non sono un uomo di legge e non ritengo giusto intervenire in un disguido interpretativo di cosi' grande rilevanza'', precisa a proposito della controversia relativa ai due maro' Massimiliano Latorre e il barese Salvatore Girone accusati di aver ucciso per errore due pescatori indiani durante un'operazione antipirateria. ''Nel mio lavoro di medico in alcune capitali europee - riprende Stefano - ho avuto modo di conoscere ed apprezzare la straordinaria competenza dei colleghi provenienti dal vostro glorioso Paese. In ogni campo del vivere civile - sottolinea - l'amicizia dei nostri popoli e' stata proficua, sincera e leale". "In recenti convegni di Storia Patria, tenutisi nella mia citta', e' stato evidenziato il ruolo determinante a favore della nostra Liberazione dei giovani indiani nell'ultima guerra mondiale. Fidando in tutto cio', che non puo' e non deve essere dimenticato, l'intera citta' che rappresento rinnova la sua disponibilita' ad accogliere i figli degli sfortunati pescatori per soggiorni di studio. Nella certezza - conclude il sindaco di Taranto - che tutto si chiarira' nel migliore dei modi e che risolta la controversia dalla saggezza e dalla disponibilita' dei due governi, le relazioni diplomatiche riprenderanno nel migliore dei modi''.
(14 marzo 2013 ore 15.16)


lunedì 4 marzo 2013

L'Italia potrebbe essere a rischio terrorismo ?

Da qualche giorno gli organi di stampa riportano notizie ufficiali sul rischio che in Italia si possano verificare atti di terrorismo anche di una certa rilevanza. Alcune conclusioni  del Dipartimento Informazioni e Sicurezza riconducono, infatti, alla situazione di crisi ed alle tensioni sociali le cause di una possibile recrudescenza di gruppi dell’antagonismo per “intercettare il dissenso ed incanalarlo verso ambiti di elevata conflittualità”

Un’analisi assolutamente condivisibile, che dovrebbe suggerire un minimo di prudenza ai tanti attori protagonisti della campagna elettorale appena terminata in Italia. ”Stars” del dopo elezioni che non smettono di attaccarsi con invettive di ogni genere.

Costoro dovrebbero riflettere sulle responsabilità che il popolo sovrano ha dato loro eleggendoli  per garantire alla Nazione un futuro. Devono abbandonare qualsiasi intemperanza verbale  e gestuale come troppe volte avvenuto durante la propaganda elettorale e non devono mai dimenticare quale sia stato da sempre il peso delle parole nell’incentivare alla ribellione.

Un dovere precipuo per coloro che attraverso il linguaggio lanciano messaggi che incidono sull’emotività di una folla oppressa dal disagio sociale. Costoro sicuramente riescono a strappare apparenti consensi, nella maggior parte dei casi non ragionati ma umorali e tali da provocare reazioni anche estreme a totale vantaggio dei “capi manipolo”. 

Messaggi estremi destinati a favorire l’autoesaltazione anche di poche persone o addirittura di singoli che potrebbero attuare iniziative estreme per destabilizzare le Istituzioni a loro proposte come “la madre di tutti i mali”, il cancro da colpire ed annientare.

Eventualità quanto mai realistiche nel momento che l’attuale situazione di congiuntura economica  potrebbe favorire approcci qualunquistici attraverso i quali oggettivare il dissenso con azioni eclatanti.

Peraltro, l’evoluzione delle risorse tecnologiche nel settore informatico consente di mantenere costantemente attivo in tempo reale il network comunicativo che permette ai moderni  “Masianello” di incitare le folle anche senza un contatto diretto con la piazza. 

La classica automobile imbottita di esplosivo utilizzata per gli attentati terroristici  è sempre di più destinata a scomparire, sostituita da azioni meno cruente sul piano pratico, ma di fatto più devastanti. Sabotaggio degli investimenti finanziari, intrusioni informatiche, immissione di fondi sovrani sui mercati azionari per destabilizzare l’economica internazionale e la gestione anche a scopi eversivi di massicci flussi migratori di disperati che fuggono da aree di guerra e di indigenza. In questo contesto l’efficacia della parola ha un ruolo determinante in particolare se indirizzata a far leva sui bisogni primari della gente. 

Il rischio di azioni estreme è, quindi, elevato. Qualsiasi episodio della vita di ogni giorno diverso dalla normalità deve essere oggetto di attenta analisi per cercare di prevenire qualsiasi forma di minaccia.  Semplici manifestazioni di piazza o rivendicazioni di diritti, piuttosto che azioni delinquenziali contro il patrimonio comune, devono essere attentamente valutate perché potrebbero essere l’espressione di un malcontento reale tenuto vivo ed esaltato da coloro che utilizzano la parola come elemento di disgregazione.

In questi contesti le frange anarchico – insurrezionaliste rappresentano un motivo di pericolo latente, una vera e propria minaccia ed in Italia sono già  protagoniste. Azioni radicali sul territorio come la protesta contro la TAV, piuttosto che gli scioperi selvaggio dei camionisti in Sicilia rappresentano segnali significativi.  Episodi apparentemente diversi che, invece, devono essere letti congiuntamente perché da essi potrebbero scaturire azioni eclatanti anche isolate, attuare da “schegge impazzite” non più in grado di subire il disagio sociale che si sta impadronendo dell’Italia.

Una realtà oggettiva di cui potrebbero approfittare anche e soprattutto cellule dormienti dell’eversione internazionale, non operative ma pronte a diventarlo e che potrebbero avere un ruolo di coordinamento dell’azione eversiva nazionale, spingendo i singoli soggetti o piccoli gruppi ad agire contro obiettivi simbolo dello Stato

Terroristi “self starters” come recentemente definiti nella relazione annuale sulla politica dell’informazione e sicurezza  nazionale.  Un pericolo evidente nel momento che giorno dopo giorno assistiamo ad un emergente attivismo dei giovani alla ricerca di un ruolo professionale e sociale. 

Realtà facilmente permeabili dalle organizzazioni eversive con ogni probabilità già presenti in Italia, rappresentate dai cittadini non italiani  originari da Regioni Medio Orientali e balcaniche, preparate e pronte a sviluppare azioni eversive.

Le campagne verbali che hanno invaso le piazze e le case italiane durante la campagna elettorale e continuano in questa prima fase della nuova legislatura concorrono ad alimentare questo rischio, nel momento che personalità del quadro istituzionale e sindacale vengono continuamente proposte come “figure assolutamente disattente ai bisogni sociali emergenti”.

In Italia sicuramente la protesta è in una fase evolutiva e potrebbe esplodere improvvisamente soprattutto per mano di iniziative autonome e come tali difficili da prevedere e controllare. Una situazione in cui non è poi troppo remota la possibilità che tutto ciò avvenga se si continua ad irridere l’avversario politico piuttosto che sconfiggerlo facendo leva sulle proprie capacità.

Chi è deputato in questo momento a gestire lo Stato deve assolutamente tenerne conto e ripassare in ogni momento quanto scritto da Matteo nel Vangelo (mt 13, 24-30) “……mentre tutti dormivano venne il nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania…….”.

Per non essere sorpresi e perché la zizzania non soffochi il grano è necessario non dormire ed essere vigili per isolare immediatamente singoli episodi eversivi, utilizzando la parola in maniera ponderata non per esaltare  le situazioni di disagio che il popolo sta vivendo, ma per suscitare momenti di riflessione che portino gli italiani a ripercorrere la strada di crescita loro congeniale per tradizioni e cultura, abbassando il rischio di un ritorno ad un passato di azioni eversive. 

Roma 4 marzo 2013, ore 09,30